La manutenzione ordinaria può sempre essere decisa dall'amministratore nell'ambito dei poteri conferitigli dall'art. 1130 c.c., al n. 3, il quale prevede la possibilità di erogare le spese per la manutenzione ordinaria delle parti comuni e per l'esercizio dei servizi comuni.
In altre parole le spese di manutenzione ordinaria e quelle relative ai servizi comuni essenziali non richiedono la preventiva approvazione dall'assemblea dei condomini in quanto trattasi di esborsi ai quali l'amministratore provvede in base ai suoi poteri e non come esecutore delle delibere dell'assemblea.
Appalto e manutenzione straordinaria non urgente
Qualora un'opera straordinaria abbia carattere urgente ed indifferibile, come prevede l'ultimo comma dell'articolo 1135 c.c., rientra fra i poteri dell'amministratore disporne l'esecuzione (negli stretti limiti necessari a fronteggiare la situazione di emergenza), provvedendo alla erogazione della relativa spesa, salvo comunque il suo dovere di riferirne quanto prima all'assemblea.
Il meccanismo voluto dal legislatore è estremamente semplice, nel senso che lascia all'amministratore la valutazione sull'urgenza dell'intervento e, nello stesso tempo, gli impone di giustificare al più presto le sue decisioni ai condomini.
Laddove invece i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell'amministratore non posseggano il requisito dell'urgenza, il relativo rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, trattandosi di atto posto in essere dell'amministratore al di fuori delle sue attribuzioni, attesa la rilevanza "esterna" delle disposizioni di cui agli artt. 1130 e 1135 comma 2 c.c. I lavori di manutenzione straordinaria nel condominio devono essere approvate dall'assemblea con le solide maggioranze di cui al quarto comma dell'art. 1136 c.c. e la delibera assembleare deve stabilire con precisione le opere da realizzare, l'impresa appaltatrice aggiudicataria e il costo complessivo delle opere da pagare.
Il compito di stipulare il contratto di appalto
Nell'ambito dei poteri attribuiti all'amministratore condominiale, risultanti dal combinato disposto degli articoli 1130, 1131, n. 3, 1135, n. 4 c.c., anche quello di stipulare, vincolando i condomini, i contratti necessari per provvedere alla manutenzione ordinaria dei beni comuni nonché alla loro manutenzione straordinaria, che sia stata deliberata dall'assemblea.
Pertanto la riserva di deliberazione assembleare concerne soltanto l'approvazione dell'opera di manutenzione delle parti comuni dell'edificio.
L'assemblea nel deliberare l'esecuzione di tali opere potrebbe però riservare espressamente a sé l'approvazione delle singole clausole di quella stipulazione o l'intero contenuto del contratto.
In mancanza di tale riserva, il potere dell'amministratore (che comporta responsabilità per l'eventuale cattivo esercizio), non subisce limitazione alcuna.
In ogni caso non rientra tra i compiti dell'amministratore di condominio neppure il conferimento ad un professionista legale dell'incarico di assistenza nella redazione del contratto di appalto per la manutenzione straordinaria dell'edificio, dovendosi intendere tale facoltà riservata all'assemblea dei condomini, organo cui è demandato dall'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c. il potere di disporre le spese necessarie ad assumere obbligazioni in materia.
Appalto, gravi vizi e atti conservativi dell'amministratore
In tema di condominio, la legittimazione dell'amministratore, a norma dell'art. 1130, comma 1, n. 4 c.c., a compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, gli consente di promuovere azione di responsabilità, ai sensi dell'art. 1669 c.c., nei confronti del costruttore o dell'impresa appaltatrice a tutela dell'edificio nella sua unitarietà.
Questo principio vale anche per problemi ai balconi in aggetto che sono beni di proprietà esclusiva dell'unità immobiliare dalla quale si protendono ed a servizio della quale si pongono, non fungendo da copertura del fabbricato; tuttavia anche in relazione ad essi può sussistere la legittimazione dell'amministratore.
In altre parole il potere potere-dovere di compiere atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio è indiscutibile se, ad esempio, i balconi fungono da elemento architettonico che connota in maniera pregnante e decisiva l'aspetto del fabbricato, tanto da costituirne il principale elemento identificativo; l'ammaloramento non già limitato ad un balcone, ma generalizzato, si traduce dunque in un evidente degrado dello stabile, che viene a perdere nel suo complesso almeno parte del proprio decoro architettonico.
Deve ritenersi perciò che, anche in ragione dell'ampia interpretazione da assegnare al disposto di cui all'art. 1130 c.c., n. 4 in merito ai poteri doveri in capo all'amministratore circa gli atti conservativi a tutela delle parti comuni dell'immobile, sia legittima l'azione di cui all'art. 1669 c.c. relativi ai gravi vizi che attagliano le parti comuni dell'immobile ed indipendentemente dalla circostanza che molti di questi coinvolgano di riflesso anche quelle parti che costituiscono proprietà esclusiva dei condomini (Trib. Milano, sez. VII, 29 febbraio 2016).
Si consideri che secondo la giurisprudenza anche più recente, l'art. 1130, n. 4, c.c., che attribuisce all'amministratore il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, deve interpretarsi estensivamente nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l'amministratore ha il potere - dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale unitariamente considerato; pertanto, rientra nel novero degli atti conservativi di cui all'art. 1130 c.c. n. 4 l'azione di cui all'art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti dì costruzione, nel caso in cui questi riguardino l'intero edificio condominiale e i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'amministratore del condominio e i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto (Cass. civ., sez. II, 31/01/2018, n. 2436).