Le modificazioni per il miglior godimento di un bene condominiale possono essere apportate, a proprie spese, dal singolo condomino con i limiti indicati dall'art. 1102 c.c. e non richiedono alcuna preventiva autorizzazione assembleare.
Tuttavia accade spesso che un condomino sottoponga un progetto di modifica (lecita) di una parte comune all'amministratore e poi all'assemblea ma quest'ultima neghi l'autorizzazione ad eseguire le opere illustrate, così adottando un provvedimento non previsto dalla legge o dal regolamento.
Si tratta di un comportamento illecito dell'assemblea che determina la nullità della delibera assembleare che abbia rigettato la fattibilità della modifica richiesta dal singolo condomino.
A tale proposito si segnala la recentissima sentenza del Tribunale di Napoli Nord (sentenza n. 4969 del 19 dicembre 2024).
Apertura nel muro comune: la richiesta del condomino e la reazione dell'assemblea
In un condominio costituito da due corpi di fabbrica (scala A e scala B), un condomino, proprietario di un appartamento posto nella scala B e proprietario di immobile uso commerciale facente parte della scala A, ma con accessi solo fronte strada, richiedeva ai condomini della stessa scala A di realizzare un'apertura sul muro condominiale (per collocare una porta) tale da consentire un passaggio dal suo negozio al piano del vano scala comune.
Con apposita delibera, i condomini respingevano l'istanza, conferendo contestualmente all'amministratore il mandato per intraprendere ogni azione legale nel caso in cui il richiedente avesse dato seguito al suo proposito.
Il condomino proprietario del locale commerciale, ignorando detta decisione assembleare, realizzava il suo progetto (apertura di un varco nella parete del vano scale) mettendo in comunicazione il negozio con l'interno del fabbricato.
A fronte di tale comportamento l'amministratore dava immediata comunicazione dell'abuso al Comune, mentre l'avvocato del condominio inviata al condomino una diffida alla chiusura dell'apertura e al ripristino del muro condominiale.
Successivamente il condominio scala A citava in giudizio detto condomino, chiedendo di accertare e dichiarare l'arbitrarietà del comportamento tenuto dal convenuto e di ordinare allo stesso l'eliminazione dell'apertura, rispristinando il muro condominiale.
La difesa del condomino, faceva presente che nel condominio vi era un passaggio e/o piano nel quale dal vano scala si accedeva ai garage condominiali e che in detto piano o passaggio esisteva il muro (su cui aveva praticato l'apertura) che faceva da confine tra il predetto vano scala A ed il locale commerciale.
Il convenuto notava che sul muro in questione non vi era passaggio di cavi, tubi, né vi erano apposti quadri e/o targhe; inoltre evidenziava che la porta realizzata aveva la sua apertura verso l'interno del locale commerciale e non verso l'esterno, per cui non occupava spazio nemmeno quando si apriva; infine notava che l'opera era pienamente legittima anche sotto il profilo urbanistico (il TAR preso atto della revoca di tutti i provvedimenti del Comune aveva dichiarato cessata materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse). Il Tribunale ha dato torto al condominio.
Il giudicante ha osservato che l'apertura realizzata dal convenuto ha messo in comunicazione il locale di proprietà esclusiva con il vano scala posto all'interno del palazzo e, pertanto, non ha creato alcuna servitù a carico di fondazioni e struttura del fabbricato, non trattandosi di un collegamento tra unità immobiliari ricomprese in diversi edifici condominiali.
Pertanto, ad avviso del Tribunale, l'apertura della porta nel muro condominiale per accedere dal locale commerciale al vano scala non ha precluso affatto il diritto degli altri condomini di continuare a servirsi del muro stesso, come in precedenza, lasciandone immutata la consistenza e la destinazione del muro. Il Tribunale ha ritenuto che l'apertura della porta debba essere considerata una modifica per il miglior godimento della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c., non richiedente alcuna preventiva autorizzazione assembleare; di conseguenza l'apertura del varco non è risultato contrastante nemmeno con il regolamento condominiale, che prevede tale autorizzazione solo per le opere che comportano innovazioni, richiamando testualmente l'art. 1120, comma 1. le domande dell'attore sono state respinte.
Legittimità dell'apertura nel muro condominiale: diritti e limiti per i condomini
Bisogna considerare che il principio della comproprietà dell'intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso (anche se muro maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini (e, quindi, a procedere anche all'apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprietà esclusiva), a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell'esercizio dell'uso del muro - ovvero la facoltà di pari uso - e di non alterarne la normale destinazione e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato condominiale(Cass. civ., sez. II, 19/04/2006, n. 9036).
Non è contestabile, quindi, l'apertura praticata dal proprietario esclusivo di un locale al piano terra con accesso diretto dalla strada, per accedere all'androne, in quanto diretto a utilizzare una parte dell'edificio da ritenersi comune, senza pregiudizio per gli altri condomini.
Allo stesso modo è pienamente condivisibile la decisione in commento che ha ritenuta lecita l'apertura posta in essere dal convenuto per porre in comunicazione il suo locale con il vano scala posto all'interno del caseggiato.
Del resto l'apertura è intervenuta in una zona defilata del fabbricato, non particolarmente visibile, posta nel vano scala, che non ha prodotto alcuna alterazione della fisionomia architettonica dell'edificio condominiale, né ha fatto venir meno l'identità propria del fabbricato o messo in pericolo la statica e la stabilità del muro.
Costituisce, invece, uso illecito della cosa comune e, come tale, non è consentita l'apertura di un varco nel muro perimetrale quando questa serva a mettere in comunicazione unità immobiliari, anche se di proprietà dello stesso condomino, non facenti parte dello stesso edificio condominiale.
In questa seconda ipotesi, difatti, l'apertura del varco altera la destinazione del muro, incidendo sulla sua funzione di recinzione, determinando, inevitabilmente, la creazione di una servitù a carico della proprietà condominiale (Cass. civ., sez. II, 28/02/2024, n. 5410).