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Compra l'auto ma è troppo grande per il parcheggio: il condomino non può chiedere la riassegnazione dei posti

L'auto non entra nel parcheggio? il condomino non può chiedere la riassegnazione dei posti.
Avv. Alessandro Gallucci 

Chissà in quanti comprata un auto più voluminosa hanno dovuto fare l’amara scoperta che il proprio posto auto era troppo piccolo per il nuovo acquisto. Se si tratta di box auto poco è il male: ad ognuno, salvo alterazione significativa del decoro dell’edificio o divieto del regolamento, è consentito allargare la basculante d’ingresso per utilizzare quell’unità immobiliare.

Diverso il caso delle autorimesse aperte nelle quali, magari, l’assemblea ha provveduto ad assegnare un posto auto per ogni singolo condomino.

In tal caso quest’operazione, perfettamente legittima ai sensi degli artt. 1135, 1138 c.c. – vale a dire in virtù della generale competenza dell’assise sulla gestione delle parti comuni e in ragione dell’obbligo di disciplinare la modalità d’uso delle cose comuni contenuto nel regolamento condominiale – non può subire variazioni esterne per ragioni che nulla hanno a che vedere con variazioni obiettive di determinate condizioni fattuali oggettive.

Detta diversamente: il fatto che siano mutate le esigenze del singolo non è condizione sufficiente per chiedere per via giudiziale una diversa determinazione della modalità d’uso delle cose comuni.

Ciò tanto se l’assemblea non abbia provveduto a regolamentare l’uso tanto se l’abbia fatto.

Queste, in sintesi le conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15203 dello scorso 11 luglio.

Nel caso di specie un condomino dopo aver acquistato una nuova autovettura, constatando la difficoltà d’utilizzo dell’autorimessa comune, chiedeva al giudice di disciplinare l’utilizzazione di quello spazio. Il condominio si opponeva asserendo la le modalità d’uso era previste da una deliberazione assembleare. Tanto in primo quanto in secondo grado l’attore soccombeva.

Da qui la decisione del ricorso per Cassazione. Gli ermellini hanno dato nuovamente torto al comproprietario.

Nel ritenere legittima la sentenza impugnata i giudici di legittimità hanno affermato che “ in materia di comunione, l’art. 1102 c.c. fonda il criterio in base al quale l'uso della res communis avviene, di regola e finché ciò sia possibile e ragionevole, in maniera promiscua, di guisa che ciascun partecipante ha il diritto di utilizzare il bene come può, e non già in qualunque modo voglia, dato il duplice limite derivante dal rispetto della destinazione della cosa e della pari facoltà di godimento spettante agli altri comunisti.

Pertanto, ove il godimento pregresso, sia esso promiscuo o regolamentato in via autonoma tramite delibera dell'assemblea dei condomini adottata a maggioranza (come ritiene possibile la costante giurisprudenza di questa Corte: cfr. Cass. nn. 4131/01, 10248/03, 13763/04, 8528/94, 6010/84 e 312/82), non sia più possibile per taluno soltanto dei partecipanti, a causa del mutamento puramente elettivo delle sue condizioni personali, questi non può esigere potestativamente nei confronti degli altri una diversa modalità di utilizzazione della cosa comune, in senso turnario ovvero mediante altre soluzioni che impegnino ulteriori e/o differenti parti oggetto di comunione, sia perché il godimento promiscuo è per sua natura modale, di talché il singolo condomino ha l'onere di conformare ai limiti anche quantitativi del bene le proprie aspettative di utilizzo, sia in quanto differenti opzioni di godimento comune possono essere realizzate in via autonoma, ma non già imposte tramite l'intervento eteronomo del giudice, che nello specifico dispone soltanto di poteri interdittivi” (Cass. 11 luglio 2011 n. 15203).

Resta salvo, a nostro parere, il caso del preminente interesse sociale del mutamento delle condizioni personali d’uso (es. portatori d’handicap).

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