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Attività di somministrazione bevande in locale posto al piano terra di un condominio e disturbo della quiete, quali prove sono necessarie per ordinare la cessazione ed il risarcimento?

Contestazione di rumori e schiamazzi, legittimazione attiva e passiva, richiesta cessazione e danni, inosservanza regolamento condominiale, prova delle condotte.
Avv. Laura Cecchini 
20 Gen, 2025

È noto che il tema del disturbo della quiete e del riposo interessa, sovente, il condominio ed i suoi partecipanti singolarmente, con riferimento alla contestazione della inosservanza delle regole del buon vivere civile e, in alcune ipotesi, del medesimo regolamento, tanto per rumori provenienti dalle civili abitazioni che dalle attività commerciali ivi ubicate.

A tal riguardo, è utile evocare il disposto di cui all'art. 844 c.c., ove ricadono fattispecie diverse tra loro, dalla propagazione di odori ai rumori di ogni tipo e genere, nonché, ulteriormente, per quanto attiene alle immissioni sonore, la previsione del reato di cui all'art. 659 Cod. Pen. rubricato "Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone".

Nella ipotesi di vertenze che investono bar e locali notturni, come quella portata alla attenzione del Tribunale di Vicenza (sentenza n. 8 del 5 gennaio 2025) le immissioni acustiche, assunte come moleste, hanno ad oggetto la diffusione di musica ad alto volume e gli schiamazzi degli avventori, il tutto in un contesto più ampio ove si imputa anche il mancato rispetto dell'orario di chiusura.

Per un compiuta disamina della questione, occorre, dunque, individuare i legittimati attivi e passivi dell'azione per poi ricostruire la fattispecie concreta sulla base degli elementi probatori in atti per poter valutare se, nel caso, ricorre l'elemento indefettibile affinché possano riconoscersi fondate le censure avanzate, ovvero la prova delle condotte attribuite, per poi valutare la incidenza che la turbativa derivante dai rumori realizza sulla tranquillità dei condomini ai fini del risarcimento del danno.

Controversia tra condomini e proprietario di bar per disturbo della quiete

Due condomine hanno convenuto in giudizio il proprietario del fondo posto al piano terreno dell'edificio lamentando che l'attività di bar ivi esercitata disturba la quiete e pregiudica la tranquillità e decoro del fabbricato a causa della volume alto della musica, sia all'interno che all'esterno, e dei contegni posti in essere dai gestori e dei frequentatori, stante il prolungarsi dell'attività oltre l'orario di chiusura, di tal guisa violando non solo le regole del buon vivere civile ma, soprattutto, il regolamento di condominio.

A fondamento delle proprie doglianze, le due condomine evocano e riportano, espressamente, nel loro ricorso l'articolo del regolamento di condominio che assumo disatteso, chiedendo al Giudicante, previo accertamento dei contegni contestati, di condannare il convenuto al rispetto dello stesso ed al pagamento di una somma in loro favore, in conseguenza delle violazioni commesse, da determinarsi secondo equità.

Il convenuto si è costituito in giudizio formulando più eccezioni, tra cui il difetto di legittimazione attiva delle attrici, ravvisando nell'amministratore l'unico avente diritto ed azione, e la carenza di legittimazione passiva nella sua persona, avendo concesso in locazione a terzi l'immobile, all'uopo chiedendo di essere autorizzato alla chiamata in causa del conduttore.

Nel merito, il convenuto ha rappresentato che il locale è posto sotto i portici di una piazza dove sono presenti molti altri esercizi commerciali della medesime tipologia, già frequentata come luogo di abituale ritrovo.

Al contempo, venendo alle obiezioni mosse, il convenuto ha rilevato che non ha mai ricevuto alcuna sanzione, nonostante le segnalazioni alla Polizia Municipale, né ha mai avuto contezza del regolamento condominiale, non essendo neppure menzionato nel suo atto di acquisto e, per l'effetto, a lui non opponibile.

Ulteriormente ed in particolare, il proprietario del fondo al piano terra del condominio ha evidenziato che le attrici non hanno dato prova dell'esistenza del regolamento, producendo la copia di un documento illeggibile e non sottoscritto, né hanno assolto l'onere della prova, non avendo dimostrato le condotte ascritte, né alcun danno.

