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Attenzione alle maggioranze assembleari

Coloro che hanno votato contro la delibera non devono rappresentare un valore proprietario maggiore di quanti hanno votato a favore.
Avv. Gianfranco Di Rago 
17 Mag, 2022

Anche se sono stati raggiunti i quorum previsti dalla legge, la deliberazione assembleare è annullabile se risulta che coloro che hanno votato contro rappresentano un valore proprietario maggiore di coloro che hanno votato a favore.

Questo perché l'art. 1136 c.c. privilegia il criterio della maggioranza del valore dell'edificio quale strumento coerente per soddisfare le esigenze condominiali.

Di conseguenza è invalida la delibera approvata con la maggioranza semplice di un terzo dei presenti che rappresenti un terzo del valore dell'edificio ove i condomini contrari, pur essendo meno a livello di teste, esprimano però un valore proprietario maggiore di un terzo.

Lo ha ricordato la Corte di Appello di Catanzaro con la recente sentenza n. 460 del 28 aprile 2022, richiamandosi ad alcuni recenti precedenti di legittimità.

Maggioranza assembleare e valore proprietario: il caso pratico

Una società condomina impugnava una delibera assembleare avente a oggetto l'affidamento di incarico a un tecnico per la verifica della stabilità, funzionalità e sicurezza di un muro di sostegno.

In particolare, la società attrice deduceva l'irregolarità della convocazione, non essendo stata preceduta da un regolare avviso, e nel merito che l'assemblea condominiale aveva adottato la delibera con una maggioranza pari a 400/1000, non tenendo conto del suo voto contrario, benché proprietaria di 600 millesimi dello stabile.

Secondo l'attrice l'oggetto della delibera rientrava inoltre nella fattispecie di cui all'art. 1120, comma 2, c.c. o dell'art. 1136, comma 4, c.c., che prevedono delle maggioranze più alte. Il Tribunale di Catanzaro aveva respinto l'impugnazione, condannando la società al pagamento delle spese.

Di qui la proposizione dell'appello, poiché la società contestava la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1136, comma 3, c.c. In particolare, l'appellante deduceva che il Giudice di primo grado non aveva tenuto in considerazione la circostanza che la medesima, che in assemblea aveva espresso voto contrario alla delibera, era proprietaria di 600 millesimi.

Per questo motivo la delibera impugnata meritava di essere annullata, perché il Giudice di prime cure avrebbe dovuto interpretare la regola posta dall'art. 1136, comma 3, c.c. nel senso che il valore di 1/3 va inteso come soglia minima per deliberare, ma non è valido se (come nel caso di specie) coloro che hanno votato contro l'approvazione rappresentano un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che hanno espresso voto favorevole.

Precisava quindi l'appellante che nel caso concreto occorreva un doppio quorum, nel senso che la maggioranza doveva risultare non solo relativamente al numero dei votanti, ma anche per il valore dei beni da essi rappresentato.

Corte di Appello: validità delle delibere condominiali e maggioranze necessarie

I Giudici di secondo grado hanno accolto l'impugnazione, evidenziando come secondo la Suprema Corte il rispetto del principio maggioritario esige che il numero dei condomini che hanno votato a favore e l'entità degli interessi da essi rappresentati superi il numero dei condomini dissenzienti.

Pertanto, poiché per la validità delle deliberazioni assunte in seconda convocazione è sufficiente un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio, perché la deliberazione si intenda approvata non è sufficiente che essa registri il voto favorevole di un terzo dei partecipanti al condominio, ma occorre anche che i condomini che hanno votato contro l'approvazione non rappresentino un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che hanno votato a favore.

Ne consegue, quindi, che il raggiungimento di una maggioranza di voti favorevoli pari a un terzo dei presenti, unitamente alla condizione che essi rappresentino almeno un terzo della proprietà dell'edificio, come avvenuto nel caso di specie, non è sufficiente a ritenere rispettate le maggioranze prescritte per l'approvazione della delibera in seconda convocazione qualora il condomino o i condomini che hanno espresso voto contrario detengano un valore della proprietà superiore a quello della maggioranza del voto personale.

È questo era proprio quello che si era verificato nel caso di specie, laddove la deliberazione impugnata era stata approvata dalla maggioranza dei presenti con 400 millesimi, ma la società condomina che aveva votato in senso contrario risultava proprietaria di un valore superiore, pari cioè a 600 millesimi.

A conferma di quanto sopra la Corte di Appello di Catanzaro ha richiamato due precedenti conformi di legittimità, nei quali è stato chiarito che la regola posta dall'art. 1136, comma 3, c.c., secondo la quale la deliberazione assunta dall'assemblea condominiale in seconda convocazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio, va intesa nel senso che coloro che abbiano votato contro l'approvazione non devono rappresentare un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che abbiano votato a favore, atteso che l'intero art. 1136 c.c. privilegia il criterio della maggioranza del valore dell'edificio quale strumento coerente per soddisfare le esigenze condominiali (Cass. civ., 5 aprile 2004, n. 6625 e Cass. civ., 12 novembre 2020, n. 25558).

Sentenza
Scarica Trib. Catanzaro 28 aprile n. 460
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