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Mediatore immobiliare e amministratore di condominio: professioni a confronto. Una convivenza di ruoli è legalmente possibile?

Mediatore immobiliare e amministratore di condominio: analisi e disciplina delle due figure professionali.
Dott.ssa Marta Jerovante - Consulente Giuridico 

La figura dell'amministratore condominiale e quella di agente immobiliare è stata spesso oggetto di approfondimenti da parte della dottrina e giurisprudenza.

Per tali motivi ci pare occasione proprizia analizzare alcune problematiche in merito alla convivenza dei ruoli.

La mediazione e il ruolo dell'agente immobiliare. Il proliferare,nel mercato immobiliare,delle norme in materia amministrativa, edilizia, fiscale, urbanistica ha reso quasi pressoché impossibile l'accesso al mercato da parte del singolo soggetto e reso necessaria ed indispensabile l'ausilio di un professionista qualificato: l'agente immobiliare,il quale svolge l'attività di mediazione, ed agevola, con il proprio intervento,il compimento degli atti propedeutici alla formazione del consenso definitivo.

L'esigenza di una severa regolamentazione dell'esercizio dell'attività di mediatore immobiliare è stata peraltro soddisfatta dalla l. 3 febbraio 1989, n. 39, che prevede l'obbligo di iscrizione in apposita sezione del ruolo degli agenti di affari in mediazione degli agenti immobiliari, obbligo sanzionato dalla perdita del diritto alla provvigione: un ruolo (albo) in cui dovevano obbligatoriamente iscriversi tutti coloro che svolgono l'attività di mediazione,ossia non solo gli operatori professionali che svolgono l'attività con carattere di abitualità, ma anche coloro che esercitano l'attività di mediazione in modo discontinuo o occasionale (art. 2, l. n. 39/1989).

Detto ruolo è stato invero soppresso dal D.Lgs. n. 59/2010, emanato in attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno: detto provvedimento stabilisce che le attività in esso disciplinate sono soggette a dichiarazione di inizio attività, da presentare alla C.C.I.A.A. (Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura), la quale, verificato il possesso dei requisiti, procede all'iscrizione nel registro delle imprese, se l'attività è esercitata in forma di impresa, oppure nel Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), assegnando la qualifica di intermediario per le diverse tipologie di attività (art. 73, D.Lgs. n. 59/2010).

Come già previsto per il soppresso ruolo, anche nel vigore dell'attuale normativa tutti i soggetti che esercitano attività di mediazione sono tenuti all'iscrizione: la sola differenza è ai fini fiscali, giacché l'esercizio abituale della mediazione produce reddito di impresa (art. 55, T.U. n. 917/1986), mentre l'attività occasionale qualifica il reddito come reddito diverso.

Si rammenta che l'attività di mediazione è a carattere personale; di conseguenza, l'incarico deve essere conferito all'agente immobiliare, quale professionista iscritto.

L'agente immobiliare e l'amministratore di condominio, ruoli nell'ambito del contratto di compravendita

Nel caso in cui l'attività di mediazione venga esercitata in forma societaria, l'iscrizione deve essere effettuata sia dalla società sia da ciascun soggetto preposto all'esercizio, sia esso il legale rappresentante, il preposto, l'incaricato o il dipendente della società, che devono tutti possedere i requisiti previsti dalla l. n. 39/1989.

Si rileva inoltre che il legale rappresentante di una società che svolge attività di mediazione non può svolgere la stessa attività in proprio a titolo individuale o come legale rappresentante di altre società, salvo che non sia espressamente autorizzato dall'assemblea o da entrambe le assemblee, perché altrimenti violerebbe il divieto di concorrenza sancito dall'art. 2930 c.c.

Una volta iscritto nel Registro delle Imprese o nel REA presso la Camera di Commercio locale, l'agente immobiliare può esercitare la propria attività su tutto il territorio nazionale; tale iscrizione, oltre ad abilitare all'esercizio della mediazione, dà inoltre titolo all'agente per iscriversi nel ruolo dei periti e degli esperti tenuto dalle Camere di Commercio, nonché negli elenchi dei consulenti tecnici d'ufficio (CTU) presso i Tribunali.

Chiunque esercita l'attività di mediazione senza essere iscritto al Registro non ha alcun diritto di pretendere il pagamento della provvigione, ed è punito con la sanzione amministrativa di carattere pecuniario compresa tra € 7.500 ed € 15.000, oltre ad avere l'obbligo di restituire alle parti le eventuali provvigioni ricevute (art. 8, l. n. 39/1989).

