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Norma UNI 10200:2016 (sì, 2016 ... )

Carissimi,

 

vista la fase in cui si trova la norma UNI 10200 con il possibile rilascio di una versione 2016 nel corso di quest'anno, che accade per tutti coloro che si siano già allineati alla norma nell'attuale versione?

 

Il dubbio mi viene dal dlgs dove si parla di "norma tecnica UNI 10200 e successivi aggiornamenti".

 

Grazie

Non hai capito si prcede per prova di errori. Si fa, si sbaglia poi ci si mette una pezza.Non è previsto che si possano avere orizzonti così lontani. L'italicum non è una legge elettorale, è il nostro modus operandi....

Carissimi,

 

vista la fase in cui si trova la norma UNI 10200 con il possibile rilascio di una versione 2016 nel corso di quest'anno, che accade per tutti coloro che si siano già allineati alla norma nell'attuale versione?

 

Il dubbio mi viene dal dlgs dove si parla di "norma tecnica UNI 10200 e successivi aggiornamenti".

 

Grazie

Scusa, potresti postare l'articolo esatto che citi?

Grazie

Cosi' poi richiamiamo il termotecnico, rifacciamo i calcoli e cosi' di seguito , questo

ogni anno....

Scusa, potresti postare l'articolo esatto che citi?

Grazie

Si, ci sarà una versione 2016 della UNI 10200, che però non modificherà il metodo di riparto (il dlgs 102/14 all'articolo 9 consente solo aggiornamenti della 10200, non modifiche sostanziali). Corregge refusi, errori vari e regola situazioni non contemplate nella versione precedente (ad esempio le case con basso tasso di utilizzo, tipicamente le seconde case).

Ciò che è stato fatto resta valido, primo perché non cambia nulla e secondo perché fatto secondo la norma vigente in quel momento.

Si, ci sarà una versione 2016 della UNI 10200, che però non modificherà il metodo di riparto (il dlgs 102/14 all'articolo 9 consente solo aggiornamenti della 10200, non modifiche sostanziali). Corregge refusi, errori vari e regola situazioni non contemplate nella versione precedente (ad esempio le case con basso tasso di utilizzo, tipicamente le seconde case).

Ciò che è stato fatto resta valido, primo perché non cambia nulla e secondo perché fatto secondo la norma vigente in quel momento.

Ma il calcolo dei nuovi millesimi di fabbisogno va fatto tenendo conto dello stato ORIGINARIO o dello stato ATTUALE dell'edificio?

🤔

Originario. Senza tenere conto di modifiche post edificazione.

Tranne importanti modifiche di coibentazione. Ad es. il cappotto.

Si, ci sarà una versione 2016 della UNI 10200, che però non modificherà il metodo di riparto (il dlgs 102/14 all'articolo 9 consente solo aggiornamenti della 10200, non modifiche sostanziali). Corregge refusi, errori vari e regola situazioni non contemplate nella versione precedente (ad esempio le case con basso tasso di utilizzo, tipicamente le seconde case).

Ciò che è stato fatto resta valido, primo perché non cambia nulla e secondo perché fatto secondo la norma vigente in quel momento.

Grazie per il chiarimento!

Originario. Senza tenere conto di modifiche post edificazione.
Tranne importanti modifiche di coibentazione. Ad es. il cappotto.

Quindi, non c'è differenza se uno ha dei nuovi infissi col triplo vetro e un'altro ha gli infissi originali, magari vecchi di 50 anni?

Ma il calcolo dei nuovi millesimi di fabbisogno va fatto tenendo conto dello stato ORIGINARIO o dello stato ATTUALE dell'edificio?

🤔

Il professionista termotecnico deve eseguire il calcolo tenendo in conto lo stato dell'edificio al momento del sopralluogo. Ciò è stato chiarito di recente perché non avrebbe senso considerare lo stato originario (ad esempio potrebbe essere stato isolato il solaio e ciò cambia il calcolo dei millesimi).

Buongiorno Brunata, ho sempre fatto l'errore di voler capire le cose, ma ahimè il senso di delusione ed incapacità è sempre più frequente .

Le chiedo gentilmente di aiutarmi .

Perchè sostiene avrebbe più senso prevedere tabelle che dividono i costi dei consumi involontari secondo il fabbisogno termico attuale dei singoli alloggi?

Mi permetta un breve ragionamento:

1) I consumi involontari costituiscono prevalentemente le perdite di distribuzione.

