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I cani abbaiano incessantemente? Pazienza, i vicini li devono sopportare.

Se i cani non disturbano più persone non c'è nessuna rilevanza penale.
Marta Jerovante 

Il fatto non ha rilevanza penale se non è potenzialmente idoneo ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone

Il caso.

La controversia nasce dall'impugnazione di una sentenza di condanna alla pena dell'ammenda, inflitta ai proprietari di alcuni cani, giudicati colpevoli di non avere impedito il continuo abbaiare dei loro animali (art. 659 c.p. - reato di disturbo alle occupazioni e al riposo delle persone).

La sentenza del Tribunale territoriale è giunta direttamente in Cassazione - trattandosi di sentenza inappellabile ex art. 593, comma 3, c.p.p. -, dinanzi alla quale i ricorrenti hanno in particolare lamentato l'insussistenza della cd. plurioffensività soggettiva della condotta, rilevante ai fini della fattispecie di cui all'art. 659 c.p.: gli unici ad essere disturbati erano i coniugi vicini di casa, attori in primo grado, poiché all'epoca dei fatti non esistevano nei pressi delle due abitazioni altri nuclei abitativi o altri luoghi frequentati da persone.

Il reato di disturbo alle occupazioni e al riposo delle persone. Si rammenta in proposito che, oltre agli strumenti di natura civilista, il legislatore ha approntato una serie di fattispecie penali applicabili in caso di immissioni sonore, e di condotte immissive intollerabili, in generale.

Riguardo alle prime, norma di riferimento è il citato art. 659 c.p., ai sensi del quale «Chiunque, mediante schiamazzo o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 309 euro» (comma 1).

La norma in questione tutela dunque l'ordine pubblico, sotto il profilo specifico della tranquillità e della quiete pubblica; la giurisprudenza ha peraltro ulteriormente precisato che la condotta criminosa va riferita non solo al turbamento del riposo, ma anche a quello della quiete quale bene tutelato in ogni ora, sia notturna che diurna, a prescindere da orari lavorativi (Cass. pen., sez. I, 12 gennaio 1996, n. 1005).

La decisione Nella pronuncia in commento, la Cassazione, richiamando un consolidato orientamento interpretativo ribadisce che il reato in esame è un reato di pericolo: ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all'art. 659 c.p. occorre cioè la prova del superamento dei limiti della normale tollerabilità di emissioni sonore e della percettibilità delle emissioni stesse da parte di un numero illimitato di persone, a prescindere dal fatto che in concreto tali persone siano state effettivamente disturbate.

Principio generale in materia di rumori cosiddetti "intollerabili" è che essi devono avere l'attitudine a disturbare una cerchia indeterminata di persone: perché si verifichi una lesione o messa in pericolo della pubblica tranquillità, occorre che i rumori molesti abbiano una diffusività tale che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere percepito da un numero illimitato di persone, pure se poi concretamente solo una se ne possa lamentare. «Trattandosi di un reato di pericolo presunto, occorreva pertanto accertare in concreto - prosegue la Suprema Corte - se, in base agli elementi risultanti dalle indagini espletate, lo strepito degli animali avesse caratteristiche tali (per le modalità dei luoghi, ed in particolare per la presenza di abitazioni circostanti) da costituire un potenziale disturbo per la quiete pubblica, costituita nella specie dal disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone.

Dalla sentenza impugnata risulta invece omesso un tale accertamento, mentre risulta che le uniche persone danneggiate dal continuo abbaiare dei cani erano i coniugi confinanti.

Né la memoria di replica depositata dalla parte civile V. offre elementi per opinare diversamente.

Né soccorre la "saltuaria" frequentazione da parte dei testi di accusa (rilevata dal giudice) che non li rende neppure annoverabili tra i potenziali danneggiati».

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I giudici di legittimità hanno dunque cassato la sentenza impugnata e disposto il rinvio al Tribunale affinché si compiano «i necessari accertamenti in fatto sulla scorta dei principi affermati».

In altri termini, irumori, anche in relazione alla loro intensità, devono essere valutati a pre­scinde­re dal fatto che, in concreto, alcune persone siano state effet­tivamente di­stur­bate e, per l'effetto, le la­mentele di una o più sin­gole persone non sono, di per sé sole, sufficienti ad inte­grare la materialità del rea­­to in questione: trattandosi, come rilevato dalla stessa Corte nel caso in commento, di reato di pericolo "presunto", è sufficiente che la condotta dell'agente abbia l'attitudine a ledere il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice ed è indifferente che la lesione del bene si sia in concreto verificata.

Al riguardo, si afferma inoltre che, se risultano offesi solo i sog­getti che si trovano in un luogo con­tiguo a quello da cui provengono i rumori, il fatto non assume invero rilievo pe­nale, ma deve essere inqua­dra­to nell'ambito dei rapporti di vicinato tra im­mobili confinanti, disciplinato dal codice ci­vile (Cass. pen., sez. I, 24 aprile 1996, n. 5714).

Disturbare il riposo dei vicini di casa spostando mobili la mattina presto.

Sentenza
Scarica Cassazione penale, del 19 febbraio 2015, n. 7392
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