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Azione per gravi difetti. L'amministratore di condominio «salta» la preventiva autorizzazione assembleare

Anche il venditore risponde dei gravi difetti dell'immobile.
Dott.ssa Marta Jerovante - Consulente Giuridico 

La sicurezza prima di tutto. Non serve l'autorizzazione preventiva dell'assemblea per agire contro i difetti dell'opera.

La legittimazione ad processum dell'amministratore: l'azione ex art. 1669 quale atto conservativo In virtù del combinato disposto degli artt. 1131, comma 1, e l'art, 1130, n. 4, c.c., l'amministratore ha il potere di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio (art. 1130, n. 4, c.c.): detta facoltà di agire in giudizio è completamente svincolata da una (preventiva) autorizzazione assembleare e costituisce un potere autonomo dell'amministratore, da quest'ultimo direttamente esercitabile.

Considerando inoltre che la disposizione dell'art. 1130, n. 4, c.c. viene pacificamente interpretata nel senso che l'amministratore sia legittimato a porre in esseretutti gli atti idonei a conservare l'esistenza delle parti comuni, si è giunti a ricomprendere nella categoria degli atti conservativi anche l'azione ex art. 1669 c.c., qualificata come autonoma facoltà dell'amministratore (Cass. civ., 31 marzo 2011, n. 7470).

L'ammissibilità della legittimazione processuale dell'amministratore ad agire in forza dell'art. 1669 c.c., allorché i difetti di costruzione riguardino l'intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti, è stata espressamente riconosciuta in considerazione del fatto che, in tale ipotesi, «si verifica una causa comune di danno che abilita alternativamente l'amministratore del condominio o i singoli condomini ad agire per il consolidamento dell'intero stabile, senza che possa farsi distinzione fra parti comuni e singoli appartamenti o parti di esso soltanto» (Cass. civ., 18 febbraio 1980, n. 1178).

Il venditore può essere responsabile per i gravi difetti dell'immobile anche se non è il costruttore

Gravi difetti costruttivi: tra venditore e costruttore a volte c'è differenza

Il caso Nella fattispecie giunta all'esame della Corte di legittimità, un Condominio aveva originariamente convenuto in giudizio la società venditrice-costruttrice dello stabile condominiale, per ottenerne la condanna all'eliminazione di gravi difetti costruttivi dell'edificio medesimo ex art. 1669 c.c.

La società convenuta aveva preliminarmente eccepito il difetto di legittimazione attiva dell'amministratore condominiale, poiché, nel caso di specie, l'azione esercitata non si sarebbe potuta qualificare come un intervento di tutela conservativa dell'edificio comune; e aveva altresì negato la propria responsabilità, dal momento che si era limitata a vendere le singole unità immobiliari, la cui realizzazione era stata affidata in appalto ad un soggetto terzo.

Il Tribunale aveva accolto l'istanza del Condominio; anche il giudice di seconde cure aveva confermato la condanna della società ad eliminare i gravi difetti accertati in sede di CTU.

La Corte d'appello, in particolare, aveva dichiarato sussistente la legittimazione processuale attiva dell'amministratore in virtù di una delibera assembleare di autorizzazione, che, sebbene non nuovamente acquisita agli atti del giudizio di secondo grado, era stata «pacificamente adottata dall'assemblea condominiale» e, ad ogni modo, non impugnata.

Inoltre, il giudice dell'appello aveva accertato un'ulteriore circostanza: come attestato dal Comune, il Condominio aveva provveduto a cedere al medesimo alcune aree da asservire ad uso pubblico, in adempimento a quanto previsto sia nella convenzione di lottizzazione stipulata tra il Comune e la società venditrice sia nell'accordo successivamente concluso - a distanza di quasi dieci anni - tra quest'ultima ed il Condominio.

La decisione La Corte di legittimità ha confermato la correttezza dell'impianto argomentativo della sentenza d'appello, giudicando infondati tutti i motivi di doglianza articolati dalla società ricorrente: ha in primo luogo giudicato corretta la riconduzione della fattispecie alla previsione dell'art. 1669 c.c., coerentemente al consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale «l'azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall'art. 1669 c.c., può essere esercitata non solo dal committente contro l'appaltatore, ma anche dall'acquirente contro il venditore che abbia costruito l'immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell'opera, e sempre che si tratti di gravi difetti, i quali, al di fuori dell'ipotesi di rovina o di evidente pencolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell'edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l'abitabilità del medesimo (Cass. nn. 2238/12, 8140/04, 4622/02, 9853/98, 3146/98, 9313/97 e 8109/97)» (Cass. civ., 19 aprile 2017, n. 9911).

Si rammenta, al riguardo, che l'orientamento nettamente dominante in giurisprudenza ritiene che l'art. 1669 c.c. configuri un'ipotesi di responsabilità aquiliana: ebbene, l'accoglimento della tesi della natura extracontrattuale di detta responsabilità, svincolando l'azione dall'esistenza di un contratto di appalto, finisce per comportare una dilatazione della nozione di appaltatore, fino a ricomprendere altre figure, quali il costruttore - inteso quale soggetto che, in virtù di un qualsiasi rapporto giuridico, abbia proceduto all'edificazione sotto la propria responsabilità -, il costruttore-venditore, che costruisce nel proprio interesse per vendere successivamente, il progettista, il direttore dei lavori.

Nel caso di specie, rileva la Suprema Corte, la società ricorrente aveva chiaramente affermato «di aver venduto ai singoli condomini le unità immobiliari dell'unico edificio la cui costruzione essa, in qualità di proprietaria del terreno, affidò in appalto ad un terzo».

