La "lesione" di un interesse o di un diritto deve essere direttamente collegata agli atti adottati dall'Amministrazione. Questa correlazione, secondo i giudici, non esiste se il ricorrente risiede nelle immediate vicinanze dell'area interessata dall'espansione edilizia.
La vicenda. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per la Liguria, Tizia aveva chiesto l'annullamento degli atti amministrativi e il risarcimento del danno consequenziale. A sostegno della proposta impugnativa, Tizia - nel contestare la scelta dell'Amministrazione di inserire il terreno identificato nell'adiacente zona avente possibilità edificatorie - aveva eccepito che con la variazione del piano urbanistico era stato disposto l'incremento delle possibilità edificatorie dell'area.
Il proprietario dell'area vicina aveva quindi presentato ricorso, segnalando genericamente dei "gravissimi pregiudizi".
In primo grado, il Tribunale ha accolto il secondo motivo di ricorso, col quale si lamentava va il difetto di motivazione nel quale sarebbe incorso il Comune nell'accogliere l'osservazione; difatti, secondo i giudici "i contenuti del diritto proprietario hanno anche una dimensione soggettiva viste soprattutto le caratteristiche della proprietà immobiliare: il possesso di un'area può avere per il proprietario scopi diversi, tra i quali possono risiedere pacificamente e maggiormente in una realtà cittadina o comunque urbanizzata anche i fini di godere di una zona verde per finalità salutari o ricreative e quindi l'interesse allo sfruttamento meramente economico della proprietà fondiaria non può ritenersi assoluto".
Avverso tale decisione, il Comune ha contestato l'inammissibilità del ricorso di primo grado per la dedotta carenza di interesse della ricorrente.
Il ragionamento del Consiglio di Stato. Secondo i giudici, la ricorrente non aveva prospettato alcun preciso danno scaturente dalla disciplina urbanistica impugnata, sebbene attributiva di vocazione edificatoria.
La ricorrente si era limitata a discorrere di "gravissimo pregiudizio", senza specificare in che cosa esso consisteva a fronte di una variazione della disciplina urbanistica che ha carattere incrementativo delle possibilità edificatorie dell'area e quindi del valore economico della stessa.
- La legittimazione. Si legge nella sentenza, "Se è vero che vi potrebbe essere un interesse contrario all'edificazione è vero anche che la ricorrente non prospetta alcun interesse specifico, connesso alla fruibilità dell'ambiente circostante nella sua verginità costruttiva". A parere dei giudici, dunque, il diritto al ricorso nel processo amministrativo sorge in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tende a un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere quella lesione.
Le condizioni soggettive per agire in giudizio sono la legittimazione processuale, cosiddetta legittimazione ad agire, e l'interesse a ricorrere (Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2019, n. 508).
L'interesse a ricorrere sussiste, quindi, laddove vi sia una lesione della posizione giuridica del soggetto, ovvero se sia individuabile un'utilità della quale esso fruirebbe per effetto della rimozione del provvedimento e se non sussistano elementi tali per affermare che l'azione si traduca in un abuso della tutela giurisdizionale.
In definitiva, l'interesse a ricorrere deve costituire una conseguenza immediata e diretta del provvedimento dell'Amministrazione e dell'assetto di interessi con esso introdotto, deve essere concreta e non meramente potenziale, e deve persistere al momento della decisione del ricorso (Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2019, n. 2732).
Pertanto, bon può quindi reputarsi sufficiente quanto evidenziato in sede di ricorso originario in ordine al fatto che la ricorrente "risiede nelle immediate vicinanze".
- Il criterio del vicinitas. In ambito urbanistico, il mero criterio della vicinitas di un fondo o di una abitazione all'area oggetto dell'intervento urbanistico - edilizio non può ex se radicare la legittimazione al ricorso, dovendo sempre il ricorrente fornire la prova concreta del vulnus specifico inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica, quali il deprezzamento del valore del bene o la concreta compromissione del diritto alla salute e all'ambiente.
In effetti il criterio della vicinitas, se è idoneo a definire la sussistenza di una posizione giuridica qualificata e differenziata in astratto configurabile come interesse legittimo, tuttavia non esaurisce le condizioni necessarie cui è subordinata la legittimazione al ricorso, dovendosi da parte di chi ricorre fornire invece la prova del concreto pregiudizio patito e patiendo (sia esso di carattere patrimoniale o di deterioramento delle condizioni di vita o di peggioramento dei caratteri urbanistici che connotano l'area) a cagione dell'intervento edificatorio (Cons Stato, sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5908).
- Il consenso dei proprietari degli immobili. Il ricorso proposto da Tizia è risultato inammissibile anche per non essere stato assistito dal necessario profilo d'interesse: la necessità per il può (progetto urbanistico operativo) di iniziativa privata del consenso dei proprietari di immobili rappresentanti almeno il 75% del rispettivo valore catastale (l'art. 54, comma 8, L.R. 36 del 1997).
In base a tale disposizione, infatti, la ricorrente, proprietaria del mappale al 50%, ben poteva opporsi all'edificazione rifiutandosi di prestare il consenso all'approvazione del piano attuativo, che, come detto, richiede almeno il 75% del valore degli immobili, così neutralizzando la scelta urbanistica nei suoi possibili effetti pregiudizievoli.
In conclusione, l'impugnativa del Comune è risultata fondata e pertanto, in riforma dell'impugnata sentenza, il ricorso instaurativo della lite è stati dichiarato inammissibile per difetto d'interesse di Tizia.
"Nella fase di attuazione di un piano urbanistico, il vicino che si senta danneggiato dalla realizzazione degli interventi può fare ricorso per bloccare i lavori, ma solo a determinate condizioni.
Difatti, la lesione di un interesse o di un diritto deve essere direttamente collegata agli atti adottati dall'Amministrazione.
Questa correlazione, secondo i giudici, non esiste se il ricorrente risiede nelle immediate vicinanze dell'area interessata dall'espansione edilizia". (Consiglio di Stato, sentenza 4233/2019)