2) Il fabbisogno termico del singolo appartamento non incide sulla variazione delle perdite.

3) Una diminuzione dei consumi complessivi non incide significativamente sulla diminuzione delle perdite che anzi, percentualmente, hanno un andamento inversamente proporzionale ai consumi .

Se poi mi dice che anche questa scelta è motivata dall'esigenza di spingere ad una maggior efficienza e costringere ad isolare gli appartamenti più energivori ..... allora ..........

Rimango della mia idea: spreco condiviso = spese condivise.

Grazie, saluti

Non siamo noi a sostenere questa cosa. Inizialmente la norma prevedeva che si tenesse in considerazione lo stato originario dell'edificio. Dopo di che questo approccio è sembrato poco sensato: non posso fare nel 2016 un progetto di contabilizzazione e termoregolazione considerando lo stato dell'edificio quando è stato costruito negli anni 60. In questi ultimi cinquant'anni infatti l'edificio avrebbe potuto subire sostanziali modifiche, come ad esempio il montaggio dei doppi vetri, il cappotto termico, l'isolamento del solaio o del piano piloti. È sembrato quindi più ragionevole al comitato termotecnico raccomandare di considerare lo stato dell'edificio al momento del sopralluogo per il progetto. Si fa presente che modifiche individuali delle proprietà private non generano automaticamente una modifica ai millesimi di fabbisogno energetico.

Il professionista termotecnico deve eseguire il calcolo tenendo in conto lo stato dell'edificio al momento del sopralluogo. Ciò è stato chiarito di recente perché non avrebbe senso considerare lo stato originario (ad esempio potrebbe essere stato isolato il solaio e ciò cambia il calcolo dei millesimi).

Mi scusi, ma è una modifica alla 10200 già operativa e obbligatoria? Glielo chiedo perchè lei scrive di "raccomandazione". Ciò porta a credere che nelle more della variazione ufficiale il tecnico abbia facoltà di scelta. Personalmente, vedo però tecnici che preferiscono l'originario. Sarà perchè evita il sopralluogo e le rotture dei proprietari, e consente di contenere i costi ed essere concorrenziali rispetto a chi si fa i sopralluoghi....?

@salpa65: premetto che nella vita faccio altro e non ho la sua competenza. Però, vorrei dire due cose riguardo il punto 2:

Il fabbisogno termico a mio avviso incide. Se chi vi abita spinge oltre i 20°, provoca più perdite. Ma non è giusto che continui a pagarle come se rimanesse a 20°. Incide perchè è un limite. Ma come tanti altri limiti di questo Paese, ancora si deve capire come farlo rispettare.

 

Lo spreco va diviso in due come il consumo. Ovvero c'è l'involontario "volontario e non". Nel senso che è involontario quando si tiene a 20° di legge per vivere. Volontario quando si vuole di più. E in questo ultimo caso non può essere condivisibile affatto.

Mi scusi, ma è una modifica alla 10200 già operativa e obbligatoria? Glielo chiedo perchè lei scrive di "raccomandazione". Ciò porta a credere che nelle more della variazione ufficiale il tecnico abbia facoltà di scelta. Personalmente, vedo però tecnici che preferiscono l'originario. Sarà perchè evita il sopralluogo e le rotture dei proprietari, e consente di contenere i costi ed essere concorrenziali rispetto a chi si fa i sopralluoghi....?

Diciamo che non è mai stato chiarito al 100% e che lo sarà presto, probabilmente con la versione 2016 della 10200 oppure già sulle FAQ del sito del CTI (consultabile). Ciò ha generato nei mesi scorsi interpretazioni diverse. Ma dato che il progettista è un professionista che risponde di ciò che firma, la responsabilità è sua.

Appare comunque logico calcolare il reale fabbisogno energetico sulla base dello stato di fatto che il progettista trova quando si reca presso l'edificio: che senso avrebbe assegnare il doppio dei millesimi all'unità immobiliare dell'ultimo piano solo perché, decenni prima in fase di costruzione, il solaio comune (ad esempio) non era coibentato? Se nel corso degli anni il sottotetto è stato isolato, allora oggi il progettista deve tenerne conto perché questa è una modifica sostanziale alle parti comuni che incide sulla suddivisione dei millesimi di fabbisogno.