Il Giudice ha autorizzato la chiamata del terzo, il quale costituitosi in giudizio ha chiesto di dichiararsi il suo difetto di legittimazione passiva e quella attiva delle attrici.

Il Tribunale ha respinto le eccezioni preliminari del convenuto e del terzo, comunque rigettando la domanda delle attrici, nel merito, previo espletamento di istruttoria, per i motivi in appresso illustrati.

Azione per immissioni sonore: legittimazione attiva e passiva

In via preliminare, qualora ricorrano, come nel caso in esame, vertenze che hanno ad oggetto la contestazione di rumori e/o immissioni oltre la soglia della normale tollerabilità o, comunque, in violazione del regolamento condominiale, appare confacente ricordare i principi dettati in materia tanto per la legittimazione attiva che passiva.

Sul punto, preme evidenziare che l'orientamento costante della Giurisprudenza ha espresso il principio in aderenza al quale l'esistenza dell'amministratore di condominio non esclude il potere e la facoltà di agire di ciascun condomino a tutela dei diritti correlati alla loro partecipazione alla cosa comune, salvo che nelle liti in cui non sussista l'interesse esclusivo di uno o più partecipanti, bensì unicamente un interesse direttamente collettivo e solo mediatamente individuale.

Ebbene, nella fattispecie de qua, è lapalissiano come le attrici abbiamo contestato la compromissione di un loro interesse individuale, avendo manifestato la realizzazione di un pregiudizio nel loro riposo e tranquillità, a fronte della rumorosità proveniente dalla attività esercitata nel fondo del convenuto (Cassazione civile sez. II, 04/05/2005, n.9213; Cass. 3 luglio 1998 n.6480).

In ragione di ciò, l'eccezione non può essere ritenuta, quindi, fondata.

Parimenti, per quanto concerne l'eccezione di difetto di legittimazione passiva del proprietario del l'immobile in cui è svolta l'attività, è utile precisare che, sempre per indirizzo consolidato della Giurisprudenza, l'avvenuta concessione in locazione di un immobile non esime il locatore dal rispondere delle violazione del regolamento condominiale, a meno che non abbia dimostrato di aver assunto le misure e/o azioni ed iniziative propedeutiche al rispetto dello stesso ed alla cessazione dei comportamenti contrari, quali - a titolo esemplificativo - la domanda di risoluzione del contratto (Cassazione civile sez. II, 16/05/2006, n.11383).

Posto ciò, è chiaro come anche il conduttore medesimo abbia legittimazione passiva, essendo stato chiamato in manleva dal locatore per poter a lui opporre la eventuale sentenza, stante l'oggetto della pretesa promossa con il giudizio.

Immissioni sonore provenienti da immobile condotto in locazione: chi è responsabile?

Violazione del regolamento per rumori molesti e disturbo

Chiarito e puntualizzato quanto sopra, venendo al merito delle doglianze avanzate dalle attrici, è adeguato acquisire che sono state formulate genericamente e senza addurre circostanze a conferma delle stesse.

Invero, dalla istruttoria esperita, non risultano elementi per poter affermare e riconoscere le condotte contestate, in relazione (i) al rumore che agli schiamazzi, (ii) alla chiusura del locale oltre l'orario stabilito e (iii) al grado di disturbo ed al danno arrecato alle attrici.

Tale carenza non può che comportare il rigetto della domanda in quanto al Giudicante non è stato presentato alcun elemento probatorio ricognitivo delle condotte ascritte tale da poter ricondurre la fattispecie alla violazione dell'art. 844 c.c. e, anche, all'accertamento o meno della esistenza di un regolamento condominiale ed alla sua inosservanza.

Non vi è dubbio, infatti, che in assenza della prova di una condotta non vi può essere alcuna condanna, unitamente al fatto che il danno non patrimoniale subito in conseguenza di immissioni di rumore superiore alla normale tollerabilità non può ritenersi sussistente in re ipsa, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno risarcibile con la lesione del diritto (nella specie quello al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane) ed a configurare un vero e proprio danno punitivo (cfr. Corte appello Trento sez. II, 4/03/2020, n.60).

Alla luce delle argomentazioni esposte, la domanda è stata correttamente respinta.

Sentenza
Scarica Trib. Vicenza 5 gennaio 2025 n. 8
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