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Agibilità per gli immobili condonati

La concessione di agibilità per immobili condonati: chiarimenti sulla necessità di rispettare i requisiti igienico-sanitari e le norme di sicurezza per evitare dinieghi da parte delle autorità competenti.
Avv. Maria Monteleone - Foro di Cosenza 
Ott 22, 2021

La giurisprudenza si è spesso interrogata sulla possibilità di concedere automaticamente il certificato di agibilità a seguito della concessione in sanatoria dell'immobile. Il dubbio interpretativo è sorto con riguardo alla scelta del legislatore di permettere la deroga alle norme regolamentari ai fini della concessione dell'agibilità, sicché ci si è chiesti fino a che punto un immobile condonato che, però, non rispetti le altezze previste dalla legge o le norme igienico-sanitarie, possa essere dichiarato agibile.

Una recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 6091 del 30 agosto 2021), allineandosi all'orientamento ormai conforme, ha chiarito come deve essere interpretato l'articolo 35 della L. n. 47/1985, nella parte in cui prevede "a seguito della concessione o autorizzazione in sanatoria viene altresì rilasciato il certificato di abitabilità o agibilità anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari, qualora le opere sanate non contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica, attestata dal certificato di idoneità di cui alla lettera b) del terzo comma e di prevenzione degli incendi e degli infortuni".

Quando è possibile derogare alle norme in tema di agibilità

L'indirizzo unitario più recente di interpretazione della norma appena richiamata è quello secondo cui il rilascio del certificato di abitabilità di un fabbricato, conseguente al condono edilizio, ai sensi del citato art. 35, comma 20, l. 47/1985, può legittimamente avvenire in deroga solo ad autonome e autosufficienti disposizioni regolamentari e non anche quando siano carenti condizioni di salubrità richieste invece da fonti normative di livello primario.

Ciò in quanto la disciplina del condono edilizio, per il suo carattere eccezionale e derogatorio, non è suscettibile di interpretazioni estensive e, soprattutto, tali da incidere sul fondamentale principio della tutela della salute, con evidenti riflessi sul piano della legittimità costituzionale (Cons. Stato, Sez. II, 23 dicembre 2020 n. 8289; Sez. VI, 16 dicembre 2019 n. 8502 e Sez. IV, 18 aprile 2014 n. 1997).

Già la Corte costituzionale, con la sentenza 10 luglio 1996 n. 256, aveva affermato che la deroga introdotta dal legislatore non riguarda i requisiti richiesti da disposizioni legislative di rango primario e deve, pertanto, "escludersi una automaticità assoluta nel rilascio del certificato di abitabilità (....) a seguito di concessione in sanatoria, dovendo invece il Comune verificare che al momento del rilascio del certificato di abitabilità siano osservate non solo le disposizioni di cui all'art. 221 T.U. delle leggi sanitarie (rectius, di cui all'art. 4 del d.P.R. n. 425/94), ma, altresì quelle previste da altre disposizioni di legge in materia di abitabilità e servizi essenziali relativi e rispettiva normativa tecnica."

Sempre secondo la Corte "permangono, infatti, in capo ai Comuni tutti gli obblighi inerenti alla verifica delle condizioni igienico-sanitarie per l'abitabilità degli edifici, con l'unica possibile deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari".

Non esiste, dunque, alcun automatismo nella concessione del certificato di agibilità per gli immobili condonati. Quella prevista dal citato art. 35 non è una deroga generale e indiscriminata alle norme che presidiano i requisiti di abitabilità degli edifici.

Volendo contemperare tutti i diritti costituzionalmente garantiti, il diritto alla salute da un lato e il diritto all'abitazione e al lavoro dall'altro, è necessario assicurare che siano rispettate le disposizioni normative di natura primaria, in quanto, rispetto ad esse, la deroga di cui all'art. 35, comma 20, l. 47/1985 non è ammessa.

Secondo il Consiglio di Stato, possono essere al più derogate disposizioni regolamentari non integrative di precetti della normazione primaria.

Analisi del diniego di agibilità per immobili condonati

La richiamata sentenza del 30 agosto 2021 ha analizzato il caso in cui una società proprietaria di alcuni locali seminterrati aveva ottenuto il condono, ma non il certificato di agibilità.

Il Comune di Venezia aveva motivato il diniego sulla base della carenza dei requisiti igienico-sanitari.

Più precisamente, l'ufficio comunale accertava: "l'unità immobiliare non ha aerazione ed illuminazione diretta in quanto le finestre sono del tipo a "bocca di lupo" con grigliato posto a livello del giardino e di dimensioni tali da non garantire nemmeno una adeguata aerazione dei locali; il distributivo interno è difforme da quello sanato con condono edilizio rilasciato ai sensi della Legge Regionale 21/2004; le caratteristiche dei locali al piano interrato non consentono la permanenza ai fini abitativi di persone; vi è difetto di aria e di luce e sono manifeste condizioni di umidità diffusa con presenza di infiltrazioni; non sussistono pertanto le condizioni minime di rispetto dei requisiti igienico sanitari e di salubrità dei locali di abitazione cosi come prescritti dall'art 218 del T.U.L.S. nonché dagli arti. 3 e 5 del D.M. 5 luglio 1975".

Superbonus, conformità urbanistica e agibilità, alcune considerazioni

Alla luce di ciò, il Comune considerava le caratteristiche complessive dell'unità non adeguate alla destinazione d'uso residenziale e riteneva i i locali al piano interrato semmai destinabili esclusivamente a locali di servizio, quali cantine e magazzini.

A seguito del ricorso della società, il TAR confermava la legittimità del diniego sulla base dell'impossibilità di affermare un'automatica corrispondenza tra condono ed abitabilità, come avrebbe, invece, sostenuto la ricorrente.

In sede di appello, il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza di primo grado, ribadendo l'orientamento giurisprudenziale sopra riportato.

Certificato di agibilità. Effetti che scaturiscono dal mancato rilascio

Nel caso di specie, secondo i giudici, le norme igienico sanitarie violate, seppur aventi natura regolamentare (in quanto previste da un decreto del Ministro della Sanità del 5 luglio 1975), costituiscono diretta attuazione degli artt. 218 e 221 Testo unico leggi sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 e, quindi, di norme di rango primario, come tali non derogabili.

Ebbene, "il carattere formalmente secondario della fonte non toglie che le disposizioni da essa dettate attengano direttamente alla salubrità e vivibilità degli ambienti, ossia a condizioni tutelate direttamente da norme primarie e costituzionali sopra richiamate di cui le prime siano chiamate a integrare e attuare il precetto generale.

In questi casi, la norma secondaria concretizza il generico imperativo della norma primaria, sostanziandone il contenuto minimo inderogabile in funzione della tutela della salute e sicurezza degli ambienti, con la conseguenza che la verifica dell'abitabilità non può prescinderne. "Una diversa interpretazione, che giungesse a sostenere la derogabilità dei requisiti minimi di salubrità, per il sol fatto di essere fissati con norma formalmente regolamentare, si porrebbe sicuramente in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., oltre che con il successivo art. 32".

Sentenza
Scarica Consiglio di Stato 30 agosto 2021 n. 6091
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