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Costruzione di una veranda in condominio.

Costruzione delle verande in condominio: autorizzazione assembleare per la demolizione di una veranda che non rispetta le norme sulle distanze.
Ivan Meo 

E' possibile demolire la veranda sottostante costruita da una condomina se è stata realizzata in violazione delle norme sulle distanze?

Il caso. Una condomina ha richiesto la demolizione delle veranda sottostante al suo balcone, in quanto era stata realizzata violazione delle norme sulle distanze. A tal richiesta, il titolare della veranda invece ha evidenziato che il medesimo manufatto era stato costruito da oltre 20 anni solo dopo aver ricevuto un regolare consenso dalla assemblea.

Autorizzazione assembleare. Circa la necessità di preventiva autorizzazione assembleare, secondo l'interpretazione giurisprudenziale, risulta necessaria qualora la realizzazione del manufatto possa arrecare pregiudizio ad alcuni condomini (Cass., 21 ottobre 1980, n. 5652; Cass., 124 dicembre 1994, n.10704), o perché non vengano rispettate le distanze legali fra le due proprietà (Cass., 21 ottobre 1980, n. 5652).

In questa seconda ipotesi è opportuno che l'autorizzazione venga formalizzata con atto notarile e successiva trascrizione presso la Conservatoria dei registri immobiliare.

Tale formalità consentirà di cautelarsi da eventuali azioni che potrebbero essere intentate dall'acquirente in caso di vendita dell'appartamento da parte del confinante.

Inoltre sarà opportuno in sede assembleare che il condomino sottoponga il relativo progetto corredato da tutte le informazioni inerenti il materiale e le modalità di costruzione del manufatto.

Ma anche in caso di delibera favorevole, adottata a maggioranza, non potrà evitare eventuali azioni legali da parte di singoli condomini (Cass., 28 maggio 1980, n. 3510) che dovesse invocare, per esempio, l'alterazione del decoro architettonico o l'alterazione del profilo igienico (Cass., 7 luglio 1976, n. 2543).

Inoltre, i poteri dell'assemblea condominiale concernono la disciplina dell'uso delle cose comuni, senza mai invadere la sfera delle proprietà individuali, salvo le limitazioni accettate convenzionalmente dai singoli condomini, i quali, conseguentemente, eccettuate queste limitazioni, non possono essere autorizzati dall'assemblea ad un'utilizzazione più ampia di parti comuni, che si risolva in una violazione delle norme sui rapporti di vicinato, quale la realizzazione di una veranda su un terrazzo di proprietà esclusiva, senza il rispetto della distanza legale dalla veduta esercitata dal proprietario dell'appartamento sovrastante. (Cass. sentenza del 21 ottobre 1980, n. 5652).

Opere modificative del decoro architettonico dell'edificio: la trasformazione di un balcone in veranda.

Autorizzazioni comunali. In merito alla presenza delle preventive autorizzazioni edilizie per la costruzione del manufatto, dobbiamo precisare che quest'ultimo viene considerato come un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee con la successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile.

La realizzazione di una veranda determina, quindi, l'aumento della superficie utile di un appartamento e la modifica della sagoma dell'edificio, e ne discende che il suddetto intervento richieda il previo rilascio della concessione di costruzione (Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 1999, n. 394; Cons. Stato, 22 luglio 1992, n. 675).

Il rispetto delle distanze. Il problema del rispetto delle distanze si verifica nel caso in cui solo se al piano superiore siano presenti una o più finestre e non un altro balcone: in tal caso sarà possibile ancorare, la struttura alla soletta, in quanto il possesso di quest'ultima appartiene ad entrambi i proprietari dei piani.

La giurisprudenza di merito ritiene opportuno comunque non superare il perimetro del balcone sovrastante per evitare di pregiudicarle vedute in appiombo (Tribunale di Taranto sentenza 19 gennaio 1995).

Ma sono rilevanti anche le dimensioni della costruzione, che non devono essere tali da ledere i diritti altrui.

Infatti, la C assazione precisa che il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda, elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, no n è soggetto, rispetto a questa, all'osservanza delle distanze prescritte dall'art. 907 c.c. nel caso in cui la veranda insista esattamente nell'area del balcone, senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del proprietario del balcone sovrastante, giacché l'art. 907 citato non attribuisce a quest'ultimo la possibilità di esercitare dalla soletta o dal parapetto del suo balcone una inspectio o prospectio obliqua verso il basso e contemporaneamente verso l'interno della sottostante proprietà (Cass., 16 marzo 1993, sentenza n. 3109; Cass., 18 marzo 1991, sentenza n. 2873).

A tale assunto la Cassazione si ispira, riportando nel testo della sentenza che si commenta, il principio appena esposto, traendo la conseguenze della illegittimità della condotta della ricorrente, la quale ha realizzato sul proprio terrazzo una veranda pur in assenza di una balcone aggettante soprastante.

Inoltre la Corte precisa, che in merito al rispetto delle distanze, l'art 1102 cod. civ. non deroga l'art. l'art 907 cod. civ., e quindi nel caso di specie, si è verificata una violazione delle distanze prescritte in quanto la veranda realizzata dalla ricorrente si collocava alla distanza di un metro dal balcone dell'appartamento della resistente. (Corte di Cassazione, n° 15186 dell'11 luglio 2010)

Alcuni precedenti sulla fattispecie. La Cassazione si è già espressa in un caso analogo facendo la seguente distinzione: il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda, elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, è soggetto alla normativa sulle distanze di cui all'art. 907 c.c. quando la costruzione insista su altra area del terrazzo non ricadente in quella del sovrastante balcone, mentre non è tenuto ad analogo rispetto qualora la veranda insista esattamente nell'area del balcone senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del proprietario sovrastante. (Nella specie la S.C., cassando la sentenza di appello, ha respinto il ricorso principale che aveva condannato il condomino alla demolizione del fabbricato realizzato in violazione dell'art. 907 c.c. nella parte relativa al superamento dei tre metri calcolati non dal parapetto, ma dal piano di calpestio del terrazzo sovrastante). Cfr. Cass. sentenza del 07 agosto 2007, n. 17317; Cass. 2 ottobre 2000 n. 13012.

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