Le "agevolazioni prima casa" possono essere richieste solo in caso di acquisto di una casa di abitazione che rientri in una delle seguenti categorie catastali: A1 (Abitazioni di tipo signorile); A8 (Abitazioni in ville); A9 (Castelli, palazzi eminenti).
L'articolo 6 del Dm n. 1072/1969, precisa che sono classificabili come "abitazioni di lusso": le singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)".
Tale norma è applicabile (indistintamente) ad appartamenti compresi in caseggiati o a singole unità abitative.
In altre parole ai fini fiscali devono essere considerate abitazioni di lusso, ai sensi dell'art.6 del D.M. 2 /08/1969, tutti gli immobili aventi una superficie utile complessiva maggiore di 240 metri quadrati, a nulla rilevando che si tratti di appartamenti compresi in fabbricati condominiali o di singole unità abitative.
Recentemente la Cassazione si è occupata di una questione che merita di essere segnalata (sentenza Cass. civ., sez. V, 03/02/2025, n. 2503).
Ecco il fatto.
Due contribuenti riceveva un avviso di liquidazione dall'Amministrazione finanziaria per recuperare le somme dovute a seguito della revoca dell'agevolazione fiscale "prima casa". L'immobile era stato valutato come "di lusso" poiché superava la soglia complessiva di 240 mq di superficie utile. Di conseguenza, l'Amministrazione riteneva il beneficio fiscale non dovuto.
In effetti l'abitazione, tenendo conto del piano interrato raggiungibile da una scala interna, in cui si trovava un guardaroba e una lavanderia, totalizzava più di 240 metri quadri.
I ricorrenti contestavano l'avviso, sostenendo che la stima effettuata dagli Uffici fosse errata. Secondo la loro obiezione, la superficie complessiva dell'immobile era stata calcolata esclusivamente basandosi sulle planimetrie catastali, includendo impropriamente nella superficie "utile" anche l'autorimessa, il piano interrato e la soffitta.
Tale inclusione, a loro avviso, non era conforme ai criteri corretti per il calcolo della superficie utile ai fini della valutazione dell'immobile come "di lusso.
La decisione di primo grado, favorevole ai contribuenti, veniva impugnata con successo dall'Agenzia delle Entrate, che sosteneva una diversa interpretazione delle superfici computabili ai fini della determinazione dell'immobile come "di lusso".
La Cassazione ha dato torto ai contribuenti.
Secondo i giudici supremi è stato corretto prendere in considerazione il piano interrato, costituendo una porzione dell'immobile, collegata alla porzione principale, attraverso una scala ubicata all'interno dell'unica proprietà e al servizio esclusivo dei contribuenti.
Come ha evidenziato la Cassazione, il piano interrato in questione comprendeva locali direttamente complementari con le restanti parti dell'unità immobiliare (come un guardaroba e una lavanderia); di conseguenza è emerso che, l'estensione dell'abitazione superava 240 mq.
Del resto anche una cantina o una soffitta, con accesso dall'interno dell'abitazione e ad essa indissolubilmente legati, sono computabili ai fini della superficie utile complessiva.