Nel caso di vendita all'asta fallimentare il quesito più frequente che si pone all'attenzione dell'amministratore di condominio è quello di sapere quale sia la sorte delle spese condominiali arretrate, non corrisposte dal precedente proprietario esecutato.
Il quadro generale del mercato immobiliare italiano risente, sempre di più, delle ridotte capacità di far fronte al pagamento dei debiti da parte dei privati e soprattutto delle imprese, facendo registrare un aumento esponenziale degli acquisti di immobili in sede di asta giudiziaria fallimentare, per il fatto che il prezzo di acquisto corrisposto dagli aggiudicatari è sempre più basso del valore di mercato.
Di certo le aste giudiziarie possono procurare ottimi affari immobiliari ai compratori però, al di là del prezzo conveniente, è bene che chi compra usi una certa accortezza, per evitare brutte sorprese.
Ad esempio, quando si acquista all'asta un immobile compreso in un fabbricato condominiale, è necessario accertare, prima dell'acquisto, se lo stesso immobile sia gravato da spese condominiali arretrate, ed in caso di sussistenza è bene stabilirne, con esattezza, l'entità.
Non è raro, infatti, che gli immobili sottoposti a pignoramento immobiliare, con conseguente nomina di un custode giudiziario, ex art. 559 e 560 c.p.c., siano gravati da oneri condominiali pregressi e cospicui.
Considerando poi che i procedimenti di esecuzione immobiliare sono alquanto lunghi, è opportuno anche chiedere al consulente d'ufficio, da parte del compratore, aggiornamenti sui debiti condominiali del dante causa.
In via preliminare occorre precisare che la legge non fornisce una risposta univoca al quesito, posto, comunque, che la sussistenza di spese condominiali pregresse rappresenta un'anomalia della procedura esecutiva di vendita dell'immobile, che si verifica, di fatto, quando il curatore fallimentare non inserisce gli oneri condominiali nel conteggio degli importi da ricavare dalla vendita.
Normalmente un immobile acquistato all'asta dovrebbe essere, per così dire, "pulito", cioè senza altri oneri, come le spese condominiali pregresse, che l'amministratore di condominio, in qualità di creditore, dovrebbe cercare di recuperare presentando istanza di ammissione al passivo, relativa a tutte le rate condominiali scadute, fino alla data di dichiarazione del fallimento.
Il fallimento, che è dichiarato dal tribunale del luogo in cui l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa, è una procedura concorsuale liquidatoria instaurata a carico dell'imprenditore commerciale, a vantaggio di chi ne è creditore.
Per sapere se l'impresa proprietaria di un immobile compreso nel fabbricato condominiale ha un fallimento o altre procedure in corso è necessario che l'amministratore richieda alla locale Camera di Commercio Industria e Artigianato una visura procedure in corso o visura fallimentare, che attesta tutte le informazioni complete e aggiornate relative a fallimenti o altre procedure concorsuali a carico di un'azienda.
In caso di accertato fallimento l'amministratore, che può partecipare all'udienza anche senza la presenza dell'avvocato, deve presentare l'istanza di insinuazione al passivo fallimentare, cioè una semplice richiesta contenente le quote condominiali dovute, con tutti i documenti che fondano il credito (stati di ripartizione a rendiconto o a preventivo, con relativi verbali assembleari di approvazione delle spese ecc.), a dimostrazione della sussistenza e della liquidità di qualsiasi credito vantato dal condominio.
In altre parole, in attesa della vendita all'asta, l'interlocutore dell'amministratore diventa il curatore della procedura fallimentare nominato dal Tribunale, che si sostituisce al proprietario, anche nel diritto di voto in seno all'assemblea di condominio.
Talché l'amministratore di condominio, che presenta istanza di pagamento delle quote condominiali al curatore fallimentare, solo in caso di inerzia di quest'ultimo potrà rivolgersi al giudice del fallimento.
Si evidenzia, comunque, che i crediti condominiali non sono assistiti da alcun privilegio.
Pertanto si osserva che per i crediti condominiali pregressi, cioè sorti e divenuti esigibili prima della dichiarazione di apertura della procedura fallimentare, l'amministratore di condominio presenta istanza di insinuazione al passivo ma solo in via chirografaria, al pari degli altri creditori.
Di contro, le quote condominiali divenute esigibili nel corso della procedura fallimentare, cioè sorte dopo l'udienza fissata per la verifica dello stato passivo, sono prededucibili, cioè possono essere pagate prima ed al di fuori del procedimento di riparto del curatore.
