Il mandato che viene affidato all'amministratore del condominio si presume oneroso ed il riconoscimento del relativo compenso rappresenta il frutto di una proposta dell'aspirante mandatario e della sua accettazione da parte dell'assemblea.
Per l'amministratore nominato dai condomini la legge ha previsto che l'indicazione specifica degli importi dovuti a titolo di corrispettivo per l'attività svolta sia essenziale ai fini della validità della nomina del medesimo, mentre la normativa non ha preso in considerazione, per questo specifico profilo, la figura dell'amministratore di nomina giudiziaria, che assume tratti distintivi diversi rispetto al primo, fermo restando che il riconoscimento del compenso è fatto imprescindibile per entrambi.
Sull'argomento è intervenuto di recente il Tribunale di Varese, il quale si è trovato a confrontarsi proprio con tale problematica con la sentenza n. 3558 del 30 aprile 2025.
Amministratore giudiziario ed assegnazione personale del compenso. Il fatto
La fattispecie oggetto della recente sentenza in esame è la seguente.
Un condominio, dopo avere ottenuto dal Tribunale la nomina di un amministratore giudiziario procedeva alla sua revoca ed affidava l'incarico ad altro soggetto.
L'amministratore revocato, per il periodo nel quale aveva prestato la sua attività professionale per conto del condominio, emetteva una fattura per il compenso a lui spettante, chiedendo il rimborso delle spese vive. Il tutto senza avere mai investito l'assemblea in ordine al riconoscimento di quanto asseritamente a lui spettante.
In aggiunta, tale importo aveva costituito l'oggetto di un assegno, tratto sul conto corrente condominiale ed in favore della società di cui l'amministratore giudiziario stesso era socio.
Il condominio, pertanto, si era rivolto al Tribunale chiedendo che l'ex amministratore e/o la società di riferimento venissero condannati, in solido, alla restituzione di quanto illegittimamente incassato. A questo proposito l'attore aveva evidenziato sia che all'amministratore di nomina giudiziale, non equiparabile all'amministratore nominato dall'assemblea, non si applicano tutte le norme relative al mandato, sia che l'assemblea non aveva mai approvato il preventivo concernente l'entità economica per l'incarico di cui trattavasi.
Per contro ad avviso dei convenuti, che avevano chiesto il rigetto della domanda, anche l'amministratore di nomina giudiziaria, se revocato senza giusta causa, ha diritto a ricevere l'intero compenso oltre al risarcimento dei danni ex art. 1725 c.c., tanto più se quello annuale - come nel caso di specie - era in linea con quello riconosciuto al precedente amministratore.
All'amministratore spetta solo il corrispettivo per il lavoro svolto. La decisione
È questa, sostanzialmente, la conclusione alla quale è pervenuto il Tribunale di Varese una volta che sui fatti posti a fondamento dell'azione intrapresa dal condominio era caduto l'accertamento positivo del giudice. Parimenti dimostrato che il convenuto aveva restituito all'attore parte della somma complessiva per cui era causa.
Detto questo la controversia è stata definita con una duplice condanna: i convenuti, in solido, hanno dovuto restituire al condominio il residuo di tale somma, mentre parte attrice aveva dovuto versare alla controparte un importo, giudizialmente determinato, a titolo di compenso per il breve periodo nel quale era stato effettivamente svolto l'incarico amministrativo, oltre al rimborso delle spese documentate ed anticipate per lo stesso condominio. Il tutto con una parziale compensazione delle spese processuali.
In punto di diritto il Tribunale ha richiamato l'art. 1129 c.c., osservando che la norma ha come destinatario l'amministratore ordinario e non quello di nomina giudiziaria, con la conseguenza che i due soggetti si pongono, rispetto alla legge ed alle norme sul mandato in particolare, su piani differenti.
Infatti, "l'amministratore di nomina giudiziaria è legato al condominio da un mandato più limitato rispetto all'amministratore di nomina fiduciaria, in quanto volto unicamente al compimento dell'atto per il quale l'assemblea non era in grado di deliberare e, una volta terminato il proprio compito, può essere revocato, non sussistendo più la motivazione originaria che aveva portato alla sua nomina.
Egli non avrà, quindi, diritto a richiedere il compenso per l'intero anno di mandato, che dovrà, quindi, essere parametrato ai sensi dell'articolo 1709 c.c. e, laddove le parti non ne abbiano stabilito la misura, lo stesso sarà stabilito in base alle tariffe o agli usi o, in mancanza, dal Giudice in relazione all'attività effettivamente svolta".
