Una clausola di natura contrattuale del regolamento che abbia ad oggetto la conservazione dell'originario aspetto architettonico dell'edificio può legittimamente includere prescrizioni vincolanti che limitano il diritto di proprietà dei singoli condomini.
Questo può avvenire attraverso il divieto assoluto di qualsiasi intervento edilizio sulla struttura del fabbricato, anche se relativo a parti di proprietà esclusiva.
A tale proposito si segnala una recente decisione della Corte di Appello di Roma del 25 gennaio 2025 n. 503.
Controversia sulla sopraelevazione e le sue conseguenze legali
Due condomini citavano in giudizio altra condomina, titolare di un locale lavatoio posto al 4° piano (distinto con l'int. "A") e di una parte della terrazza condominiale, sostenendo che la convenuta, aveva realizzato su detta terrazza una struttura metallica costituita da pilastri fissati alla parete esterna dell'edificio, trasformata poi in una veranda inamovibile, chiusa su tre lati e con sovrastante copertura; gli attori lamentavano, quindi, la sopraelevazione abusiva dell'edificio, con un aumento della volumetria e della superficie abitabile (tanto che all'interno della struttura era stato realizzato un vano cucina, con impianto di riscaldamento, provvisto di un arredamento tipico di un ambiente interno all'abitazione); inoltre notavano che era stato chiuso uno dei discendenti in origine presenti sulla terrazza, con conseguente compromissione del regolare deflusso di acqua piovana; in ogni caso, gli attori sostenevano che l'opera non solo era stata realizzata in aperta violazione dell'art. 11 del regolamento condominiale, che vietava espressamente ai proprietari degli ultimi piani la sopraelevazione dell'edificio, ma che aveva anche determinato una significativa alterazione dell'aspetto architettonico dello stabile, con conseguente diminuzione del relativo valore, anche in ragione della sua importanza storica.
Pertanto, gli attori concludevano chiedendo, previo accertamento, in via principale, dell'illegittimità della sopraelevazione e, in via subordinata, previo accertamento dell'alterazione del decoro architettonico dell'edificio, la condanna della convenuta alla demolizione della struttura e al ripristino dello stato dei luoghi, oltre al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa.
Costituitasi in giudizio, la convenuta metteva in rilievo la rimovibilità della struttura, poiché costituita da una semplice "pergotenda", priva di pareti laterali ed installata al solo fine di garantire un riparo temporaneo dal sole e dalla pioggia; inoltre, escludeva di aver alterato l'estetica del fabbricato, che riteneva già compromessa dalle opere realizzate da altri condomini; quindi, concludeva chiedendo il rigetto della domanda, con vittoria delle spese processuali.
Il Tribunale dichiarava l'illegittimità della soprelevazione, in quanto realizzata in violazione del regolamento condominiale e, comunque, idonea a compromettere l'aspetto architettonico dell'edificio; di conseguenza il giudice di primo grado condannava l'attrice alla demolizione definitiva dei soli pannelli laterali e frontali della pergotenda e dei relativi supporti, rigettando la domanda di risarcimento del danno e di ricostituzione dell'originario scarico delle acque piovane (per avervi già provveduto la convenuta nelle more del giudizio).
La Corte di Appello ha confermato la decisione del Tribunale. I giudici di secondo grado hanno confermato come la condomina abbia realizzato una struttura in sopraelevazione, stabilmente ancorata, destinata a chiudere effettivamente una porzione di terrazzo, rendendola fruibile e vivibile tutto l'anno.
Secondo la Corte perciò la convenuta ha realizzato un'abitazione con bagno, come dimostrato dalla presenza di una leva per il gas e degli impianti idrici e di scarico sulla parete dell'ex locale lavatoio.
La stessa Corte ha notato che la sopraelevazione è da considerare abusiva, stante il contenuto perentorio dell'art. 11 del regolamento di Condominio (la cui natura contrattuale, peraltro, non è stata neanche posta in discussione dalla convenuta), che ha imposto ai proprietari dell'ultimo piano del fabbricato il divieto di sopraelevare.
La Corte ha rigettato l'appello, anche perché il nuovo manufatto è risultato lesivo del c.d. "aspetto architettonico" del palazzo.
Sopraelevazione abusiva e impatti sull'aspetto architettonico
La realizzazione di nuove opere (nuovi piani o nuove fabbriche) nell'area sovrastante il fabbricato da parte del proprietario dell'ultimo piano dell'edificio deve essere considerata una sopraelevazione disciplinata alla stregua dell'art. 1127 c.c. Nella vicenda esaminata la sopraelevazione è stata considerata illecita per violazione del regolamento.
Infatti, i giudici di primo e secondo grado hanno evidenziato l'esistenza di una clausola contrattuale nel regolamento che prevedeva espressamente: "ai proprietari degli ultimi piani è inibita la sopraelevazione dell'edificio".
Come correttamente precisato dalla Corte di Appello la violazione della detta norma del regolamento sarebbe stata sufficiente per il rigetto del gravame.
L'opera abusivamente realizzata dalla condomina è risultata però anche lesiva del c.d. "aspetto architettonico".
A tale proposito si osserva che il codice civile, nel riferirsi, quanto alle sopraelevazioni (art. 1127c.c., terzo comma), all'aspetto architettonico dell'edificio, e, quanto alle innovazioni (art. 1120 c.c., secondo comma), al decoro architettonico dello stesso, adotta nozioni di diversa portata.
Mentre la nozione dell'aspetto, contenuta nell'art. 1127 c.c., relativo alla facoltà dei condomini di costruire in sopraelevazione, coinvolge una serie di valutazioni connesse alla compatibilità con lo stile architettonico dell'edificio, diversamente il decoro dell'immobile, come richiamato dall'art. 1120 c.c., si esprime nell'omogeneità delle linee e delle strutture architettoniche, ossia nell'armonia estetica (Cass. civ., sez. VI, 25/08/2016, n. 17350); ne consegue che le nozioni di aspetto architettonico ex art.1127 c.c. e di decoro architettonico ex art. 1120 c.c., pur differenti tra loro, sono strettamente complementari e non possono prescindere l'una dall'altra, sicché anche l'intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato, senza recare una rilevante disarmonia al complesso preesistente, così da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterarne le linee impresse dal progettista (Cass. civ., sez. II, 11/11/2019, n. 28465; Cass. civ., sez. II, 12/09/2018, n. 22156).