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La rinuncia alle parti comuni: possibilità e conseguenze in relazione alla disciplina della ripartizione delle spese ed agli assetti proprietari

Rinunciare all'uso delle parti comuni, possibilità e conseguenze.
Avv. Alessandro Gallucci 

Un condòmino, salvo particolari vincoli contenuti in un regolamento condominiale di natura contrattuale, ha diritto a rinunciare all'uso delle parti comuni.

La rinuncia all'uso, lo ha chiarito la giurisprudenza e sulla scorta delle sentenze, il Legislatore della riforma (l. n. 220 del 2012), non significa rinuncia alla proprietà, ergo sottrazione alle spese di conservazione.

Data queste generali premesse, è utile leggere le norme per articolare meglio le conseguenze qui sinteticamente descritte.

Rinuncia alle parti comuni, le norme

Recitano i primi tre commi dell'art. 1118 c.c.:

"Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene.

Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni.

Il condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali".

Le norme esprimomono due concetti fondamentali:

a) indica quale sia la misura del diritto di ogni singolo proprietario sulla cosa comune (il primo comma, infatti, è uno degli addentellati normativi delle tabelle millesimali);

b) specifica che le cose comuni sono irrinunciabili, o meglio che la rinuncia alle stesse non sortisce effetto in relazione alle spese per la loro conservazione.

Vale la pena soffermarsi su quest'ultimo aspetto dell'articolo per sviluppare alcune considerazioni.

Secondo l'art. 1117 c.c., alcune cose (siano esse parti strutturali o impianti) devono considerarsi di proprietà comune.

In pratica, un soggetto che acquista casa in condominio, per il sol fatto di averla comprata, ottiene la proprietà di una serie di cose accessorie rispetto al godimento della sua porzione di piano.

Solamente il titolo contrario o la particolare conformazione del condominio possono escludere la condominialità di tali beni.

D'altra parte, e non a caso, la dottrina ha definito il condominio come una comunione forzosa in cui al fianco delle cose di proprietà esclusiva ve ne sono alcune di proprietà comune.

Un condomino può rinunciare alle parti comuni?

La domanda, secca, merita una risposta articolata.

Ogni comproprietario può rinunciare all'uso di determinate parti comuni; ciò gli consente di sottrarsi alle spese per l'utilizzo di tale bene, ma mai a quelle per la sua conservazione.

La rinuncia alla proprietà, invece, è impossibile se non accompagnata dal consenso di tutti gli altri condomini e dalla trascrizione della stessa nei pubblici registri immobiliari.

Partiamo da quest'ultima affermazione: si pensi al condomino che sulla base degli atti d'acquisto risulti comproprietario della zona destinata a parcheggio. Si ponga il caso che lo stesso condomino non abbia la patente né alcun mezzo di locomozione. A questo punto egli, per evitare di partecipare alle spese ha due possibilità:

1) chiedere ed ottenere l'esonero degli altri comproprietari;

2) rinunciare alla proprietà di questa parte attraverso una cessione della stessa che può avvenire:

a) accrescendo la quota degli altri comproprietari, con il loro consenso;

b) cedendo la propria quota parte di quella proprietà ad un terzo, se il posto auto non è gravato da vincoli di pertinenzialità, imposti dalla legge (si pensi ai parcheggi realizzati ex l. n. 122/89), rispetto alle unità immobiliari.

Queste ultime due ipotesi devono essere seguite da una trascrizione della cessione presso i pubblici registri immobiliari.

Diverso è il caso della rinuncia all'uso.

Rinuncia all'uso dell'impianto di riscaldamento centralizzato

L'ipotesi più ricorrente, ed anche quella più praticabile, è la rinuncia all'uso dell'impianto di riscaldamento centralizzato.

Essa può essere fatta se dal distacco non deriva uno squilibrio nel funzionamento dell'impianto che si risolva in un aggravio dei costi per gli altri condomini.

L'impianto di riscaldamento e il distacco del singolo

Che cosa comporta ciò?

Il beneficio sta nel fatto che il condomino che si distacca dall'uso di un bene comune (nel caso di cui parliamo il riscaldamento) non dovrà sostenere le spese per l'uso dello stesso ma sarà tenuto a partecipare solo a quelle di conservazione.

È l'art. 1118 c.c. che lo consente, più nello specifico il suo quarto comma che recita:

"Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma".

La norma è frutto dell'accoglimento, in sede normativa di quell'orientamento giurisprudenziale espresso dalla Cassazione che, dal 1994 in poi è stata pressoché monolitica nell'affermare che "tenuto conto della relazione tra cose proprie e comuni; del diverso spessore del carattere della necessità per l'esistenza e per l'uso delle unità immobiliari in proprietà solitaria; della funzione e del fondamento differenti delle diverse spese per le parti comuni: tutto ciò considerato, emerge la ragione per cui nell'art. 1118 comma 2 cod. civ. delle spese per l'uso non si fa menzione.

A differenza dalle spese per la conservazione delle parti comuni, le quali ancorché non assolutamente indispensabili offrono comunque una certa utilità oggettiva a tutte le unità immobiliari, le spese per l'uso sono correlate all' effettivo godimento: ovverosia ad un fatto soggettivo, di per sé mutevole, che può essere attuato in misura diversa o che, in ipotesi, potrebbe anche non essere effettuato per nulla.

Perciò alle spese per la conservazione al condomino non è consentito sottrarsi, anche quando le cose sono indispensabili soltanto entro certi limiti, come nel caso dell'impianto di riscaldamento; a determinate condizioni, invece, alle spese per l'uso il condomino può evitare di concorrere" (così Cass. 25 marzo 2004 n. 5974).

Il caso sotteso alla sentenza citata, così come l'esempio che abbiamo portato, era relativo al distacco da un impianto di riscaldamento centralizzato.

Nulla vieta, però, che il principio di diritto esposto dal giudice di legittimità possa valere anche per altri beni comuni che si prestino ad un simile discorso.

Non si può abdicare dall'essere condomino

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