Diciamo che non è mai stato chiarito al 100% e che lo sarà presto, probabilmente con la versione 2016 della 10200 oppure già sulle FAQ del sito del CTI (consultabile). Ciò ha generato nei mesi scorsi interpretazioni diverse. Ma dato che il progettista è un professionista che risponde di ciò che firma, la responsabilità è sua.

Appare comunque logico calcolare il reale fabbisogno energetico sulla base dello stato di fatto che il progettista trova quando si reca presso l'edificio: che senso avrebbe assegnare il doppio dei millesimi all'unità immobiliare dell'ultimo piano solo perché, decenni prima in fase di costruzione, il solaio comune (ad esempio) non era coibentato? Se nel corso degli anni il sottotetto è stato isolato, allora oggi il progettista deve tenerne conto perché questa è una modifica sostanziale alle parti comuni che incide sulla suddivisione dei millesimi di fabbisogno.

Chiedo scusa , ma il punto è :

Il diverso fabbisogno termico incide necessariamente secondo lei sulle perdite di distribuzione e conseguentemente sui consumi involontari?

Se essi risultano indipendenti dal fabbisogno termico , mi spiega secondo quale logica dovrebbero essere ripartiti in funzione di quest'ultimi?

Chiedo scusa , ma il punto è :

Il diverso fabbisogno termico incide necessariamente secondo lei sulle perdite di distribuzione e conseguentemente sui consumi involontari?

Se essi risultano indipendenti dal fabbisogno termico , mi spiega secondo quale logica dovrebbero essere ripartiti in funzione di quest'ultimi?

Certamente il fabbisogno delle unità immobiliari dipende dallo stato dell'edificio e dal grado di isolamento! Se ho un sottotetto non coibentato, per portare ai 20°C di legge anche gli appartamenti dell'ultimo piano dovrò fornire maggiore energia, pertanto le perdite di rete aumentano. Proprio questo è il motivo per cui la componente involontaria (che comprende anche le perdite) viene suddivisa secondo i millesimi di fabbisogno energetico delle singole unità immobiliari.

Se il solaio viene coibentato, il fabbisogno delle unità all'ultimo piano è minore.

In altri post abbiamo fatto l'esempio delle spese per l'ascensore: chi vive al settimo piano in proporzione paga di più, perché il suo "fabbisogno" è maggiore (cioè l'energia elettrica per portare la cabina dal piano terra al settimo piano). Poco importa che il condòmino del settimo piano dichiari di salire e scendere a piedi: si tratta dell'utilizzo potenziale che si fa della cosa comune.

Mi consenta dissentire, questa sua conclusione legherebbe consumi a perdite; cosa che non si manifesta quando si chiudono le valvole e le perdite continuano a manifestarsi. Potrei essere con lei d'accordo se per garantire la temperatura minima in quegli appartamenti fossi costretto ad aumentare la temperatura di lavoro. Solitamente così non è.

Mi consenta dissentire, questa sua conclusione legherebbe consumi a perdite; cosa che non si manifesta quando si chiudono le valvole e le perdite continuano a manifestarsi. Potrei essere con lei d'accordo se per garantire la temperatura minima in quegli appartamenti fossi costretto ad aumentare la temperatura di lavoro. Solitamente così non è.

Non sta dissentendo con noi, ma con il legislatore, con il normatore (UNI e CTI), con tutti i progettisti termotecnici e con la fisica.

 

La definizione data dalla 10200 è (dal 2013) la seguente:

millesimi di fabbisogno di energia termica utile delle singole unità immobiliari.

 

I millesimi si calcolano a priori secondo il principio che abbiamo diffusamente illustrato (norma base: UNI TS 11300). A seconda del tipo di edificio/coibentazione ecc., ogni appartamento si vede assegnati tot millesimi. Le valvole chiuse o aperte aumentano o diminuiscono la componente volontaria, basata sulle letture dei ripartitori.

 

Esempio grossolano:

Tre piani, un appartamento per piano.

Al 1° piano vengono assegnati 300 millesimi, al secondo 200, al terzo 500.

La caldaia genera 10.000 kWh il primo inverno. Il progettista ha stabilito che le dispersioni di quell'edificio sono il 30% dell'energia prodotta. Quindi nel primo inverno le dispersioni sono 3.000 kWh, da suddividere secondo i millesimi citati.

Secondo inverno: gli utenti hanno usato bene le valvole e la caldaia ha dovuto generare solo 8.000 kWh (consumo totale del condominio). I millesimi di fabbisogno non cambiano (!) e ovviamente anche le perdite sono sempre il 30% della produzione totale (cioè il 30% di 8.000 kWh = 2.400 kWh).

