In materia di condominio, la modifica introdotta con la Legge n.220/2012 all'art. 69 Disp. Att. c.c. non ha posto fine alla proposizione di cause che attengono alla impugnazione delle delibere aventi ad oggetto la revisione delle tabelle millesimali.
La fattispecie posta all'attenzione del Tribunale di Torino (sentenza n. 597/2023) è l'occasione per affrontare, nuovamente, la questione che interessa le ipotesi ed i presupposti per la modifica delle tabelle millesimali a maggioranza.
Sul punto, la richiamata norma è chiara nel disporre e prevedere che qualora i valori riportati nelle tabelle millesimali siano conseguenza di un errore o di una mutata condizione di una parte dell'edificio di natura oggettiva (sopraelevazione, frazionamento, mutamento destinazione locali), la delibera di modifica può essere assunta con la maggioranza qualificata indicata all'art. 1136, comma 2, c.c.
Tuttavia, come nel caso in esame, la comprensibilità e linearità del contenuto del disposto di cui all'art. 69 Disp. Att. c.c. non appare ancora sufficiente a prevenire l'insorgenza di liti giudiziali.
Ampliamento della superficie di immobile per intervenuto accorpamento e modifica di destinazione d'uso delle mansarde: fatto e decisione
I comproprietari di un immobile posto all'interno di un condominio (attori) hanno promosso impugnazione avverso la delibera che ha approvato, a maggioranza, la revisione delle tabelle millesimali contestandone la legittimità.
Costituitosi in giudizio, il condominio convenuto ha chiesto il rigetto della domanda all'uopo confermando la validità ed efficacia della delibera assunta.
Ulteriormente, nel corso del procedimento ritualmente instaurato, gli attori hanno eccepito la carenza di legittimazione passiva dell'amministratore del condominio contestando l'assenza di una specifica autorizzazione della assemblea.
Il Tribunale ha respinto la pretesa avanzata dagli attori mediante una compiuta disamina del dell'articolo 69 disp. att. c.c., contestualmente richiamando i consolidati principi enunciati dalla Giurisprudenza, secondo cui, come qui, cui è legittima la delibera approvata a maggioranza laddove siano intervenute modifiche a causa di ristrutturazioni alle unità immobiliari costituenti il condominio, con ciò realizzando un incremento di valore delle stesse in misura superiore ad un quinto di quello iniziale.
Legittimazione dell’amministratore per impugnazione delle delibere condominiali
In via preliminare occorre rilevare che la censura mossa in ordine al difetto di legittimazione passiva non appare fondata.
Invero, è noto che l'amministratore ha autonoma legittimazione a resistere in giudizio nelle vertenze che hanno ad oggetto l'impugnazione delle delibere assembleari.
A conforto, si riporta una massima espressa dalla Suprema Corte sull'argomento ove si afferma il principio secondo cui "Essendo l'amministratore l'unico legittimato passivo nelle controversie ex art. 1137 c.c., in forza dell'attribuzione conferitagli dall'art. 1130 c.c., n. 1, e della corrispondente rappresentanza in giudizio ai sensi dell'art. 1131 c.c., allo stesso spetta altresì la facoltà di gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea (Cass. Sez. 2, 23/01/2014, n. 1451; Cass. Sez. 2)" (Cass. Civ. 29 gennaio 2021 n.2127).
Pertanto, la eccezione sollevata è stata respinta, non essendo necessaria alcuna autorizzazione da parte dell'assemblea per la costituzione in giudizio dell'amministratore evidenziando come, nella fattispecie de qua, il condominio abbia, comunque e per quanto occorrer possa, ratificato e confermato il mandato con allegazione documentale.
Revisione e Rettifica della tabella millesimale
Venendo al merito della controversia, è utile e confacente procedere alla disamina del dettato normativo di cui all'art. 69 disp. att. c.c., in appresso riportato "I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all'articolo 68 possono essere rettificati o modificati all'unanimità".
Posto ciò, per quanto qui rileva ed interessa, nel prosieguo della citata disposizione, sono previste due ipotesi derogatorie alla regola dell'unanimità "Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi:
- quando risulta che sono conseguenza di un errore;
- quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione".
Ebbene, nella vicenda trattata, la revisione delle tabelle millesimali è stata motivata dagli interventi avvenuti nelle mansarde di pertinenza dell'immobile degli attori, che hanno subito un cambio di destinazione d'uso a seguito dei lavori di ristrutturazione interna compiuti, nel tempo, per cui le stesse risultavano essere state accorpate all'abitazione, ampliandone l'estensione e la superficie commerciale, divenendo locali residenziali.
Al contempo, in aderenza e rispondenza al requisito richiesto dalla norma, è stato provato che dalla esecuzione di tali opere ne è derivato un incremento di valore in misura superiore ad un quinto del valore proporzionale dell'unità rispetto alle tabelle originarie.
È palese, dunque, la piena efficacia e validità delibera assunta da condominio ricorrendo l'ipotesi di cui al punto 2) dell'art. 69 disp. att. c.c. essendo stata dimostrata da parte del condominio, tramite l'allegazione di una perizia, la mutata sopravvenuta condizione dei luoghi in proprietà degli attori, ovvero l'alterazione per più di un quinto del rapporto originario in precedenza esistente e, per l'effetto di entità tale da giustificare la revisione delle tabelle.
In proposito, dunque, il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza del presupposto di cui all'art. 69 Disp. Att. c.c. n. 2) rigettando la domanda promossa e condannando gli attori, in ragione del principio della soccombenza, al pagamento delle competenze e spese di lite.