In caso di recidiva, dopo tre sanzioni amministrative - anche se vi sia stato il pagamento con effetto liberatorio -, all'agente abusivo si applicano le pene previste dall'art. 348 c.p. (che, si rammenta, considera reato la condotta di chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale autorizzazione dello Stato e prevede come sanzione la reclusione fino a sei mesi o la multa da € 103 a 516 €); trova altresì applicazione l'art. 2231 c.c., che nega qualunque forma di tutela, compresa quella della soluti retentio.

La condanna comporta la pubblicazione della sentenza nelle forme di legge (art. 8, l. n. 39/1989).

Agente immobiliare imbroglione? Allora nessuna provvigione

L'amministratore di condominio: un nuovo professionista. Su altro versante, parallelamente alla diffusione della vita in condominio e all'evoluzione dell'istituto condominiale - dalla semplice gestione delle cose comuni funzionale al godimento delle proprietà esclusive alla necessità di tutelare anche nuovi interessi generali quali quelli della sicurezza, dell'ambiente, della salute, dell'informazione e del prelievo fiscale -, si è assistito alla trasformazione della figura dell'amministratore, originariamente appartenente alla stessa collettività condominiale e la cui opera veniva di regola prestata gratuitamente, in un professionista vero e proprio, dotato delle competenze tecniche indispensabili per l'esatto adempimento dei numerosi e crescenti obblighi posti a carico del condominio.

Con la l. 11 dicembre 2012 n. 220 - di riforma della materia condominiale - il legislatore ha inteso conferire professionalità e onorabilità alla figura dell'amministratore di condominio, elencando chiaramente una serie di requisiti che dovranno necessariamente sussistere ai fini dell'assunzione dell'incarico (art. 71-bisdisp. att. c.c.): la norma introduce cinque requisiti di "onorabilità" (dalla lett. a alla lett. e) e due requisiti di "professionalità" (lettere g e f), precisandosi altresì, in riferimento a questi ultimi (diploma scolastico di secondo grado e obbligo di formazione iniziale e di formazione periodica), che non siano richiesti qualora l'amministratore sia nominato tra i condomini dell'edificio.

Specificamente in materia di professionalità, oltre al diploma di scuola secondaria di secondo grado, la norma sancisce l'obbligatorietà della frequentazione di un corso di almeno 72 ore; mentre, analogamente a quanto previsto per gli iscritti agli Ordini professionali esistenti, anche all'amministratore di condominio si richiede l'aggiornamento professionale annuo, che non può essere inferiore a 15 ore e deve riguardare elementi in materia di amministrazione condominiale, in relazione all'evoluzione normativa, giurisprudenziale e alla risoluzione di casi teorico-pratici.

La formazione, iniziale e periodica, è disciplinata dal decreto ministeriale 13 agosto 2014, n. 140, che richiede anche il superamento di un esame finale.

Si rammenta inoltre che, nell'ipotesi in cui l'incarico di amministratore di condominio sia svolto da società, i requisiti richiesti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta i servizi. L'amministratore diviene dunque «un professionista a tutti gli effetti».

L'amministratore-società. Inoltre, è ora espressamente previsto che l'incarico di amministratore di condominio possa essere ora conferito, secondo un principio già ampiamente confermato dalla giurisprudenza (Cass. n. 22840/2006; n. 1406/2007; 22840/2008), anche alle società commerciali di cui al Titolo quinto del Libro quinto del codice civile: in questi casi i requisiti di onorabilità e di capacità professionale devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta i servizi.

Nella società semplice, detti requisiti devono invece poter essere riconosciuti in capo a ciascuno dei soci.

Si evidenzia che la possibilità di affidare l'incarico di amministratore ad una società, ad esempio ad uno studio associato (equiparato alla società semplice), presenta indubbi vantaggi per i condomini:

essi potranno contare sull'apporto di differenti figure professionali con specifiche competenze specifiche - circostanza da reputarsi essenziale in considerazione dei numerosi e crescenti obblighi di varia natura posti a carico del condominio;

le società di capitali rispondono civilmente con tutti i propri beni, anche se non con quelli del singolo socio.

