Un comproprietario o condomino può servirsi di un bene comune entro i limiti stabiliti dall'art. 1102 c.c. ovvero purché non ne alteri la destinazione e non impedisca il pari uso, attuale o potenziale, da parte degli altri comproprietari o condòmini.
Le scale, i vani scala ed i pianerottoli servono all'accesso ed al collegamento dei vari piani dello stabile condominiale e dei locali ed impianti ivi collocati e, pertanto, devono essere liberi e non ostruiti da oggetti che impediscano o rendano disagevole o non sicuro il passaggio.
Il Tribunale di Firenze con una recente sentenza (n. 1872 del 30 maggio 2025) ha ritenuto la condotta di utilizzo degli spazi condominiali da parte di un condòmino consistente nell' accumulo di oggetti e materiali di vario tipo in prossimità del suo appartamento, nel prospicente vano scale e nelle scale poste tra il piano seminterrato ed il piano terreno, una vera e propria occupazione abusiva delle parti comuni.
L'accumulo di oggetti e materiali di vario tipo negli spazi condominiali: l'occupazione abusiva delle parti comuni. Fatto e decisione
Un Condominio citava in giudizio un condòmino al fine di ottenere l'accertamento e la declaratoria dell'illegittima occupazione da parte del predetto di spazi condominiali e per l'effetto la condanna al risarcimento dei danni.
A sostegno delle proprie domande l'attore deduceva che a partire dal 2013 il convenuto aveva depositato ed accumulato numerosi oggetti di vario tipo, ivi compresi beni alimentari, negli spazi condominiali posti in prossimità del suo appartamento, sito al piano seminterrato dello stabile, nel prospicente vano scale e nelle scale che collegano il piano seminterrato al piano terreno; che tale condotta, oltre a comportare un utilizzo esclusivo degli spazi in questione per un fine diverso da quello a cui erano destinati, aveva impedito di fatto agli altri condomini il godimento e l'accesso agli stessi, nonché alle cantine, alla cabina elettrica ed alla fossa extracorsa dell'ascensore ivi situati, e, quindi, si configurava come un'illegittima occupazione di spazi condominiali in violazione dell'art. 1102 c.c..
Rappresentava, altresì, che tale situazione aveva impedito il controllo dell'impianto ascensore da parte della ditta incaricata a causa dell'accumulo di oggetti davanti alla porta della relativa fossa nonché comportava un grave ed attuale pericolo per la salute e l'incolumità dei condomini e di chiunque vi transitasse.
Deduceva che le varie richieste di rimozione degli oggetti in questione, avanzate anche in sede di assemblee condominiali a partire dal 2013, e le segnalazioni effettuate anche alla competente Azienda Sanitaria erano rimaste tutte senza esito -nonostante il convenuto non avesse mai contestato che i beni accumulati fossero propri, né di aver effettivamente posto in essere le condotte contestate- così come il tentativo di mediazione obbligatorio ex D. Lgs. 28/2010 precedentemente introdotto e a cui il convenuto non aveva partecipato.
Si costituiva in giudizio il condomino convenuto chiedendo il rigetto delle domande attoree e, in via subordinata, la limitazione del risarcimento dei danni eventualmente riconosciuti in favore del Condominio attore esclusivamente a quelli non prescritti.
Più precisamente il convenuto, pur non contestando di aver effettivamente posto in essere le condotte lamentate dall'attore, né la proprietà degli oggetti situati negli spazi condominiali oggetto di domanda, eccepiva:
- di aver già provveduto da tempo a liberare gli spazi condominiali, lasciando completamente libero l'accesso alle cantine ed alla fossa dell'ascensore;
- che le richieste di liberazione degli stessi prodotte dal Condominio erano tutte datate;
- che né l'Azienda Sanitaria né i Servizi Sociali competenti, pur informati e sollecitati in tal senso dall'attore, avevano mai ritenuto necessario un intervento;
- che quindi il proprio lamentato maggior uso degli spazi condominiali in questione, oltre ad esser del tutto legittimo ai sensi dell'art. 1102 c.c., stante la circostanza che la sua era l'unica abitazione al piano seminterrato, non danneggiava comunque gli altri condomini, atteso che l'unica utilità da loro perseguibile su tale area si limitava all'accesso alle cantine o alla fossa dell'ascensore;
- che l'avversa richiesta risarcitoria, mai avanzata prima dell'introduzione del giudizio, era del tutto ingiustificata, non essendo configurabile nel caso di specie alcun danno a carico né del Condominio né dei singoli condomini, stante sia la liceità della propria condotta ai sensi dell'art. 1102 c.c., sia l'assenza di alcuna richiesta di un uso altrettanto intenso degli spazi oggetto di causa da parte degli stessi, e di percezione di alcun vantaggio patrimoniale dall'uso lamentato;
- che peraltro la quantificazione del danno richiesto dall'attore era del tutto indeterminata.
