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Contratti conclusi dal condominio, clausole vessatorie e codice del consumo

Perchè in ambito condominiale è possibile riscontrare la presenza di clausole vessatorie.
Avv. Alessandro Gallucci 

Rispetto ai contratti conclusi tra un consumatore ed un professionista esistono una di clausole che la legge, esattamente il codice del consumo (d.lgs. n. 206/05), considera vessatorie?

Premessa: se consideriamo sempre il condominio alla stregua di un consumatore, allora non vi sono problemi nel ritenere applicabile la disciplina di cui parliamo in ogni caso in cui essa riguardi una compagine; se, invece, l'accostamento delle due figure non prescinderà da una valutazione concreta della figura della compagine, allora la disciplina in esame potrà essere applicata solamente quando il condominio potrà essere considerato un consumatore.

Che cosa s'intende dire quando si fa riferimento alla nozione di clausola vessatoria?

Il d.lgs n. 206 ci dice che sono vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (art. 33, primo comma, Codice del consumo).

Come valutare se una clausola è vessatoria oppure no?

L'art. 34, primo e quinto comma, Codice del consumo fornisce una risposta specificando che

La vessatorietà di una clausola e' valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende.

Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l'onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore.

Non si tratta di una valutazione semplicissima e comunque la stessa è rimessa al giudice adito per valutarne la ricorrenza.

Anche in quest'ottica, il secondo comma dell'art. 33 del codice del consumo contiene un'elencazione esemplificativa di clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria (vale a dire fino specifica prova fornita dal professionista che si tratti di clausole oggetto di specifica contrattazione con il consumatore); la norma pone una presunzione iuris tantum di vessatorietà; ciò non vuol dire che altre clausole non possano essere considerate vessatorie, ma semplicemente che spetta al consumatore fornire tale prova. I contratti di fornitura firmati dall'amministratori

In buona sostanza nel caso di clausole che si presumono vessatorie:

a) il consumatore deve allegare il contratto ed evidenziare la vessatorietà della clausola;

b) il professionista è gravato dell'onere di provare che quella clausola è stato oggetto di specifica contrattazione.

Portiamo, qui di seguito, un breve sunto dell'elencazione contenute nell'articolo citato.

La norma, tra le altre, fa presumere la vessatorietà delle clausole che:

  1. Escludono o limitano la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista
  2. Escludono o limitano l'opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest'ultimo
  3. Prevedono un impegno definitivo del consumatore mentre l'esecuzione della prestazione del professionista e' subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà
  4. Riconoscono al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto
  5. Prevedono l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto
  6. Stabiliscono come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore.

Che cosa succede se una clausola, che il consumatore ritiene vessatoria, non è inclusa nell'elenco di cui sopra?

Nell'ipotesi di clausole che non rientrano tra quelle elencate dall'art. 33, secondo comma, codice del consumo, spetta al consumatore dimostrarne la vessatorietà, restando in capo al professionista, per il caso di contratto uniformi stampati su moduli o formulari, l'onere di dimostrare che quelle clausole sono state oggetto di specifica contrattazione.

Qual è l'effetto della vessatorietà?

Il codice del consumo ci ricorda che le clausole vessatorie sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto: si tratta della così detta nullità di protezione. La nullità, dice la norma, opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice.

Esempio: clausola che impone la competenza del foro del professionista. Il consumatore potrà agire presso il proprio foro, facendo valere la nullità di questa clausola, nullità che potrà essere rilevata d'ufficio anche dal giudice (qualora il consumatore non si vi provvedesse o se il professionista sollevasse un'eccezione d'incompetenza).

In ambito condominiale è possibile riscontrare la presenza di clausole vessatorie, tanto nei così detti regolamenti contrattuali predisposti dal costruttore, tanto nei contratti stipulati dal condominio con i fornitori di beni e servizi.

Attenzione alle clausole che prevedono recessi lunghi per i contratti di manutenzione degli ascensori.

Nel primo caso, affinché possa ritenersi applicabile la disciplina dettata dal codice del consumo è necessario che:

a) il venditore sia un professionista secondo la definizione fornita dal codice del consumo;

b) il condomino sia un consumatore nell'accezione contenuta nel medesimo.

Si faccia riferimento alle clausole contenute nell'atto d'acquisto sulla così detta accettazione del regolamento da redigersi in futuro ad opera del costruttore venditore o alle clausole di esonero dalle spese e da responsabilità.

Nella seconda ipotesi, ossia in caso di contratti stipulati dal condominio con i fornitori, si pensi ai contratti per la pulizia delle scale, per le utenze (luce, gas, ecc.), le norme dettate dal codice del consumo trovano applicazione tutte quelle volte in cui il condominio può essere considerato un consumatore, ossia allo stato attuale (pur senza alcuna certezza dettata da normativa ma solamente per quanto detto da dottrina e giurisprudenza) quando il condominio è partecipato esclusivamente da consumatori.

Riportiamo qui di seguito alcuni esempi di rapporti di consumo riguardanti le compagini condominiali:

a) rapporto amministratore – condominio;

b) rapporto condominio – ditta appaltatrice (o comunque ditta titolare d'un rapporto di prestazione d'opera);

c) rapporto condominio – fornitori di utenze (luce, gas, acqua);

d) rapporto condominio – manutentori impianti (ascensore, autoclave, ecc.).

Attenzione alle clausole che prevedono recessi lunghi per i contratti di manutenzione degli ascensori.

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