I caratteri della "professionalità" Concretamente, potranno verificarsi le seguenti ipotesi - che rilevano, tra l'altro, dal punto di vista fiscale:

  • esercizio in maniera sistematica, abituale e organizzata dell'attività(l'amministratore-persona fisica che segua più condomini), con reddito qualificato come reddito da lavoro autonomo;
  • esercizio abituale di un'attività professionale e, contemporaneamente, svolgimento anche dell'amministrazione dei condomini(un geometra o un architetto che eserciti, al tempo stesso, attività di amministrazione condominiale), con entrambe le attività produttrici di reddito di lavoro autonomo;
  • soggetto non esercente arti o professioni, che svolge in via continuativa l'attività di amministratore senza vincolo di subordinazione, senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita (il condomino che si occupa della gestione del proprio stabile),il cui reddito è assimilato a quello di lavoro dipendente;
  • attività svolta da società di persone o di capitali, nominate amministratori con rappresentanza del condominio, il cui reddito è qualificato come reddito d'impresa.

Rammentando che è professionale l'attività esercitata in forma autonoma e abituale, anche se non esclusiva, occorre inoltre precisare che:

  • l'autonomia caratterizza la posizione di indipendenza di chi esercita l'attività (e consente di distinguere il lavoro autonomo dal reddito di lavoro dipendente);
  • l'abitualità, oltre a supporre la pratica regolare e sistematica, è una qualità dell'attività (l'abitualità consente di distinguere il reddito di lavoro autonomo dai redditi diversi);
  • non è necessario che l'esercizio dell'attività professionale sia esclusivo o prevalente, potendo essere stagionale ma non occasionale: l'esercizio professionale può comprendere, infatti, anche l'ipotesi in cui l'attività di amministrazione sia svolta unitamente, come accennato, ad una sistematica attività professionale (ad esempio professione di commercialista, consulente del lavoro, geometra, ecc.).

L'amministratore di condominio che, indipendentemente dall'iscrizione in un albo o elenco, eserciti in modo professionale l'attività di amministrazione è dunque titolare di un reddito di lavoro autonomo.

Assumendo come riferimento la normativa in materia di IVA, si ricorda che l'art. 5, 1° comma, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, stabilisce che " Per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata delle attività stesse […]

Non si considerano effettuate nell'esercizio di arti e professioni le prestazioni di servizi inerenti ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art. 49, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 nonché le prestazioni di lavoro effettuate dagli associati nell'ambito dei contratti di associazione in partecipazione di cui all'articolo 49, comma 2, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 rese da soggetti che non esercitano per professione abituale altre attività di lavoro autonomo.

Non si considerano altresì effettuate nell'esercizio di arti e professioni le prestazioni di servizi derivanti dall'attività di levata dei protesti esercitata dai segretari comunali ai sensi della L. 12 giugno 1973, n. 349, nonché le prestazioni di vigilanza e custodia rese da guardie giurate di cui al R.D.L. 26 settembre 1935, n. 1952».

La rilevanza dell'autonoma organizzazione. Ne deriva che l'attività di amministratore non è sempre rilevante ai fini dell'imposta in questione: la Suprema Corte, pronunciandosi per la prima volta in merito all'assoggettabilità all'IVA dei compensi derivanti da tale attività, ha chiarito che «quando un soggetto si occupi dell'amministrazione di una pluralità di condomini con elevato numero di partecipanti non è pensabile che l'attività venga espletata senza professionalità e senza l'impiego di mezzi organizzati, quali calcolatrici, fotocopiatrici, schedari, computer, ecc.» (Cass. civ., 24 luglio 1996, n. 6671).

L'elemento discriminante per concretizzare l'esercizio abituale di attività di lavoro autonomo, soggetto alla disciplina IVA, è stato quindi indicato nel generico utilizzo di mezzi organizzati; peraltro, l'accertamento riguardo all'esistenza di mezzi organizzati è un accertamento di mero fatto rimesso al giudice di merito e non censurabile in cassazione, salvo risulti non congruamente motivato (Cass. 26 novembre 2008, n. 28186).

Per quanto riguarda invece l'IRAP, l'amministratore di condominio vi risulta soggetto esclusivamente se l'attività è esercitata in modo professionale e autonomamente organizzata: presupposto d'applicabilità dell'imposta è infatti il valore aggiunto prodotto attraverso l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata, sia per l'esercizio di un'attività d'impresa che di lavoro autonomo (art. 2, d.lgs. n. 446/1997.Si segnala, in proposito, la recente Cass. civ.,ord. n. 19327 del 29 settembre 2016 ).

In concreto, il requisito dell'autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente:

  • sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
  • impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (ex multisCass., sez. un., 26 maggio 2009, n. 12108, n. 12109, n. 12110, n. 12111; Cass., 19 luglio 2011, n. 15803; Cass., 16 febbraio 2007, n. 3672; Cass., 8 novembre 2008, n. 2668).

