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Appalto e risoluzione per l'inadempimento dell'appaltatore: in quale caso?

In caso di appalto e d'inadempimento dell'appaltatore, il committente può chiedere la risoluzione del contratto, se le opere realizzate sono inadatte alla loro destinazione.
Avv. Marco Borriello 
20 Set, 2024

Il proprietario di un appartamento, ormai diventato vetusto per la normale usura del tempo, potrebbe decidere di ristrutturare l'immobile affidandosi ad una ditta specializzata. In questo, come in altri casi, sarebbe stipulato un cosiddetto contratto di appalto. All'interno di questo sarebbero descritte le opere da compiere e sarebbe, altresì, determinato il corrispettivo per tutti i lavori.

È accaduto ciò anche nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale di Como e recentemente culminato con la sentenza n. 903 del 23 luglio 2024. In particolare, però, secondo la versione offerta da una delle parti del procedimento, l'appalto stipulato per alcuni interventi di ristrutturazione di un appartamento, sebbene puntualmente concordato col committente, non era stato correttamente adempiuto dall'appaltatore.

Più precisamente, mancavano alcune opere ed altre non erano state realizzate nel rispetto del principio generale dell'esecuzione a regola d'arte.

Per questi motivi, il proprietario dell'immobile, evidentemente insoddisfatto per quanto accaduto, aveva chiesto la risoluzione del contratto e la restituzione integrale degli importi, nel frattempo, già versati all'appaltatore.

Pertanto, all'ufficio lombardo è spettato il compito di stabilire torti e ragioni nella vicenda e, più specificatamente, di precisare, in tema di appalto e di risoluzione per l'inadempimento dell'appaltatore, in quale caso essa è possibile.

Vediamo, dunque, come ha risolto ogni dubbio il Tribunale di Como.

Appalto e risoluzione per l'inadempimento dell'appaltatore: cosa dice la legge?

In tema di appalto, il codice civile contempla l'ipotesi in cui le opere commissionate presentino dei vizi o delle difformità rispetto a quelle commissionate, imponendo all'appaltatore di attivarsi a proprie spese per eliminare ogni disagio a riguardo "il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore.

Se però le difformità o i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto (art. 1668 cod. civ.)".

Osservando la norma citata, però, si nota facilmente che la garanzia per ogni intervento correttivo e/o riparatorio, a cura e responsabilità dell'appaltatore, non è l'unico rimedio previsto dal codice civile a favore del committente.

Egli può, infatti, chiedere che il corrispettivo fissato sia oggetto di riduzione e, nel caso in cui sia stato già versato, che sia restituito in proporzione al valore delle opere necessarie ad eliminare i vizi e/o le difformità.

Il committente, inoltre, può pretendere persino la risoluzione del contratto, se gli interventi realizzati dall'appaltatore sono inadatti alla loro destinazione. Si tratta, però, di un'affermazione normativa un po' generica che ha, quindi, richiesto la dovuta interpretazione giurisprudenziale per essere applicabile ai casi concreti.

Risoluzione appalto per colpa dell'appaltatore: deve restituire le somme già percepite?

Appalto e risoluzione per l'inadempimento dell'appaltatore: quando le opere sono inadatte?

Nel caso in esame, il proprietario di un appartamento, a seguito della ristrutturazione del suo immobile, aveva constatato che alcune opere non erano state completate e che altre presentavano dei difetti.

Per questi motivi, aveva proposto un procedimento per accertamento tecnico preventivo allo scopo di accertare, oggettivamente, lo stato dei fatti.

Ebbene, l'interpellato Ctu aveva, effettivamente, verificato che alcuni interventi erano stati imperfetti e che richiedevano una certa riparazione. Inoltre, il consulente aveva constatato la mancanza di alcune opere appaltate. Nonostante ciò, per il Tribunale di Como, tali circostanze non erano sufficienti a supportare la domanda di risoluzione del contratto.

Per l'ufficio de quo, infatti, l'inadempimento, per quanto fosse stato acclarato, non era stato tale da incidere sulla struttura degli interventi e sulla loro funzionalità "la disciplina dettata dell'art. 1668 c.c., in materia di appalto, consente al committente di chiedere la risoluzione del contratto soltanto nel caso in cui i difetti dell'opera, incidendo in modo notevole sulla struttura e sulla funzionalità della stessa, siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione oggettiva ovvero all'uso particolare cui debba essere specificamente destinata in base al contratto, autorizzandolo, invece, a richiedere a sua scelta uno dei provvedimenti di cui al primo comma dell'art. 1668 c.c. nel caso in cui i vizi e le difformità siano facilmente eliminabili, salvo il risarcimento del danno in caso di colpa dell'appaltatore (cfr. Cass., sez. II, 5 luglio 2022, n. 21188)".

Pertanto, il Tribunale di Como ha respinto la domanda di risoluzione dell'appalto poiché sarebbe stato eccessivo riconoscere tale rimedio al committente.

Ha, invece, accolto la pretesa riduzione/restituzione del corrispettivo pattuito e pagato, condannando, di conseguenza, l'appaltatore al pagamento della somma nella misura fissata in relazione alle risultanze della Ctu.

Caso di un'impresa che non ha eseguito le opere commissionate e nemmeno si è presentata in giudizio per difendersi.

Sentenza
Scarica Trib. Como 23 luglio 2024 n. 903
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