Svolta l'istruttoria orale, mediante interrogatorio formale e prove testimoniali, il Tribunale ha accolto la domanda attorea e condannato il convenuto al risarcimento dei danni, seppur in misura inferiore a quanto richiesto dall'attore tenuto conto della natura dei luoghi e degli spazi oggetto di causa, della condotta accertata e dell'avvenuta prescrizione di parte del credito risarcitorio.
In particolare, secondo il Tribunale la condotta tenuta dal condomino convenuto costituisce un'illegittima occupazione di spazi condominiali in violazione dei limiti di cui all'art. 1102 c.c. poiché l'accertato accumulo di oggetti e materiali di vario tipo negli spazi condominiali, in primo luogo, non è conforme alla funzione ed alla destinazione delle aree comuni quali le scale, i vani scala ed i pianerottoli, che servono all'accesso ed al collegamento dei vari piani e dei locali ed impianti ivi collocati ed in secondo luogo determina una situazione non igienica e o pericolosa.
Considerazioni conclusive
Com'è noto, ai sensi dell'art. 1102 c.c., un comproprietario o condomino può servirsi di un bene comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca il pari uso, attuale o potenziale, da parte degli altri comproprietari o condomini.
La nozione di pari uso della cosa comune di cui all'art. 1102 c.c. va intesa nel senso che ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene anche un uso maggiore o più intenso rispetto a quello degli altri ( cfr. tra le tante: Cass. n. 10453/2001; Cass. n. 6458/2019; Cass. n. 8808/2003).
Se, infatti, si intendesse l'uso della cosa comune in termini di assoluta identità dell'utilizzazione del bene da parte di ciascun comproprietario, "l'identità nel tempo e nello spazio di tale uso comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene a proprio esclusivo o particolare vantaggio" (Cass. n. 8177/2022; conformi, tra le tante: Cass. n. 6458/2019; Cass. n. 1849/2018; Cass. n. 7466/2015; Cass. n. 3368/1995; Cass. n. 9649/1998).
È pur vero, però, che l'uso più intenso della cosa comune da parte di uno dei comproprietari o condomini deve avvenire nel rispetto del duplice limite disposto dalla succitata norma: occorre che non venga alterata la destinazione della cosa comune e che la stessa non venga sottratta al godimento degli altri partecipanti.
Come chiarito dalla stessa Corte di Cassazione l'uso della cosa comune da parte di uno dei comproprietari o condomini, anche in modo più intenso rispetto a quello degli altri, non può risolversi in una compromissione quantitativa o qualitativa di quello degli altri comproprietari che si traduca nell'"occupazione di una parte del bene" o comunque nell'attrazione della stessa o di parte di essa nella disponibilità esclusiva di alcuni, che comporti la sottrazione al godimento degli altri partecipanti (Cass. n. 4372/2015; Cass. n. 10699/1994); in tali casi, infatti, lungi dall'essere di fronte ad un consentito uso più intenso, si avrebbe "una vera e propria occupazione abusiva delle parti comuni" (Cass. n. 97/2021).
Ne deriva che l'accumulo di oggetti e materiali di vario tipo negli spazi condominiali non è conforme alla funzione ed alla destinazione degli spazi condominiali quali le scale, i vani scala ed i pianerottoli, poiché essi servono all'accesso ed al collegamento dei vari piani e dei locali ed impianti ivi collocati (cfr. Cass. n. 9986/2017; conformi, tra le tante: Cass. n. 14003/2023; Cass. n. 23300/2017; Cass. n. 9036/2006).
Le suddette aree condominiali devono essere libere e non ostruite da oggetti che impediscano o rendano disagevole il passaggio, posto che i condomini devono potersi recare in altri piani, nelle cantine, nei locali del contatore di energia e nella fossa extracorsa dell'ascensore.
Il passaggio deve essere, inoltre, sicuro anche da un punto di vista igienico e non pericoloso: l'accumulo di oggetti determina l'impossibilità di pulire adeguatamente l'area con conseguente proliferarsi, soprattutto in caso di deposito di beni alimentari deperibili, di animali ed insetti vari nonché il rischio di incendi in caso di deposito di cassette e scatole di legno, potenzialmente infiammabili, soprattutto se poste, come nella specie, vicino all'impianto ascensore.
Le norme di sicurezza antincendio richiedono, infatti, che gli spazi intorno agli ascensori siano liberi da sostanze infiammabili per prevenire rischi di incendio e garantire un'evacuazione sicura in caso di emergenza; i tecnici per la manutenzione e le riparazioni devono poter accedere liberamente alla fossa extracorsa al fine di garantire il corretto funzionamento dell'impianto.