Quando il Condominio omette di provvedere al pagamento del corrispettivo spettante alla ditta appaltatrice per i lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria eseguiti nello stabile condominiale, l'impresa esecutrice può dare impulso ad azioni giudiziarie di recupero del credito nei confronti del condominio.
L'appaltatore che agisce per ottenere il pagamento del prezzo delle opere realizzate, deve provare la fonte del proprio diritto ed allegare l'inadempimento della parte convenuta, mentre è onere del committente provare l'esistenza di fatti estintivi e o modificativi del diritto di credito.
Può accadere che in corso d'opera si rendano necessari ulteriori lavori, rispetto a quelli previsti nel contratto d'appalto, e che gli stessi vengano ordinati dall'amministratore di condominio senza preventiva autorizzazione dell'assemblea condominiale.
Giova, allora, chiedersi se anche in assenza di una delibera di approvazione dei lavori extra capitolato, l'impresa appaltatrice possa legittimamente far valere il proprio diritto di credito nei confronti del Condominio anche per i predetti lavori non autorizzati dall'assemblea, seppur indicati come necessari ed indifferibili dal Direttore dei Lavori nominato dalla ditta.
Su tale questione si è pronunciato di recente il Tribunale di Napoli con sentenza n. 3179 del 20 marzo 2024.
Autorizzazione assembleare per lavori aggiuntivi in condominio: la sentenza del tribunale
Una ditta appaltatrice aveva stipulato con un Condomino, su autorizzazione dell'assemblea, un contratto d'appalto per la realizzazione di opere di ristrutturazione dell'edificio condominiale consistenti nel risanamento armature e rifacimento intonaci e pitture di cornicioni e sottocornicioni.
In corso d'opera, in occasione di un sopralluogo effettuato dall'amministratore di condominio e dal Direttore dei lavori nominato dalla ditta appaltatrice, gli stessi si erano accorti di uno stato di degrado del cornicione e della facciata dell'ultimo piano con conseguente pericolo di caduta di calcinacci sulla strada sottostante.
L'amministratore di condominio, pertanto, aveva autorizzato l'impresa appaltatrice ad effettuare anche i suddetti lavori (aggiuntivi rispetto a quelli convenuti nel contratto d'appalto) a tutela dell'incolumità di persone e cose, stante l'urgenza e l'indifferibilità.
Non avendo ottenuto il corrispettivo dovuto per i lavori extra capitolato, la ditta appaltatrice conveniva in giudizio il Condominio al fine di ottenere l'accertamento del credito e la condanna del Condominio al pagamento delle opere aggiuntive eseguite.
Si costituiva in giudizio il Condominio deducendo che le opere aggiuntive non erano mai state autorizzate dall'assemblea in violazione di quanto previsto nel contratto di appalto, trattandosi, tra l'altro, di lavori non necessari.
Istruita la causa solo documentalmente, il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda principale di adempimento; tuttavia, ha accolto la domanda subordinata ex art. 2041 c.c. di indebito arricchimento riconoscendo alla ditta appaltatrice un indennizzo (commisurato ai costi sostenuti per le lavorazioni) per il vantaggio tratto dal Condominio dalle opere aggiuntive.
Variazioni in corso d'opera: obblighi e diritti dell'appaltatore
L'art. 1659 comma 1 c.c. stabilisce che "l'appaltatore non può apportare variazioni alle modalità convenute dell'opera se il committente non le ha autorizzate". Il comma 2 dello stesso articolo richiede che l'autorizzazione debba provarsi per iscritto.
La norma si riferisce alle variazioni non necessarie, in quanto quelle necessarie sono disciplinate dall'art. 1660 c.c.
In condominio, l'autorizzazione all'esecuzione di opere di straordinaria amministrazione deve provenire dall'assemblea condominiale salva l'ipotesi di lavori di somma urgenza per i quali, in virtù del disposto di cui all'art. 1135 comma 2 c.c., l'amministratore è solo obbligato a riferirne nella prima assemblea.
I lavori straordinari urgenti, pertanto, non necessitano di autorizzazione assembleare nemmeno dopo che sono stati effettuati; tuttavia, la prova dell'urgenza deve essere rigorosa ed il suo accertamento compete al giudice di merito.
Nella specie, il giudice ha escluso il carattere di somma urgenza dei lavori extracapitolato eseguiti dalla ditta appaltatrice mancando la prova dell'effettivo carattere di urgenza ed indifferibilità dei lavori svolti ossia un documento attestante situazioni di imminenti condizioni di pericolo per la incolumità di persone e cose (ad es. verbale dei vigili del fuoco, ordinanza sindacale etc.).
D'altra parte, il contratto di appalto escludeva espressamente che eventuali variazioni potessero essere autorizzate dal direttore dei lavori in eccedenza al quinto senza l'autorizzazione dell'assemblea, mentre per quelle al di sotto del quinto l'impresa non aveva diritto al maggiore compenso.
In definitiva, trattandosi di lavori ulteriori e diversi da quelli oggetto del contratto, l'appaltatrice avrebbe dovuto attendere l'autorizzazione del condominio prima di eseguire le lavorazioni aggiuntive.
A ciò si aggiunga che, come recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione, per tutte quelle modifiche che alterano radicalmente l'oggetto originale del contratto d'appalto è necessario che venga stipulato un nuovo contratto di appalto, cosa che nel caso di specie non è avvenuta (Cfr. Cass. n. 18204/2020).
Va, tuttavia, riconosciuto, all'impresa appaltatrice l'indennizzo da indebito arricchimento ex art. 2041 c.c., che, in generale, deve essere caratterizzato dall'arricchimento ingiusto, da un impoverimento altrui, da un nesso causale tra l'arricchimento e l'impoverimento (ossia che il fatto generatore sia unico: SS.UU. 24772/08) e dalla sussidiarietà dell'azione (da valutarsi in astratto: SS.UU. 28042/08).
Nella specie, il Condominio ha senza dubbio tratto un vantaggio dalle lavorazioni aggiuntive eseguite in corso d'opera con conseguente obbligo per il Condominio di indennizzare la ditta appaltatrice tenendo conto dei costi sostenuti dalla predetta non potendosi corrispondere l'intero prezzo dell'appalto in assenza di valido contratto.