Un'incompatibilità che viene "da lontano":dato normativo…Inquadrate così le due professioni, proviamo a ripercorrere l'iter legislativo ed interpretativo su cui si fonda l'orientamento che afferma - tra non poche perplessità, è bene rilevarlo - l'incompatibilità tra l'attività di intermediazione e l'attività di amministrazione condominiale, ove quest'ultima venga esercitata in forma di impresa.

La legge 3 febbraio 1989, n. 39, all'art. 5, comma 3, fissava il principio dell'incompatibilità tra l'iscrizione al ruolo degli agenti immobiliari e qualunque impiego pubblico o privato, l'iscrizione in altri ruoli o albi e l'esercizio in proprio del commercio d'immobili.

L'art. 18, l. 5 marzo 2001, n. 57ha in seguito in seguito introdotto il regime di incompatibilità tra attività imprenditoriale e attività di mediatore, sostituendo la norma appena richiamata con la seguente: «all'art. 5, il comma 3 è sostituito dal seguente: l'esercizio dell'attività di mediazione è incompatibile: a) con l'attività svolta in qualità di dipendente da persone, società o enti, privati e pubblici, ad esclusione delle imprese di mediazione; b) con l'esercizio di attività imprenditoriali e professionali, escluse quelle di mediazione comunque esercitate».

… e documenti della prassi ministeriale

Interrogato con specifico riferimento all'attività di amministrazione condominiale, il Ministero per le Attività produttive aveva dal canto suo chiarito che «non rientrando l'attività di amministratore di condominio tra quelle descritte al comma 3 dell'art. 5 della legge n. 39/89, come modificato dall'art. 18 della legge n. 57/01, non sembra sussistere incompatibilità con l'attività di mediazione» (Lettera Circolare del 4 luglio 2003).

In sostanza, non configurandosi formalmente l'attività di amministratore condominiale come professione, né esistendo un albo che ne definisse il regime giuridico, lo svolgimento di detta attività si considerava compatibile con l'esercizio della mediazione.

Detto indirizzo trovava conferma nella decisione del 14 giugno 2007, con la quale il Ministero dello Sviluppo economico precisava: «In mancanza di una norma specifica statale, l'attività in argomento non può ancora essere considerata una vera e propria professione e, quindi, resta valido quanto affermato con lettera circolare n. 554611 del 4 luglio 2003.Per quanto riguarda poi l'iscrizione dell'interessato al registro delle imprese occorre tenere presente che l'obbligo sussiste soltanto per l'esercizio dell'attività d'intermediazione e non ha rilevanza ai fini dello svolgimento dell'attività di amministratore di condominio».

(Nella specie, era stato accolto il ricorso presentato da una società che svolgeva attività di mediazione e che era stata cancellata dal Ruolo di agenti di affari in mediazione, per effetto di un provvedimento della Camera di Commercio che aveva sancito l'incompatibilità fra l'esercizio dell'attività di mediatore e quella di amministratore condominiale.)

Il Ministero dello Sviluppo Economico (Divisione XXI Registro Imprese) era nuovamente tornato sulla questione, e in risposta ad un quesito posto dalla Camera di Commercio di Udine aveva ulteriormente affermato che l'attività di amministrazione condominiale, se esercitata in forma imprenditoriale, è incompatibile con l'attività di mediazione (e quindi anche con quella svolta dall'agente immobiliare).

In particolare, specificava che si determina un'incompatibilità con l'attività di agente di affari in mediazione quando «l'attività di amministratore di condomini [è] svolta con organizzazione anche minima di mezzi (quali attrezzature informatiche, eventuale personale, linee telefoniche dedicate), al fine di trarne un utile e secondo criteri di professionalità», in quanto «trattasi, in questo caso, di attività in forma di impresa che determina un conseguente obbligo di iscrizione al Registro delle Imprese» (Circolare del 24 settembre 2013).

Richiamando quanto già affermato nella lettera circolare del 4 luglio 2003, il Ministero ribadiva che, determinandosi tra condominio e amministratore un contratto generalmente inquadrato nello schema del mandato, gli obblighi contrattuali a carico di quest'ultimo sono tali da escludere, per il medesimo soggetto, «la configurazione di un'attività professionale assimilabile a quelle previste e disciplinate dal codice civile».

