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Amministratore che scappa con la cassa e sospensione della pena

Procedimento penale nei confronti dell'amministratore furfante: se il condominio si disinteressa del processo penale non si può pretendere che la sospensione della pena sia subordinata al versamento del maltolto.
Avv. Alessandro Gallucci 

Se l'amministratore scappa con la cassa, disinteressarsi del processo penale può voler dire ritardare l'ottenimento di quanto sottratto.

Ciò perché, in tema di responsabilità penale dell'amministratore di condominio, nel caso di condanna per appropriazione indebita di somme di denaro o documenti rispetto alla quale il mandatario potrebbe usufruire del beneficio della sospensione condizionale della pena, se la compagine non si costituisce parte civile, non è possibile subordinare la sospensione della pena alla restituzione del maltolto.

Questa, in estrema sintesi, la conclusione cui è giunta la Cassazione penale con la sentenza n. 3958 depositata in cancelleria il 29 gennaio 2014.

Il caso è di quelli, ahinoi, ricorrenti: un condominio si accorge che l'amministratore s'è appropriato di cassa e documenti condominiali. Ne segue un procedimento penale che lo vede condannato per appropriazione indebita. (Imperdibile: Perché se l'amministratore fugge con la cassa i condomini sono costretti a pagare due volte le stesse spese?)

È utile ricordare che tale ipotesi di reato è punita dall'art. 646 c.p. che recita:

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032.

Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.

Si procede d'ufficio, se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o taluna delle circostanze indicate nel n. 11 dell'articolo 61.

Il reato, genericamente, è punibile dietro presentazione di querela ma, proprio nel caso del condominio, si applica l'ultimo comma che prevede la procedibilità d'ufficio quando il fatto è compiuto con abuso del proprio ruolo (proprio come per l'amministratore).

Nel corso del processo, in particolare nel giudizio d'appello era stato deciso che l'amministratore dovesse essere condannato e che la pena poteva essere sospesa solamente se quest'ultimo avesse restituito le cose di cui s'era appropriato.

L'amministratore infedele non ci stava e proponeva ricorso per cassazione: siccome il condominio s'è disinteressato del processo penale non si può pretendere che la sospensione della pena sia subordinata al versamento del maltolto.

Come dire: "io non devo andare in galera al di là del fatto che restituisca o meno i soldi".

La Cassazione gli ha dato ragione. Tutto si basa sulla differenza tra danno criminale e danno privatistico. Il primo, dice la Corte, è sempre oggetto di risarcimento da parte del giudice penale. Il secondo, invece, può essere risarcito, in sede di giudizio penale, solamente se la persona offesa dal reato s'è costituita in quel giudizio.

Nel caso di specie il condominio s'era disinteressato del procedimento penale e quindi, dice la Corte, "non è possibile subordinare la sospensione condizionale della pena all'adempimento di un obbligo risarcitorio in favore della parte offesa senza che quest'ultima abbia esercitato l'azione civile nel processo penale, potendo in tal caso il giudice soltanto prendere in considerazione, al fine di individuare gli adempimenti imponibili, gli accadimenti lesivi riconnessi causalmente al fatto di reato, che ne caratterizzano il contenuto offensivo. [...]" (Cass. 29 gennaio 2014 n. 3958).

Come dire: una cosa è la restituzione dei soldi e delle cose sottratte, altro la vicenda penale che, nel disinteresse della vittima del reato, può assumere dinamiche indipendenti.

Vedi anche Come tutelarsi da un possibile amministratore truffaldino.

Sentenza
Scarica Cass. 29 gennaio 2014 n. 3958
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