Ma in questo caso la parte "fissa" di tutti e tre scende perché il totale è sceso.

 

Nota: in edifici molto alti o molto estesi, senza termoregolazione la soluzione è sempre stata quella di aumentare la temperatura di mandata, aumentando enormemente gli sprechi senza risolvere il problema degli alloggi lontani dalla centrale termica. Con la termoregolazione (e impianto bilanciato) la soluzione migliora enormemente.

Se ho capito bene il legislatore ha passato la patata bollente ad altri , questi altri hanno detto di fare in un modo poi in un altro, poi lei dice che il professionista decide e se ne assume le responsabilità. Siamo alle solite.....Nell'esempio da Lei fatto c'è un errore grossolano viene prospettata una proporzionalità tra consumi e perdite palesemente in contrasto con la realtà ( a consumi 0 dovrebbero corrispondere perdite 0). In Fisica , quella che io comprendo, le teorie che governano i processi non hanno bisogno di aggiustamenti interpretazioni od altro . Le dico inoltre che trovarmi a dissentire con professionisti , normatori e legislatore mi lusinga profondamente

Se per assurdo tutte le valvole di un condominio fossero chiuse dal primo giorno all'ultimo, allora la caldaia non si accenderebbe nemmeno e non scalderebbe la rete. Quindi in questo caso assurdo probabilmente le perdite sarebbero vicine a zero. Nei casi reali, anche nelle seconde case, basta che una valvola sia aperta per tenere acceso il generatore, e quindi scaldare anche la rete condominiale. Se questo appartamento con la valvola aperta è il primo vicino alla caldaia, le perdite sono minime. Se invece l'appartamento con la valvola aperta è più lontano dalla caldaia, la parte di rete che si scalderà per portare acqua calda a quell'appartamento sarà maggiore e le perdite saranno maggiori. Fisica.

@salpa65: premetto che nella vita faccio altro e non ho la sua competenza. Però, vorrei dire due cose riguardo il punto 2:

Il fabbisogno termico a mio avviso incide. Se chi vi abita spinge oltre i 20°, provoca più perdite. Ma non è giusto che continui a pagarle come se rimanesse a 20°. Incide perchè è un limite. Ma come tanti altri limiti di questo Paese, ancora si deve capire come farlo rispettare.

 

Lo spreco va diviso in due come il consumo. Ovvero c'è l'involontario "volontario e non". Nel senso che è involontario quando si tiene a 20° di legge per vivere. Volontario quando si vuole di più. E in questo ultimo caso non può essere condivisibile affatto.

E' prorio questo che sto cercando di confutare con scarso successo, provo a farlo con lei con cui condivido il fatto di occuparmi di altro e solo per problemi condominiali mi sono avvicinato a queste tematiche.

Proviamo a paragonare il nostro impianto termico con quello per la produzione dell'acqua calda sanitaria.

Le perdite sono legate alla distribuzione ed eventualmente all'accumulo. Sa l'abitazione 1 consuma il doppio dell'abitazione 2, non genera un aggravio a quella che consuma meno. Le perdite restano le stesse, analogamente l'attico avrà un consumo volontario molto più elevato per far fronte al suo fabbisogno maggiore ma non genererà maggiori perdite come anche chi >

Se per assurdo tutte le valvole di un condominio fossero chiuse dal primo giorno all'ultimo, allora la caldaia non si accenderebbe nemmeno e non scalderebbe la rete. Quindi in questo caso assurdo probabilmente le perdite sarebbero vicine a zero. Nei casi reali, anche nelle seconde case, basta che una valvola sia aperta per tenere acceso il generatore, e quindi scaldare anche la rete condominiale. Se questo appartamento con la valvola aperta è il primo vicino alla caldaia, le perdite sono minime. Se invece l'appartamento con la valvola aperta è più lontano dalla caldaia, la parte di rete che si scalderà per portare acqua calda a quell'appartamento sarà maggiore e le perdite saranno maggiori. Fisica.

Non mi stai rispondendo ti chiedo di legare l'aumento delle perdite di distribuzione con l'aumento del fabbisogno termico

Riteniamo di aver ampiamente risposto con i post precedenti e riteniamo più proficuo non dilungare oltremodo questa discussione.

Ospite
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