E aggiungeva che, se l'attività di amministrazione condominiale viene svolta «saltuariamente o a titolo di passatempo», la stessa non può ricadere nell'ambito di controllo e regolamentazione delle Camere, non potendosi in alcun modo definire un'attività imprenditoriale.

Il Ministero sembrava in questo caso aver compiuto un decisivo passo in avanti laddove dichiarava che «tenuto conto che l'amministratore di condomini ha una qualificazione pluridimensionale a seconda delle fattispecie, laddove venisse accertato l'esercizio dell'attività in modo professionale ed abituale, ovvero imprenditorialmente, questa sarebbe incompatibile con l'esercizio dell'attività di agenti di affari in mediazione».

Più di recente,con il parere del 12 gennaio 2015, il Ministero dello Sviluppo Economico ha avuto modo di pronunciarsi ancora sul medesimo argomento.

Nell'occasione, si è in primo luogo ribadita, in virtù delle vigenti disposizioni (art. 5, comma 3, lett. b), l. n. 39/1989, come modificato dall'art. 18, l. n. 57/2001), l'incompatibilità tra l'esercizio dell'attività di agente di affari in mediazione e l'esercizio di attività imprenditoriali e professionali, «escluse quelle di mediazione comunque esercitate»; e si è ulteriormente precisato che detta regola valenaturalmente per chiunque svolga detta attività mediatizia, che si tratti di un'impresa individuale ovvero di un'impresa societaria: «in quest'ultimo caso, anche se è la società a rispondere delle obbligazioni sociali in quanto dotata di personalità giuridica, è comunque insita nella carica del/i suoi legali rappresentanti la gestione societaria: di conseguenza, in caso di eventuale svolgimento di attività imprenditoriali e professionali diverse dalla mediazione, non può che determinarsi l'incompatibilità sanzionata dal Legislatore, in capo sia alla società medesima che al suo legale rappresentante».

Richiesto poi della possibilità di costituire un'impresa multiservizi - individuale o societaria -, con un'unica partita IVA e l'intermediazione immobiliare quale occupazione prevalente, e un oggetto sociale che contempli più attività diverse tra di loro (attività di mediatore creditizio, di amministratore di condominio, di agente assicurativo, di gestione di Poste private ed affari e commissioni), il Ministero ha rammentato che l'incompatibilità espressamente prevista dalla norma riguarda l'esercizio dell'attività di agenti di affari in mediazione con l'esercizio di altre attività imprenditoriali e professionali diverse dalla mediazione: pertanto, tenuto conto della soppressione del ruolo mediatizio operata dal decreto ministeriale 26 ottobre 2011, sarebbe possibile, in linea di principio,«che un'impresa mantenga un oggetto sociale composito, qualora le attività incompatibili con la mediazione non siano esercitate contemporaneamente a questa (cioè l'impresa risulti iscritta al R.I. camerale solo per la mediazione) o, al contrario, qualora la medesima eserciti le altre attività ma non la mediazione, e per quest'ultima sia unicamente iscritta nell'apposita sezione del REA, al fine di mantenere comunque i requisiti abilitanti».

Ma, per quel che qui rileva, è il passaggio conclusivo quello che assume più rilievo: con un'affermazione che pare per certi versi"capovolgere" l'approccio sin qui seguito, il parere del 12 gennaio 2015 afferma che «la sola attività il cui svolgimento è ad oggi consentito in modo congiunto a quello di agente di affari in mediazione è quella di amministrazione di condominio» - sempre, ben inteso, a condizione che quest'ultima non sia svolta in forma assolutamente ed inequivocabilmente di impresa, ossia quando non sia obbligatoriamente richiesta l'iscrizione presso il Registro delle imprese.

Al riguardo, deve invero tenersi presente che «ogni specifico caso in cui si rinvenga l'esercizio congiunto dell'attività mediatiziaex lege 39/1989 con l'attività di amministratore di condominio necessita di un'attenta ed opportuna istruttoria, nonché dell'analisi e valutazione della documentazione di riferimento(Ministero dello Sviluppo Economico - Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica - Divisione VI, Circolare del 16 marzo 2016, Prot. n. 74900.

Nel documento in questione, si è in particolare chiarito che elementi quali, ad esempio, il compenso percepito per la funzione di amministratore condominiale o il numero dei condomìni amministrati sono certamente utili al fine di stabilire l'eventuale carattere di imprenditorialità di detta attività - e la conseguente incompatibilità con quella mediatizia; tuttavia, «non esauriscono tutte le fattispecie possibili»).

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