L' articolo 844 c.c. stabilisce che un proprietario non può impedire le immissioni di fumo, odori o rumori provenienti da un fondo vicino, a meno che non superino la normale tollerabilità.
La valutazione diretta a stabilire se i rumori siano o meno intollerabili deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell'uomo medio e, dall'altro, alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata.
Questo principio è applicabile anche nel caso in cui l'impianto di un ristoratore produca immissioni intollerabili danneggiando un condomino.
A tale proposito merita di essere segnalata una recente decisione del Tribunale di Taranto (sentenza n. 1078 del 7 maggio 2025).
Vicenda e decisione
L'abitante di un condominio ha presentato ricorso al Tribunale, lamentando che lei e la sua famiglia erano costretti a sopportare immissioni acustiche provenienti da un ristorante, ben oltre la soglia della normale tollerabilità.
Il rumore eccessivo comprometteva non solo il godimento dell'abitazione, ma rendeva estremamente difficile svolgere in modo sereno e regolare le attività quotidiane, lavorative e di studio.
In particolare, l'attrice ha fatto presente che il ristorante era dotato di un gazebo che ogni giorno veniva allestito per il pranzo e per la cena, con spostamenti di tavoli e sedie dall'interno dei locali verso l'esterno e viceversa; inoltre, in prossimità della finestra della camera da letto dei figli dell'attrice era posto un impianto di aereazione che emetteva un rumore fastidioso e continuo, risultando spento solo per circa tre ore al giorno.
Pertanto, la condomina richiedeva il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a causa delle immissioni moleste, da liquidarsi in via equitativa ai sensi dell'articolo 1226 c.c. (o in subordine, la condanna al pagamento di un indennizzo, previsto dall'articolo 844 c.c., comma secondo), nonché il ripristino dello stato dei luoghi, per eliminare le cause delle immissioni.
In alternativa, la condanna della società al pagamento della somma necessaria per eseguire le opere di adeguamento. Successivamente l'attrice introduceva giudizio cautelare in corso di causa, deducendo l'incremento delle immissioni moleste nel periodo estivo, con forti ripercussioni sullo svolgimento delle normali attività quotidiane e chiedendo di inibire al ristoratore la prosecuzione delle immissioni moleste di rumori e fumi; in ogni caso la condomina chiedeva tutti gli accorgimenti necessari per ottenere la cessazione delle molestie e turbative dovute alle immissioni lamentate.
In particolare, dalle risultanze della C.T.U. espletata nel corso del procedimento cautelare, è emerso che "le immissioni sovra soglia sono state causate dal cassone con all'interno l'aspiratore centrifugo, posto al di sotto della finestra della "camera dei ragazzi". La cessazione dell'attività commerciale e il rilascio spontaneo del locale da parte del convenuto, nelle condizioni iniziali dell'immobile, hanno determinato il sopravvenuto difetto di interesse rispetto alla decisione in ordine a tali domande.
Il Giudice che dichiara cessata la materia del contendere deve pronunciarsi sulle spese dell'intero giudizio, salva la facoltà di disporne la compensazione, totale o parziale, secondo il principio della soccombenza virtuale. Il Tribunale ha evidenziato che, se il processo fosse continuato senza la cessazione della materia del contendere, la domanda dell'attrice sarebbe risultata fondata, ma solo entro certi limiti.
Il giudice pugliese ha sottolineato che la propagazione per circa sette anni di rumori di fonte meccanica (causati dal cassone con all'interno l'aspiratore centrifugo installato per aspirare i fumi provenienti dalla cucina del ristorante), durante l'intero arco della settimana "dalle ore 10.30 alle ore 15.00 e la sera dalle ore 19 fino a chiusura del ristorante e la prossimità tra il locale e l'abitazione dell'attrice sono indici da cui si può ragionevolmente presumere il detto pregiudizio, sulla base delle nozioni di comune esperienza. Il convenuto è stato condannato al risarcimento del danno esistenziale.
Con riguardo al brusio e al vociare proveniente dal gazebo il Tribunale ha dichiarato che non è stato provato il c.d. danno-conseguenza.
Considerazioni conclusive
In caso di lite giudiziaria il giudizio sulla tollerabilità delle immissioni va operato secondo il prudente apprezzamento del Giudice, il quale deve tenere conto delle particolarità della situazione concreta e, anzitutto, della vicinanza dei luoghi e dei possibili effetti dannosi per la salute delle immissioni (Cass. civ., sez. II, 17/01/2011, n. 939). La domanda risarcitoria va proposta secondo i principi della responsabilità aquiliana e, quindi, nei confronti dell'autore del fatto illecito (materiale o morale), secondo il criterio di imputazione della colpa o del dolo. Una volta verificato il necessario nesso tra le immissioni nocive e il danno non patrimoniale, deve essere riconosciuto il diritto dei danneggiati ad essere congruamente risarciti per i disagi e le sofferenze subìte nel tempo.
Tale danno non patrimoniale, a differenza del danno biologico, risulta riferito alla lesione del diritto dei danneggiati al normale svolgimento della loro vita familiare all'interno delle proprie abitazioni e pertinenze e del correlato diritto alla libera, piena e salubre esplicazione delle rispettive abitudini di vita (Cass. civ., sez. VI, 13/04/2022, n. 11930).