Da detto inquadramento giuridico, discende dunque la legittimazione dell'amministratore condominiale ad agire ex art. 1669 c.c. «a prescindere dall'esistenza, dalla prova e dal quorum della delibera di autorizzazione a proporre la domanda giudiziale»: anche «senza preventiva autorizzazione da parte dell'assemblea condominiale (Cass. nn. 17484/06, 12231/02, 3304/00 e 8294/99)», l'amministratore può infatti proporre l'azione diretta a rimuovere i gravi difetti di costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza dell'edificio condominiale (Cass. civ., n. 9911/2017.

Si segnala altresì Cass. civ., 23 marzo 1995, n. 3366, secondo cui «La responsabilità del costruttore per gravi difetti ai sensi dell'art. 1669 c.c. […] può essere richiesta dall'amministratore del condominio anche per i singoli appartamenti, interpretando estensivamente la disposizione dell'art. 1130 n. 4 c.c., nel senso che atti conservativi sono anche quelli diretti a salvaguardare i diritti concernenti l'edificio condominiale unitariamente considerato»).

Così ricostruita la vicenda, appare del tutto priva di pregio la censura mossa dalla società ricorrente circa un presunto inadempimento del Condominio agli obblighi derivanti dall'accordo concluso tra il medesimo e la società: pur prescindendo dalle differenti posizioni che si registrano in materia di natura della responsabilità per l'appalto immobiliare, e che vedono, da un lato, la giurisprudenza nettamente dominante assegnare alla responsabilità derivante dall'art. 1669 c.c. natura aquiliana o extracontrattuale, dall'altro, la dottrina prevalente riconoscervi una fattispecie di responsabilità contrattuale, «la responsabilità per gravi difetti dell'opera non è inquadrabile entro un nesso di corrispettività tra le prestazioni, per cui la relativa azione non è paralizzata dall'eccezione d'inadempimento relativa ad un (diverso) rapporto», concludono i giudici di legittimità.

Ad ogni modo - precisa la Cassazione -, si tratterebbe di un accertamento di fatto precluso in sede di legittimità in relazione alle obiezioni di solo merito mosse dalla ricorrente.

Il difetto di legittimazione attiva dell'amministratore in materia di azioni risarcitorie

Si segnala in conclusione l'orientamento che nega che la legittimazione di cui si è appena detto possa però estendersi anche alla proposizione, senza alcun mandato rappresentativo da parte dei singoli condomini, delle azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente pecuniario, relative ai danni subiti dai singoli condomini nei rispettivi immobili di proprietà esclusiva: si tratta, in tal caso, di «diritti di credito ben distinti e individuabili, la cui tutela, chiaramente eccedente le suddette finalità conservative, compete elusivamente ai rispettivi interessati» (Cass. civ., 8 novembre 2010, n. 22656). Ancora, più di recente, si è ribadito che «In tema di condominio, la legittimazione dell'amministratore derivante dall'art. 1130, comma 1, n. 4, c.c. - a compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio - gli consente di promuovere azione di responsabilità, ai sensi dell'art. 1669 c.c. nei confronti del costruttore a tutela dell'edificio nella sua unitarietà, ma non di proporre, in difetto di mandato rappresentativo dei singoli condomini, delle azioni risarcitorie per i danni subiti nelle unità immobiliari di loro proprietà esclusiva» (Cass. civ., 12 gennaio 2015, n. 217).

Detto indirizzo interpretativo ha trovato conferma anche in sede di merito, nell'ambito di una controversia promossa da un Condominio, nella persona dell'amministratore pro tempore, contro l'impresa venditrice-costruttrice e il direttore dei lavori, perché fosse accertata e dichiarata la presenza di gravi vizi dell'immobile e, di conseguenza, perché i convenuti fossero condannati in solido al risarcimento dei danni per equivalente.

Entrambi i convenuti si erano costituiti in giudizio: il direttore dei lavori contestava, tra le altre censure, il difetto di legittimazione attiva dell'amministratore di condominio per i danni subiti dalle parti private; la società eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva - poiché la stessa si sarebbe limitata a vendere l'immobile -, nonché l'intervenuta prescrizione dell'azione esercitata dal condominio e l'infondatezza della stessa per carenza del requisito della gravità dei difetti.

Il giudice di merito, nel confermare il riferito indirizzo interpretativo, ha escluso l'ammissibilità dell'azione risarcitoria relativamente ai danni subiti dalle parti private poiché non era in alcun modo emerso il conferimento di un simile incarico al procuratore del condominio (Trib. Rimini, 23 settembre 2015).

Peraltro, nella sentenza da ultimo citata, il Tribunale ha avuto modo di pronunciarsi anche in materia di legittimazione passiva della società venditrice convenuta: nell'affermarne la sussistenza, il giudice ha infatti ricordato che «L'azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall'art. 1669 cod. civ., può essere esercitata anche dall'acquirente nei confronti del venditore che risulti fornito della competenza tecnica per dare direttamente, o tramite il proprio direttore dei lavori, indicazioni specifiche all'appaltatore esecutore dell'opera, gravando sul medesimo venditore l'onere di provare di non aver avuto alcun potere di direttiva o di controllo sull'impresa appaltatrice, così da superare la presunzione di addebitabilità dell'evento dannoso ad una propria condotta colposa, anche eventualmente omissiva (Cass., sez. 2, Sentenza n. 9370 del 17/04/2013)».

Nel caso specifico, il Tribunale aveva infatti accertato che «la società venditrice […] non solo prestava le "garanzie del costruttore", ma affermava che "l'edificazione era stata eseguita a sue cure e spese e nell'esercizio della propria attività d'impresa", avendo inoltre in questa sede ammesso di aver essa affidato l'incarico professionale di progettazione e d.l. all'Arch. XX, il che è segno non equivoco di un potere direttivo e di controllo sull'esecuzione dell'opera».

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione ordinanza 9911, sezione Seconda del 19-04-2017
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