E quindi se la procedura fallimentare è dotata di liquidità, il curatore procederà a pagare, progressivamente, le spese condominiali richieste dall'amministratore, altrimenti, normalmente, il recupero richiede sempre tempi lunghi, tali da giustificare la costituzione di un fondo speciale a disposizione dell'amministratore, per evitare ripercussioni nella gestione del condominio.
Anche perché, impedire all'amministratore del condominio di poter usufruire della liquidità necessaria per far fronte alle spese condominiali comporterebbe, di sicuro, dei forti rischi anche per i condomini "solventi", come ad esempio l'esposizione a possibili decreti ingiuntivi da parte dei fornitori insoddisfatti dei crediti vantati nei confronti del condominio.
Nell'ipotesi di effettiva, improrogabile urgenza di trarre aliunde somme, può ritenersi consentita una deliberazione assembleare, la quale tenda a sopperire all'inadempimento del condomino moroso con la costituzione di un fondo cassa ad hoc, tendente ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti dal vincolo di solidarietà passiva.
Per quanto
riguarda le relative maggioranze assembleari si può affermare che nelle situazioni di effettiva e dimostrabile emergenza è valida la delibera approvata con il voto della sola maggioranza. (Ex multis: Cass. n. 9083/2014; Cass. n. 13631/2001; Cass. n. 3463/1975).
L'acquisto dell'immobile all'asta giudiziaria fallimentare pone un ulteriore quesito per l'amministratore e cioè se questi sia legittimato a richiedere le spese condominiali pregresse all'aggiudicatario, oppure tale acquisto sia da considerarsi a titolo originario.
Cominciamo col dire che"l'acquisto di un bene da parte dell'aggiudicatario in sede di esecuzione forzata, pur essendo indipendente dalla volontà del precedente proprietario ricollegandosi a un provvedimento del giudice dell'esecuzione, ha natura di acquisto a titolo derivativo e non originario, in quanto si traduce nella trasmissione dello stesso diritto del debitore esecutato" (Cass. n. 20037/10).
Pertanto la situazione dell'aggiudicatario che acquista il bene in sede di esecuzione forzata, con il decreto di trasferimento, è identica a quella di chi acquista da un privato, con il rogito notarile.
Di conseguenza, l'amministratore può chiedere all'acquirente-aggiudicatario anche i contributi condominiali del precedente proprietario-fallito, in quanto il decreto di trasferimento dell'immobile acquistato all'asta giudiziaria si limita soltanto a liberare l'immobile da pregressi pignoramenti, ipoteche e privilegi speciali di cui fossero stati titolari i creditori (c.d. effetto "purgativo"), ma non interferisce per nulla con le spese condominiali che, configurandosi come obbligazioni propter rem,
afferiscono al bene e seguono il bene nella sua circolazione e gravano sul soggetto in quanto lo stesso si trova in una particolare relazione con il bene de quo.
La vendita all'asta, per la precisa e tassativa espressione dell'art. 586 c.p.c. (cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie) e per la natura di obligatio propter rem, non libera quindi il nuovo proprietario dal pagamento dei contributi condominiali.
In riferimento all'obbligo di pagare le quote condominiali, l'ipotesi di successione nello status di condomino di cui all'art. 63 disp. att. c.c., non riguarda il c.d. effetto "purgativo" della vendita immobiliare forzata, considerato che tale norma speciale configura una tutela rafforzata per i crediti del condominio, relativi all'immobile aggiudicato, con espresso riferimento al le spese relative all'anno in corso del rogito e a quello precedente.
Più precisamente, escludendo l'effetto c.d. "purgativo" della vendita forzata immobiliare, l'acquirente condomino deve pagare le quote condominiali ai sensi dell'art. 63 disp. att. Cc., in quanto gli oneri condominiali continuano a maturare anche in epoca successiva al pignoramento e non possono essere posti a carico del condominio (salvi gli effetti dell'intervento) proprio perché concernono un bene la cui vendita va a vantaggio dei creditori della procedura esecutiva (Trib. Bologna Sentenza n. 1471 del 6 maggio 2000).
Per le spese più risalenti nel tempo, qualora siano state riportate nei vari rendiconti, di anno in anno, sono esigibili dall'amministratore nei confronti del neo proprietario aggiudicatario che ha acquistato l'immobile all'asta (Corte Appello Genova n. 513/09).
In conclusione l'aggiudicatario, che dovesse essere chiamato a pagare anche le spese condominiali pregresse, potrebbe soltanto rivalersi nei confronti del debitore esecutato.
Avv. Michele Orefice