Recentemente si è concluso un procedimento giudiziale dove il motivo del contendere è stato un manufatto abusivo realizzato in cima a un condominio. A quanto pare, per colpa di questo abuso, si erano prodotte delle rilevanti infiltrazioni a danno dell'appartamento sottostante. Se ne è parlato nel procedimento appena culminato con la sentenza n. 62 del 07 gennaio 2025 emessa dalla Corte di Appello di Roma.
Più specificatamente, la diatriba in esame nasceva poiché la società venditrice di un appartamento all'ultimo piano di un fabbricato, invece di realizzare un tetto a tegole, aveva edificato al posto del medesimo un piano sopraelevato privo di conformità urbanistica.
Ne era derivato, quindi, un sequestro da parte del Comune e la successiva demolizione senza, però, che nel frattempo la copertura del sottostante appartamento fosse realizzata in modo adeguato.
Da tale omissione erano scaturite delle rilevanti infiltrazioni con conseguenti danni che erano chiesti sia al Comune che alla società venditrice a vario titolo (ad esempio, anche con riguardo alla perdita del canone locatizio del bene nonché con riferimento al deprezzamento dell'immobile danneggiato).
Pertanto, all'ufficio capitolino, invocato in seconda istanza, è spettato il compito di stabilire, in tema abuso edilizio sul tetto e di infiltrazioni all'appartamento sottostante, chi è il responsabile e chi è tenuto a pagare i danni.
Non ci resta che approfondire quanto è accaduto.
Abuso edilizio sul tetto sequestrato ed infiltrazioni sottostanti: il Comune è responsabile?
Nella vicenda in commento, a seguito della realizzazione in corso di un piano sopraelevato in luogo della copertura ritualmente autorizzata in progetto, il Comune provvedeva a sequestrare l'abuso, ad acquisirne la proprietà e a provvedere alla demolizione.
Nel frattempo, però, la copertura dell'edificio, realizzata originariamente non a regola d'arte, aveva determinato e determinava delle rilevanti infiltrazioni a carico dell'appartamento sottostante. Per queste ragioni, il proprietario dell'immobile chiedeva al Tribunale di Roma il risarcimento, con responsabilità solidale tra la ditta costruttrice e il Comune. Entrambi, infatti, erano stati in possesso della cosa responsabile dei danni. La detta domanda era, quindi, accolta in primo grado.
Nel successivo appello, invece, la Corte di merito escludeva ogni addebito a carico del Comune. Per l'ufficio in questione, infatti, dall'istruttoria, caratterizzata da un accertamento tecnico preventivo e da una successiva Ctu integrativa, era emerso che ogni problematica doveva essere imputata solo alla società autrice dell'abuso.
Essa era stata l'unica artefice di una copertura, fin dall'origine, priva della necessaria ed idonea impermeabilizzazione e che mai aveva provveduto ad adeguare.
Nulla, al contrario, poteva essere attribuito al Comune che aveva, legittimamente, sequestrato e demolito l'abuso e che durante la custodia del bene aveva, persino, provveduto ad eseguire una prima manutenzione della copertura in contestazione.
Insomma, dinanzi ad un abuso edilizio ed ai danni che lo stesso determina a carico di terzi, nulla può essere addebitato al Comune sequestrante e in possesso della cosa, se ogni conseguenza dell'illecito è causalmente collegata al bene abusivo, quando questo era ancora in possesso/custodia dell'autore del medesimo.
Abuso edilizio sul tetto ed infiltrazioni sottostanti: l'autore del manufatto è responsabile?
L'autore di un manufatto abusivo, da cui derivano danni a carico di terzi, è responsabile dei medesimi. Per evitare ogni addebito, egli deve provare che gli stessi siano stati determinati dal caso fortuito e che non c'è, quindi, alcun legame causale tra la cosa abusiva in custodia e l'evento lesivo «il custode, per escludere la sua responsabilità, avrà l'onere di provare il caso fortuito sia l'esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità ed eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale, ivi compreso il fatto dello stesso danneggiato o di un terzo che, ex art.1227 c.c. può anche aver concorso alla produzione del danno».
È quanto ha confermato anche la recente Corte di Appello di Roma, in occasione del procedimento qui in esame, dove è apparsa evidente la responsabilità dell'impresa che aveva costruito un piano abusivo appoggiato sull'originaria copertura e che aveva, perciò trascurato di realizzare la medesima con la dovuta ed adeguata impermeabilizzazione.
Pertanto, è alla luce dei citati presupposti che la società convenuta in giudizio, sia in primo che in secondo grado, è stata condannata al ristoro di tutti i danni da infiltrazioni determinatisi a carico dell'appartamento sottostante ed al proprietario del medesimo.
Nell'indennizzo complessivo sono stati inclusi il risarcimento dei canoni locativi, che non era stato possibile incassare per l'inidoneità dell'immobile già locato, nonché il ristoro del deprezzamento dell'immobile a seguito dell'illecito subito.
Non è mancata, infine, la condanna al pagamento di tutte le spese processuali quale ulteriore e inevitabile conseguenza.