Per tale ragione il Tribunale non ha potuto fare altro che riconoscere come dovuto all'amministratore giudiziario convenuto solo una minima parte del compenso richiesto e corrispondente al periodo (minimo) nel quale lo stesso aveva svolto la sua attività professionale.
L'amministratore giudiziario una volta nominato risponde sempre all'assemblea
Ai sensi dell'art. 1129, co. 1, c.c., quando la presenza dell'amministratore è obbligatoria (condomini in numero superiori ad otto) se non provvede l'assemblea, la nomina è fatta dall'autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell'amministratore dimissionario.
Altra cosa è l'art. 1105, co. 4, c.c., in tema di comunione, in forza del quale la nomina giudiziaria dell'amministratore è possibile in determinate circostanze: se non si prendono i provvedimenti necessari per amministrare la cosa comune, se non si forma la maggioranza e se la deliberazione non viene eseguita.
Detto questo la giurisprudenza ha posto in luce come amministratore ordinario e giudiziario siano due figure differenti: il primo nasce dalla volontà assembleare ed il secondo per provvedimento giudiziario. Parimenti confermato il principio secondo il quale l'amministratore nominato dal giudice non è un suo ausiliario, con la conseguenza che unico suo interlocutore rimane sempre e solo l'assemblea.
In questo senso, infatti, è stato affermato che "l'amministratore nominato dal tribunale… non muta la propria posizione rispetto ai condomini, con i quali instaura, benché designato dall'autorità giudiziaria, un rapporto di mandato: in conseguenza, lo stesso deve rendere conto del proprio operato soltanto all'assemblea e la determinazione del suo compenso rimane regolata dall'art. 1709 c.c." (Cass. 22 luglio 2024, n. 16698; Cass. 21 settembre 2017, n. 21966).
È stato, altresì, osservato (Cass. 05 maggio 2021, n. 11717) che malgrado questo "….il termine di un anno previsto dall'art.1129 c.c. non costituisce il limite minimo di durata del suo incarico ma piuttosto il limite massimo di durata dell'ufficio, il quale può cessare anche prima se vengono meno le ragioni presiedenti la nomina (nella specie, per l'avvenuta nomina dell'amministratore fiduciario).
Questo, tuttavia, non impedisce che l'amministratore da giudiziario si trasformi in ordinario nel momento in cui il suo operato trovi il consenso dell'assemblea espresso nelle forme canoniche.
Determinazione del compenso
È pacifico che il giudice non determina il compenso dell'amministratore da lui nominato, limitandosi ad individuare la persona (fisica o giuridica) che deve ricoprire la carica. Quindi il compito rimane riservato all'assemblea, chiamata a decidere sulla scorta del preventivo formulato dal novello amministratore, con la conseguenza che in assenza di accordo la retribuzione sarà determinata con le modalità indicate dall'art. 1709 c.c.
A questo punto c'è da chiedersi se a fronte della mancanza di specificazione del compenso da parte dell'amministratore di nomina giudiziaria si possa invocare l'operatività dell'art. 1129, nella parte in cui (comma 14) è stabilito che "l'amministratore all'atto di accettazione della nomina deve specificare analiticamente a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso".
La risposta dovrebbe essere positiva, poiché l'intervento del giudice si esaurisce con la nomina che rappresenta il momento in cui il soggetto inizia a ricoprire, in favore del condominio, l'incarico di mandatario.
Questi, infatti, non si può sottrarre a quanto stabilito dalla legge in tema di compenso, per cui l'assemblea nel momento in cui nulla sia stato definito sul punto deve chiedere all'amministratore, che abbia violato la disposizione in parola, di convocare un'assemblea per la nomina di un amministratore ordinario e, in caso di inerzia, procedere secondo il disposto di cui all'art. 66 disp. att. c.c.
Resta, comunque, pacifico che se l'incarico viene espletato deve essere retribuito in ragione della durata effettiva dello stesso, senza riconoscimento di qualsivoglia risarcimento ai sensi dell'art. 1725 c.c. Occorre, infatti, considerare che l'assemblea ha pieno diritto di sostituire l'amministratore nominato dal giudice con uno di sua nomina, tenendo conto che l'intervento dell'autorità giudiziaria si configura come fatto contingente e necessario derivante dall'impossibilità di raggiungere un accordo, anche per eventuale inerzia dell'assemblea, sulla persona chiamata a rappresentare il condominio.