La Legge di Riforma del Condominio n. 220/2012 ha introdotto il divieto di inserire nel regolamento condominiale limitazioni ed impedimenti alla detenzione e al possesso di animali domestici.
È stato, infatti, aggiunto all'art. 1138 c.c. un ultimo comma che recita: "le norme del regolamento non possono vietare di possedere animali domestici".
Tale articolo ha, infatti, recepito i principi che la giurisprudenza aveva già elaborato sul tema riconoscendo il diritto fondamentale del cittadino alla convivenza con l'animale e negando al regolamento condominiale la possibilità di imporre validamente il divieto di tenere animali ai singoli condòmini e a maggior ragione se detti animali non provocano particolari molestie ai vicini.
Il problema che si è posto, all'indomani dell'introduzione della norma, è se la suddetta disposizione fosse applicabile anche al regolamento di natura contrattuale, in considerazione della mancata specificazione a riguardo da parte del legislatore.
Sul punto, una parte della giurisprudenza ritiene che l'ultimo comma dell'art. 1138 c.c. si riferisca al solo regolamento condominiale di natura assembleare (votato dalla maggioranza qualificata dei condòmini) non potendo la maggioranza dei condòmini limitare in alcun modo l'esercizio del diritto di proprietà del singolo.
Viceversa, ritiene ammissibile il divieto contenuto nel regolamento di natura contrattuale (ossia quello approvato all'unanimità o predisposto dall'unico ed originario proprietario del condominio ed allegato all'atto di compravendita delle singole unità immobiliari).
Un'altra parte della giurisprudenza non condivide tale conclusione ed estende la previsione di cui all'ultimo comma dell'art. 1138 c.c. - secondo cui la presenza di animali negli appartamenti non può essere impedita e vietata dalle clausole del regolamento - anche al regolamento di natura contrattuale sulla scia segnata dalla legislazione nazionale e internazionale sempre più rivolta alla tutela e salvaguardia degli animali come esseri senzienti e alla valorizzazione del rapporto uomo-animale.
Nel solco tracciato da quest'ultimo orientamento si inserisce anche una recente sentenza del Tribunale di Cagliari n. 134 del 28 gennaio 2025.
Animali domestici: nulla la clausola del regolamento, anche contrattuale, che ne vieta il possesso e la detenzione in condominio. Fatto e decisione
Il proprietario di un appartamento situato all'interno di un condominio conveniva in giudizio tutti i condòmini chiedendo che venisse dichiarata la nullità della clausola del regolamento che prevedeva il divieto di tenere animali domestici all'interno delle unità immobiliari e che venisse conseguentemente consentito l'accesso al condominio del cane di sua proprietà.
In particolare, il giudizio originava da un ricorso ex art. 702 bis cpc esperito nei confronti del Condominio ed accolto dal Tribunale di Cagliari che aveva dichiarato la nullità della clausola del regolamento per contrarietà all'ordine pubblico.
La successiva sentenza della Corte d'Appello di Cagliari aveva poi dichiarato nulla l'ordinanza del Tribunale di Cagliari e disposto la rimessione degli atti al primo giudice al fine dell'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condòmini, litisconsorti necessari.
Il procedimento era stato riassunto, ma dichiarato estinto poiché la notifica non era stata eseguita nel termine assegnato.
Sicché il condòmino riproponeva l'azione notificando il ricorso a tutti i condòmini per pubblici proclami in considerazione del rilevante numero di destinatari e dell'impossibilità di individuarli tutti.
Istaurato correttamente il contraddittorio ed istruito il procedimento mediante produzioni documentali, il Tribunale di Cagliari ha accolto il ricorso dichiarando la nullità della clausola del regolamento contrattuale che vietava il possesso e la detenzione degli animali domestici all'interno delle singole unità immobiliari.
Per il Tribunale la clausola contenuta nel regolamento contrattuale era affetta da nullità sopravvenuta in relazione all'art. 1138 ult. comma c.c. da intendersi quale norma di ordine pubblico che trova il suo fondamento nel radicale mutamento della coscienza sociale e dell'ordinamento giuridico, sempre più improntati a considerare l'animale domestico quale espressione della personalità.
L'evoluzione della giurisprudenza alla luce della legislazione nazionale ed internazionale sempre più rivolta alla tutela e salvaguardia degli animali come esseri senzienti e alla valorizzazione del rapporto uomo-animale. Considerazioni conclusive
L'art. 1138 c.c., nella formulazione conseguente alla riforma introdotta con la Legge 11 dicembre 2012 n. 220, prevede che "le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici".
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale formatisi in data antecedente alla introduzione della norma in commento, il divieto di tenere negli appartamenti animali domestici poteva essere contenuto unicamente in un regolamento contrattuale, approvato all'unanimità o predisposto dall'originario costruttore e inserito nei singoli atti di acquisto, siccome implicante una menomazione dei diritti dei singoli condomini sulle porzioni di edificio in proprietà esclusiva (Cass. civ., sez. II, 4 dicembre 1993, n. 12028; Cass. civ., sez. II, 15 febbraio 2011, n. 3705).
In epoca successiva all'introduzione della disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 1138 c.c., una parte della giurisprudenza ha continuato a ritenere che lo stesso si riferisse solo al regolamento approvato dall'assemblea ribadendo totalmente la posizione già espressa dalla giurisprudenza di legittimità e di merito ante riforma secondo cui è ammissibile l'inserimento del divieto di detenere animali in casa nei regolamenti contrattuali adottati all'unanimità ( sia in sede di assemblea sia la momento della stipula degli atti di acquisto dei singoli appartamenti), (in tal senso, Tribunale di Lecce, sent. n. 2549/2022; Tribunale di Piacenza n.142/2020).
