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L'assegnazione della casa coniugale ed il comodato di immobile

L'assegnazione della casa coniugale ad un coniuge, in seguito alla separazione.
Luigi Modaffari 

Con una recente sentenza la Corte di Cassazione, in ottemperanza ad un orientamento che sembrava superato da una peraltro recente pronuncia delle Sezioni Unite, ha statuito che “ i suoceri possono chiedere alla nuora la restituzione della casa concessa in comodato a lei e al figlio, e adibita ad abitazione familiare, anche se dopo la separazione l'immobile è stato assegnato alla donna affidataria dei figli.

Ciò in quanto la fattispecie integra il cosiddetto comodato precario, caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del vincolo è rimesso in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà di manifestarla con la semplice richiesta di restituzione del bene, senza che la circostanza che l'immobile sia stato adibito a uso familiare e sia stato assegnato, in sede di separazione tra coniugi, all'affidatario dei figli” (Cass. Civ. Sez. III – Sent. 7 luglio 2010 n. 15986)

Innanzitutto, per cercare di comprenderne il significato e la rilevanza, è necessario definire il contratto di comodato. Detta fattispecie è regolata dall'art. 1803 c.c.. Tale disposizione, al I comma, prescrive che il comodato è il contratto col quale una parte consegna all'altra un bene mobile o immobile, affinchè se ne serva per un tempo o un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.

Il II comma del medesimo articolo specifica che il comodato è un negozio essenzialmente gratuito.

Il comodato è contratto reale e si perfeziona con la traditio, cioè con la consegna della cosa.

Lo stesso negozio assume carattere obbligatorio, nel senso che il comodatario acquista solo ed esclusivamente un diritto personale, in quanto non vi è mai il trasferimento della proprietà del bene concesso in uso.

Poi, il comodato è caratterizzato dalla unilateralità, ovvero dal fatto per cui detto negozio sia connotato in genere dalla sussistenza di una obbligazione solo a carico di una della parti, cioè del comodatario, il quale è tenuto a restituire il bene che ha in godimento.

Infine, la fattispecie de qua non necessita di forma scritta nemmeno quando riguardi beni immobili.

Generalmente si ritiene che il negozio suddetto trovi la sua causa nel rapporto di cortesia e fiducia esistente tra le parti o nella volontà a sopperire ad un’esigenza altrui.

Come riportato sopra, uno degli elementi essenziali del comodato ex art 1803 II comma, sembrerebbe essere la gratuità. Infatti la previsione di un corrispettivo sarebbe incompatibile con lo schema tipico del comodato, che, come ho detto, si basa sulla fiducia, sulla cortesia o su una esigenza temporanea del comodatario.

Tuttavia, la natura e la causa del negozio de quo non vengono meno nel caso in cui i contraenti si accordino per imporre un onere a carico del comodatario stesso.

Infatti, il carattere essenzialmente gratuito del comodato non viene meno per l'apposizione a carico del comodatario di un modus, di un onere, purchè esso non sia di consistenza tale da snaturare il rapporto de quo (Ex Multis: Cass. Civ. Sent. n. 485 del 2003).

In altre parole, è necessario che tale modus non si ponga come corrispettivo del godimento della cosa ed assuma così la natura di una controprestazione.

Inoltre, l'elemento della gratuità o della onerosità del contratto in esame deve valutarsi avuto riguardo alla causa del contratto stesso, intesa come funzione economico-sociale che il contratto medesimo è destinato obbiettivamente ad adempiere.

Quanto all'assegnazione della casa coniugale, nell'ambito del giudizio di separazione dei coniugi, sia consensuale che contenziosa, questo è un provvedimento che il giudice può adottare per tutelare l'interesse dei figli minori a conservare l'habitat familiare, inteso come il centro degli affetti e delle consuetudini in cui si è espressa la vita della famiglia.

D'altro canto, salvo casi eccezionali, in mancanza di figli minori, ben difficilmente viene adottato per soddisfare le esigenze dell'altro coniuge economicamente debole.

La legge prevede poi che dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori. Tale assegnazione, poi, incide in maniera rilevante sugli assetti economici del divorzio.

Il giudice dunque, nel liquidare gli assegni di mantenimento per i figli e/o per l'altro coniuge, deve tenere conto del fatto che, se l'obbligato al pagamento di tali assegni è solitamente il coniuge estromesso dalla casa coniugale, questi dovrà affrontare anche le spese per la propria sistemazione abitativa.

Infine, il coniuge estromesso dall'abitazione coniugale non perde la titolarità dei suoi diritti sulla casa in seguito al provvedimento di assegnazione: rimane proprietario o comproprietario dell'immobile.

