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Appalto. Senza il certificato di «fine lavori» la ditta non può farsi pagare dal condominio

In mancanza dei documenti, l'amministrazione ha l'obbligo di attestarlo in un atto ad hoc, assumendosene la responsabilità.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 
27 Ago, 2018

La vicenda. La società beta (appaltatrice di alcuni lavori commissionati dal Condominio), dopo aver ottenuto la DIA e il nulla osta della Soprintendenza, provvedeva a terminare i lavori nel 2013.

A causa di fatture non pagate, il Tribunale di Napoli ingiungeva al Condominio appaltante di pagare la somma di circa 26 mila euro.

Il giudice respingeva la richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo per la mancata esibizione del certificato di ultimazione lavori e del collaudo e, comunque, della documentazione comprovante la loro esecuzione.

Per tali motivi, la società beta con istanza di chiedeva al Comune tutti gli atti allegati nonché la dichiarazione di fine lavori e di quella da cui si poteva dimostrare l'avvenuta ultimazione dei lavori.

Avvero tale istanza, il Comune precisava che mancavano gli elementi indispensabili per la ricerca presso l'archivio.

Per tali motivi, non avendo avuto riscontro, la società beta provvedeva ad instaurare il giudizio amministrativo.

Il diritto di accesso. Il diritto di accesso è il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi. Per documento amministrativo si intende ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale.

Non è necessario che il documento sia stato formato dall'amministrazione in questione ma è sufficiente che sia detenuto da questa.

Resta ferma la potestà delle regioni e degli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, di garantire i livelli ulteriori di tutela.

La regolamentazione nazionale contenuta nella L. n. 241/1990 è dunque una cornice normativa essenziale entro la quale gli enti locali possono elaborare una propria disciplina di riferimento per il diritto di accesso.

Il ragionamento del TAR. Il giudice amministrativo ha precisato che in capo alla società ricorrente sussiste un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale era stato chiesto l'accesso.

Si tratta proprio del presupposto per la legittimazione all'azione e l'accoglimento della relativa domanda in base all'art.221 n. 241/90.

La difesa del Comune, del resto, non aveva negato la sussistenza di un interesse qualificato all'accesso della ricorrente ma si era soffermata solo su eccezioni di carattere processuale.

In definitiva, alla luce di quanto fin qui argomentato, non ricorrendo alcuna ipotesi di esclusione normativamente prevista dal diritto di accesso, il ricorso è stato accolto con conseguente accertamento del diritto all'ostensione, per effetto del quale il Comune resistente dovrà consentire l'accesso.

Nel denegato caso in cui la documentazione non fosse reperibile sarà il Comune, assumendosi formalmente la responsabilità di quanto dichiarato, a doverlo attestare in un apposito atto.

Per tali motivi il Tar Campania ha stabilito che "il Comune è obbligato a consegnare all'impresa edile i documenti che le servono per farsi pagare dal condominio.

Ne consegue che, ai fini dell'azione monitoria, il certificato di fine lavori è importante per ottenere la provvisoria esecutività dell'ingiunzione nei confronti del condominio inadempiente" (TAR Campania n. 4914 del 23 luglio 2018).

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