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Il lastrico solare provoca danni? Sulla causa decide l'assemblea

Per il risarcimento dei danni derivanti dalle cose comuni si rende necessaria l'autorizzazione dell'assemblea condominiale.
Avv. Alessandro Gallucci 

Quante volte vi è capitato di sentir dire, di leggere o di vivere direttamente, un problema riguardante danni da infiltrazione provenienti dal lastrico solare?

Quante di queste volte l'amministratore (voi se lo siete o il vostro) ha agito difendendo il condominio in giudizio nominando un avvocato e dando poi comunicazione all'assemblea dello svolgimento della causa?

Non poche immaginiamo.

Ebbene, stando a quanto detto dalla Cassazione con la sentenza n. 2859 del 7 febbraio 2014, in tutti questi casi l'amministratore, il quale avesse agito senza specifico mandato o ratifica da parte dell'assemblea, non avrebbe avuto il potere di farlo.

Insomma, per la Cassazione, le azioni risarcitorie relative ai danni da infiltrazione provenienti dal lastrico solare (ma non vi sono motivi per non estendere questo ragionamento anche ad altre controversie aventi ad oggetto risarcimenti) non possono essere gestite dall'amministratore senza il consenso dell'assemblea.

Diversamente il giudice dovrebbe farlo notare al legale rappresentante della compagine per consentirgli di sanare la situazione (cfr. art. 180 c.p.c.) ed in difetto dichiarare la contumacia del condominio convenuto in giudizio a causa della carenza di legittimazione passiva dell'amministratore.

Il caso che ha portato alla sentenza in esame è uno di quelli che accadono quotidianamente nei nostri condomini.

Un condomino lamenta infiltrazioni dal lastrico solare e inizia un'azione risarcitoria. Il condominio si costituisce in giudizio e la causa, tra alterne vicende anche di carattere processuale, prosegue fin davanti ai giudici della Corte regolatrice.

Qui il condomino ribadisce una propria doglianza: l'amministratore s'era costituito in giudizio, nei gradi di merito, senza il consenso dell'assemblea, ma non poteva farlo: i giudizi risarcitori non rientrano nelle sue competenze.

Gli ermellini hanno condiviso questa doglianza.

Si legge in sentenza che "nelle controversie non rientranti tra quelle che può autonomamente proporre ai sensi del primo comma dell'art. 1131 cod. civ. l'amministratore di condominio non è, legittimato a resistere in giudizio per il condominio senza autorizzazione dell'assemblea, atteso che "ratio" del secondo comma dello stesso art. - che consente di convenire in giudizio l'amministratore per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio - è soltanto quella di favorire il terzo il quale voglia iniziare un giudizio nei confronti del condominio, consentendogli di notificare la citazione al solo amministratore anziché citare tutti i condomini, mentre nulla, nella stessa norma, giustifica la conclusione secondo cui l'amministratore sarebbe anche legittimato a resistere in giudizio senza essere a tanto autorizzato dall'assemblea( Cass. n. 22294/2004).

D'altra parte, l'amministratore del condominio, nelle materie che esorbitano dalle sue attribuzioni, può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione ( Cass. n. 18331/2010)" (Cass. 7 febbraio 2014 n. 2859).

Il richiamo a quest'ultima sentenza citata nella n. 2859, quella delle Sezioni Unite del 2010, è ormai diventato sempre di più ragione per escludere la regolarità di molte costituzioni in giudizio da parte dei condominii.

In questo contesto, specificano da piazza Cavour, poiché la causa "ha a oggetto il risarcimento dei danni derivanti dalle cose comuni, si rendeva necessaria l'autorizzazione dell'assemblea che avrebbe dovuto deliberare circa le determinazioni da assumere sulla lite instaurata contro il Condominio" (Cass. 7 febbraio 2014 n. 2859).

Si tratta di una pronuncia che non ha precedenti simili, insomma una novità; se da un lato è vero che a fronte di una domanda risarcitoria il condominio potrebbe essere intenzionato a soddisfarla senza procedere alla causa, dall'altro non può sottacersi che molto spesso azioni risarcitorie del genere sono connesse all'accertamento della causa del danno; e l'accertamento delle responsabilità - per danni subiti dalle parti comuni o per danni da essere provenienti (ossia, tanto in senso di azione giudiziale attiva, quanto nel senso di resistenza nel giudizio) - è da sempre stata considerata annoverabile tra gli atti conservativi.

Di conseguenza, rispetto a queste azioni, l'amministratore ai sensi degli artt. 1130-1131 c.c. ha il potere di stare in giudizio senza necessità di autorizzazione assembleare (cfr. Cass. SS.UU. n. 18331-2/2010).

Insomma quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 2859 parrebbe porsi in contrasto con i principi espressi in passato dallo stesso Supremo Collegio. Se si tratta d'una pronuncia che resterà isolata, questo ce lo dirà solo il tempo.

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