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Appalto in condominio: esame delle diverse varianti all'opera appaltata

Durante l'esecuzione degli interventi commissionati da un condominio ad un'impresa edile può accadere che si rendano necessarie variazioni al progetto.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
27 Gen, 2025

Ai sensi del secondo comma dell'articolo 1667 c.c., il committente - condominio deve a pena di decadenza denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. Mentre il terzo comma dell'art. 1667 c.c. fissa in due anni dal giorno della consegna dell'opera il termine prescrizionale dell'azione esercitata dal committente nei confronti dell'appaltatore.

È evidente che tra le difformità per cui è applicabile la disciplina appena richiamata non rientrano quelle derivanti da legittime variazioni al progetto.

In ogni caso le modalità costruttive e il prezzo, così come le varianti dell'opera di manutenzione straordinaria appaltata dal condominio, devono essere approvate dall'assemblea condominiale. L'amministratore non può certo disporre lavori extra-contrattuali straordinari né sottoscrivere contratti o richieste in nome del condominio senza delibera di autorizzazione, che è un presupposto normativo indispensabile del contratto di appalto. La giurisprudenza ha chiarito che anche le varianti devono essere sempre autorizzate dall'assemblea, unico organo decisorio legittimato ad esprimere la volontà collettiva (Cass. civ., sez. II, 21/02/2017, n. 4430).

È chiaro che l'autorizzazione rilasciata all'impresa dal solo amministratore non validerà la variante.

In questi casi, il rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, poiché l'amministratore agisce al di fuori delle sue attribuzioni.

Ciò premesso occorre precisare che la disciplina delle varianti è regolata da tre articoli del codice civile, cioè gli articoli 1659 c.c., relativo alle variazioni concordate del progetto, 1660 c.c., che attiene alle variazioni necessarie del progetto, e 1661 c.c., che riguarda le variazioni ordinate dal committente.

Variazioni concordate: regole e requisiti per l'approvazione

L'art. 1659 c.c., rubricato come "variazioni concordate del progetto", regola le variazioni proposte dall'appaltatore ed approvate dal committente. Con riferimento al regime probatorio, la giurisprudenza più recente è dell'avviso che l'autorizzazione del committente debba risultare da atto scritto (Trib.

Vibo Valentia 3 agosto 2020 n. 425). In difetto di detta autorizzazione scritta, l'appaltatore non ha diritto al compenso per le opere esorbitanti il contratto stipulato.

Quindi, in caso di esecuzione su ordine indebito del direttore dei lavori o su iniziativa unilaterale dell'appaltatore, non sorge alcun obbligo di pagamento a carico del committente- condominio al quale soltanto la legge conferisce la facoltà di ordinare o autorizzare tali variazioni.

A ciò si aggiunga che, qualora le modifiche aggiuntive al progetto, siano di tale natura ed importanza da potersi considerare oggetto di un nuovo contratto di appalto, separato ed indipendente dal primo, non trovano applicazione le limitazioni probatorie di cui all'art. 1659 c.c., e l'autorizzazione del committente può essere desunta ed accertata con qualsiasi mezzo di prova ed anche in via presuntiva (Cass. civ., sez. II, 25 maggio 1991, n. 5935).

Variazioni necessarie: quando e come possono essere eseguite

L'art. 1660 c.c. menziona le variazioni necessarie, ovvero quelle che possono sopraggiungere in corso d'opera per fatti nuovi, per la scoperta di difficoltà non considerate al momento della conclusione del contratto perché non conosciute, né prevedibili usando l'ordinaria diligenza.

Tale norma prevede, in caso di variazioni necessarie al progetto e in assenza di accordo delle parti, l'intervento del giudice, e, in presenza di una rilevante variazione del prezzo, attribuisce ad entrambe le parti la facoltà di recedere dal contratto.

Le variazioni non previste nel progetto, ove strettamente necessarie per la realizzazione dell'opera, possono essere eseguite dall'appaltatore senza la preventiva autorizzazione del committente ma, in tal caso, ove manchi l'accordo tra le parti, spetta al giudice accertarne la necessità e determinare il corrispettivo delle relative opere, parametrandolo ai prezzi unitari previsti nel preventivo ovvero ai prezzi di mercato correnti (Cass. civ., sez. II, 04/05/2017, n. 10891).

Avv. Mariano Acquaviva Permesso di costruire, variante e variazioni essenziali: quali differenze?

Le varianti ordinate dal committente-condominio

L'art. 1661 c.c., rubricato come "variazioni ordinate dal committente", prevede la possibilità per il committente- condominio di apportare, dietro pagamento di un compenso, unilateralmente delle variazioni al progetto, a condizione che il loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto.

L'art. 1661 c.c. quindi attribuisce al committente la facoltà di apportare delle variazioni al progetto, che non superino il sesto del prezzo complessivo convenuto. Tale previsione si limita ad attribuire all'appaltatore il diritto di recedere dal contratto (facoltà che è, viceversa, generalmente attribuita al committente ex art. 1671 c.c.), ogniqualvolta l'ammontare delle variazioni ordinate dal committente superi di un sesto il prezzo pattuito; essa non prevede, dunque, alcun limite quantitativo al prezzo dell'appalto a valle della effettiva realizzazione di varianti che superino il sesto del prezzo iniziale (Trib. Como 24 gennaio 2025, n. 53). In altre parole, non ci sono limiti quantitativi al prezzo dell'appalto una volta che le varianti sono state effettivamente realizzate, anche se superano un sesto del prezzo iniziale. In ogni caso l'appaltatore ha il diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti, anche se il prezzo dell'opera era stato determinato globalmente (Trib. Napoli 22 gennaio 2025, n 692). Difatti, se lo scopo dell'art. 1659 c.c., è quello difendere l'opera come valuta dal committente, che non può pertanto essere variata per arbitrio dell'appaltatore, la ratio dell'art. 1661 c.c. è quella di assicurare che l'opera soddisfi pienamente gli interessi del committente, senza tuttavia pregiudicare la posizione dell'appaltatore che ha comunque diritto al compenso per maggiori lavori eseguiti, anche se il prezzo dell'opera era stato determinato globalmente.

Per tale ragione si ritiene che questa norma abbia un forte contenuto di elasticità, dato che addirittura permette al committente di appaltare un progetto di massima che potrà essere affinato e perfezionato attraverso il meccanismo delle variazioni ordinate.

E' importante sottolineare che le nuove opere richieste dal committente costituiscono varianti in corso d'opera ove, pur non comprese nel progetto originario, siano necessarie per l'esecuzione migliore ovvero a regola d'arte dell'appalto o, comunque, rientrino nel piano dell'opera stessa e, invece, sono lavori extracontrattuali se siano in possesso di una individualità distinta da quella dell'opera originaria, pur se ad essa connessi o ne integrino una variazione quantitativa o qualitativa oltre i limiti di legge, sicché, nel primo caso, l'appaltatore è, in linea di principio, obbligato ad eseguirle, mentre, nel secondo, le opere debbono costituire oggetto di un nuovo appalto (Cass. civ., sez. II, 08/06/2023, n. 16222; Cass. civ., sez. I, 15 gennaio 2020, n. 727; Cass. civ., sez. II, 12 maggio 2016, n. 9767).

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