Secondo un'altra opinione, il nuovo comma 5 dell'art. 1138 c.c. va interpretato nel senso che nessuna norma condominiale può vietare di detenere animali domestici in condominio, indipendentemente dalle previsioni contrattuali dell'edificio in cui il proprietario dell'animale domestico risiede.
In tal senso, si è espresso per la prima volta il Tribunale di Cagliari che - con l'ordinanza del 22 luglio 2016 ( trattasi dell'ordinanza richiamata nei fatti del presente giudizio dichiarata nulla dalla Corte d'Appello per difetto di legittimazione passiva del Condominio) - ha affermato che "il divieto previsto dall'ultimo comma dell'art. 1138 c.c. introdotto dalla legge di riforma del condominio n. 220/2012, è applicabile a tutte le disposizioni con esso contrastanti, indipendentemente sia dalla natura del regolamento che le contiene (contrattuale o assembleare) sia dal momento (antecedente o posteriore alla novella del 2012) in cui il regolamento è stato adottato".
Il Giudice ha, dunque, chiarito per la prima volta in modo esplicito che anche il regolamento di natura contrattuale, ossia quello deliberato all'unanimità o predisposto dal costruttore dello stabile condominiale ed allegato ai singoli atti di compravendita, è affetto da nullità sopravvenuta sia in relazione alla legge di riforma del condominio che ha introdotto l'articolo 1138, ultimo comma, del Codice civile, sia in quanto contraria ai principi di "ordine pubblico".
Con la sentenza in esame il Tribunale di Cagliari, nel procedere con l'interpretazione della norma, ha ulteriormente chiarificato che, poiché la norma di cui all'ultimo comma dell'art. 1138 c.c. si era inserita in un contesto (di consolidato orientamento giurisprudenziale) in cui era pacifico che il divieto di detenere animali domestici non potesse essere previsto in un regolamento assembleare adottato con la sola maggioranza dei consensi, la previsione codicistica deve riferirsi a tutti i regolamenti ed in particolare a quelli a contrattuali, i soli rispetto ai quali si poteva porre la necessità di una simile precisazione.
Secondo il Tribunale, con la novella del 2012, il legislatore ha inteso estendere espressamente il divieto anche ai regolamenti di natura contrattuale, sulla scia segnata dalla legislazione nazionale e internazionale sempre più rivolta alla tutela e salvaguardia degli animali come esseri senzienti e alla valorizzazione del rapporto uomo-animale.
Quanto alla legislazione interna il rapporto uomo - animale è stato valorizzato con interventi legislativi puntuali quali: la legge 14 agosto 1991, n. 281 (legge-quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), con la quale è stata prevista la condanna degli atti di crudeltà, maltrattamenti e abbandono degli animali, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale; la legge 20 luglio 2004 n. 189, che ha introdotto nel codice penale i nuovi delitti di uccisione e maltrattamento di animali; l'art. 31 della legge 29 luglio 2010 n. 120, che ha disposto l'obbligo di fermarsi a soccorrere l'animale ferito in caso di incidente.
A livello europeo, invece, si richiama la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, firmata a Strasburgo il 13 novembre 1987, ratificata ed eseguita in Italia con la legge 4 novembre 2010 n. 201, nella quale è sancito l'obbligo morale dell'uomo "di rispettare tutte le creature viventi" e il Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, ratificato dalla L. 130 del 2 agosto 2008, il quale, all'articolo 13, stabilisce che l'Unione e gli Stati membri "tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti".
Il Tribunale di Cagliari, con la pronuncia in esame, ha poi precisato che l'art. 1138 ult. comma c.c., trova applicazione sia ai regolamenti adottati dopo la sua entrata in vigore, sia a quelli precedentemente adottati, i quali devono ritenersi - quantomeno - affetti da nullità sopravvenuta poiché l'art. 155 disp. att. c.c. prevede al comma secondo che "cessano di avere effetto le disposizioni dei regolamenti di condominio che siano contrarie alle norme richiamate nell'ultimo comma dell'art. 1138 del codice e nell'art. 72 di queste disposizioni".
Né può ritenersi che l'art. 155 disp. att. c.c. non si applichi anche al nuovo ultimo comma dell'art. 1138 c.c. introdotto con la legge di riforma, posto che la disposizione attuativa non è stata modificata in senso contrario.
Di recente anche la Corte d'Appello di Bologna (sent. n. 766 del 5 marzo 2024) si è espressa nella direzione della nullità della clausola del regolamento, anche contrattuale, che vieta la detenzione di animali domestici poiché l'autonomia contrattuale, in questo caso, si scontra irrimediabilmente, ai sensi dell'art. 1322 c.c., con i limiti imposti dall'ordinamento giuridico che richiede interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.
Invero, deve essere senz'altro riconosciuto al rapporto uomo-animale domestico un interesse giuridico da tutelare e a cui va attribuito un valore di portata costituzionale ai sensi dell'art. art. 2 Cost., qualificando pertanto, il diritto al rapporto affettivo uomo-animale domestico, quale diritto di nuova generazione.
L'art. art. 1138 u.c. c.c. ha, quindi, previsto un espresso riconoscimento a tale diritto e, segnatamente, a quello della coabitazione con l'animale domestico, come estrinsecazione del più ampio diritto al rapporto affettivo con l'animale.
Ne consegue che l'interesse del Condominio a vedere conservata la clausola del regolamento contrattuale che vieta la detenzione degli animali domestici non è meritevole di tutela, giacché collide con tutta evidenza sia con i principi europei che con quelli del legislatore italiano posti a difesa del rapporto uomo-animale domestico.