In tema di condominio negli edifici, l'individuazione delle parti comuni, risultante dall'art. 1117 c.c. - il quale non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria - può essere superata soltanto dalle opposte risultanze di un determinato titolo e non opera con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari. (Cass. civ., Sez. Un., 07/07/1993, n. 7449).
Si deve escludere, però, che un manufatto posto nel cortile antistante il fabbricato condominiale ed esterno allo stesso, che non sia stato adibito a servizi comuni sia, per struttura e funzione, compreso nelle parti comuni dell'edificio condominiale indicate nell'art. 1117 c. c., né può ritenersi tale, in difetto di una chiara volontà delle parti risultante da titolo idoneo, per il semplice fatto che esso risulti catastalmente denunziato come adibito a portineria, in quanto la classificazione catastale dei beni ha carattere meramente descrittiva in relazione ad un onere nei confronti della p. a. e non è idonea, quale mezzo sussidiario di prova, a prevalere sulla contraria volontà dei proprietari (Cass. civ., sez. II, 06/11/1987, n. 8222).
La titolarità dell'alloggio del portiere
Se prima della costituzione del condominio la destinazione al servizio comune non gli viene conferita, o gli viene sottratta, l'alloggio del portiere non può considerarsi come bene comune (Cass. civ., sez. II, 14/06/2017, n. 14796).
Si deve considerare che, per stabilire se un'unità immobiliare situata in un condominio è comune, ai sensi dell'art. 1117 n. 2 c.c., perché destinata ad alloggio del portiere, il giudice del merito deve accertare se all'atto della costituzione del condominio, come conseguenza della vendita dei singoli appartamenti da parte dell'originario proprietario dell'intero fabbricato, vi è stata tale destinazione, espressamente o di fatto, altrimenti si deve escludere la proprietà comune dei condomini su di essa (Cass. civ., sez. II, 26/11/1998, n. 11996).
Naturalmente se il locale non è comune, il proprietario (costruttore/venditore) dell'edificio lo può vendere liberamente a terzi, come una qualsiasi altra unità. In ogni caso la soppressione del servizio di portierato comporta anche il venir meno del vincolo di destinazione sopra detto.
D'altronde, i locali per la portineria e per l'alloggio del portiere sono sicuramente suscettibili di utilizzazione individuale, potendo essere adibiti ad uso del tutto diverso da quello al quale erano in origine destinati.
Il servizio di portierato, poi, non è sempre accompagnato dalla concessione in godimento dell'alloggio e può sussistere indipendentemente da essa.
Proprietà privata dell'alloggio del portiere e destinazione ad uso di portineria: la posizione della Cassazione
Le parti del caseggiato, come la portineria o l'alloggio del portiere, indicate al n. 2 dell'art. 1117 c.c. sono suscettibili, a differenza delle parti dell'edificio di cui ai cit. n. 1 e 3, di utilizzazione individuale in quanto la loro destinazione dal servizio collettivo dei condomini non si pone in termini di assoluta necessità.
I beni in questione sono sicuramente suscettibili di utilizzazione individuale, potendo essere adibiti ad uso del tutto diverso da quello al quale erano in origine destinati, come nel caso in cui il servizio condominiale non venga in concreto istituito oppure sia venuto a cessare, con la conseguenza che, per questa categoria di beni, spesso il titolo può riservarne la proprietà al costruttore o ad altro soggetto.
Secondo una parte della giurisprudenza, in relazione all'alloggio del portiere, l'atto che lo sottrae alla presunzione di proprietà comune, rendendolo bene di proprietà esclusiva, può prevedere la concessione in uso perpetuo al condominio per garantire servizi necessari, da considerare come un vincolo obbligatorio "propter rem" fondato su una limitazione del diritto del proprietario e suscettibile di trasmissione in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti anche in mancanza di trascrizione (Cass. civ., Sez. III, 24/10/1995, n. 11068).
Secondo la giurisprudenza più recente il vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere, non può essere inquadrato nella categoria delle obbligazioni propter rem, per mancanza del requisito della tipicità, giacché non esiste una disposizione di legge che contempli l'obbligazione reale tipica di concedere in uso perpetuo un bene immobile.
Per tale opinione il vincolo di destinazione perpetuo dell'alloggio del portiere di proprietà esclusiva è una servitù che, però, deve pur sempre essere prevista da un apposito titolo, debitamente trascritto, dal quale risulti la volontà di restringere permanentemente i poteri normalmente connessi alla proprietà di quel bene e ad assicurare correlativamente particolari vantaggi ed utilità alle altre unità immobiliari ed alle parti comuni (Cass. civ., sez. II, 12/11/2024, n. 29199).
Tale inquadramento come servitù, ad avviso dei giudici supremi, non porta ad uno svuotamento del contenuto del diritto di proprietà in quanto il vincolo non annulla qualsiasi utilità connessa al godimento dell'immobile; ciò in quanto, sia nei periodi nei quali il condominio eventualmente deliberi di non avvalersi del servizio di portierato, sia nel caso in cui il condominio deliberi la cessazione definitiva di quel servizio, i proprietari (nella vicenda gli attori) possono utilizzare l'immobile (Cass. civ., sez. II, 10/6/2024, n. 16803).