Egli perde, invece, le facoltà di abitare e di disporre materialmente della casa, perché il provvedimento di assegnazione crea un diritto di godimento a favore del coniuge assegnatario.

Tornando alla pronuncia in epigrafe, questa riprende l'orientamento meno recente e più risalente per cui la disciplina dell'immobile dato in comodato è prevalente rispetto all'assegnazione della casa coniugale.

Pertanto, anche se la abitazione coniugale sia stata assegnata alla moglie ed ai figli, il comodante più chiederne per iscritto, ed ottenere, la restituzione in qualsiasi momento.

In tal senso, per esempio alcune pronunce di merito: “ Quando l'immobile adibito a casa familiare sia concesso ai coniugi in comodato precario, il provvedimento giudiziale di assegnazione in sede di separazione coniugale ex art. 155, comma 4, c.c., determina la successione del coniuge assegnatario nel rapporto di comodato, ma non modifica i termini originari del rapporto e, in particolare, non esclude il diritto del comodante di recedere "ad nutum" dallo stesso” (Trib. Cagliari, 14/12/1999). “A nulla rileva l'opposizione del provvedimento dell'assegnazione della casa coniugale al comodante dell'immobile che ne richieda la restituzione all'assegnatario posto che l'utilizzo dell'immobile è regolato dalle norme su comodato, da ritenersi prevalenti” (Trib. Palermo, 13/06/2003)

Infine, sulla medesima linea la Cassazione che aveva statuito,a d esempio “ poichè l'assegnazione della casa coniugale ad un coniuge, in seguito alla separazione, non fa venir meno, in analogia a quanto dispone l'art. 6 l. 27 luglio 1978 n. 392, il contratto di comodato, l'applicazione della relativa disciplina permane e pertanto, se un genitore concede un immobile in comodato per l'abitazione della costituenda famiglia non è obbligato al rimborso delle spese, non necessarie nè urgenti, sostenute da un coniuge durante la convivenza familiare per la migliore sistemazione dell'abitazione coniugale” (Cass. civ., Sez.

III, 04/03/1998, n.2407) D'altro canto, in forza dell'orientamento opposto, l'assegnazione della casa coniugale avrebbe dovuto prevalere sul contratto di comodato.

Pertanto, il comodante avrebbe potuto riottenere la casa solo in presenza di un sopravvenuto urgente ed imprevisto bisogno, ai sensi dell'art. 1809 c.c., secondo comma.

Infatti, “ Quando il provvedimento di assegnazione della casa familiare, in seno alla separazione personale dei coniugi, si renda opponibile e quando - in questo caso - l'alloggio fosse utilizzato dai coniugi stessi in virtù di un comodato senza predeterminazione di un termine finale, la durata dell'utilizzazione dell'immobile è governata dalla disciplina fissata nel provvedimento giudiziale di assegnazione e non da quella propria del rapporto originario di comodato” (Cass. civ., Sez. I, 10/12/1996, n.10977)

D'altro canto, la Cassazione a Sezioni Unite, aveva risolto il conflitto dì pronunce con una sentenza a Sezioni Unite del 2004: “ Quando un terzo (nella specie: il genitore di uno dei coniugi) abbia concesso in comodato un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento - pronunciato nel giudizio di separazione o di divorzio - di assegnazione in favore del coniuge (nella specie: la nuora del comodante) affidatario di figli minorenni o convivente con figlio maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, non modifica né la natura né il contenuto del titolo di godimento sull'immobile, atteso che l'ordinamento non stabilisce una "funzionalizzazione assoluta" del diritto di proprietà del terzo a tutela di diritti che hanno radice nella solidarietà coniugale o postconiugale, con il conseguente ampliamento della posizione giuridica del coniuge assegnatario.

Infatti, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa, idoneo ad escludere uno dei coniugi dalla utilizzazione in atto e a "concentrare" il godimento del bene in favore della persona dell'assegnatario, resta regolato dalla disciplina del comodato negli stessi limiti che segnavano il godimento da parte della comunità domestica nella fase fisiologica della vita matrimoniale.

Di conseguenza, ove il comodato sia stato convenzionalmente stabilito a termine indeterminato (diversamente da quello nel quale sia stato espressamente ed univocamente stabilito un termine finale), il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l'uso previsto nel contratto, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell'art. 1809 c.c., secondo comma” (Cass. civ., Sez. Unite, 21/07/2004, n.13603).

Tuttavia, alla luce della Sentenza della Cassazione del 7 luglio 2010 n. 15986 la questione sembra essere tutt'altro che chiusa e risolta.

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