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L'infinita saga della legittimazione passiva dell'amministratore di condominio: poteri limitati o illimitati?

La legittimazione passiva dell'amministratore di condominio non incontra limiti nemmeno per ciò che concerne le azioni reali.
Avv. Alessandro Gallucci 

Se un condomino deve far causa al condominio lo cita in giudizio in persona dell’amministratore. Lo stesso dicasi se la causa è promossa da un soggetto estraneo alla compagine.

L’amministratore, quale legale rappresentante dei comproprietari rispetto alle parti comuni, potrà stare in giudizio senza farsi autorizzare dall’assemblea? BOH! Probabilmente questa sembrerà una risposta insulsa, tipica di chi non sa che cosa dire.

L’esclamazione, però, non è frutto della mia ignoranza in materia (non si smette mai d’imparare ma le basi della materia mi sono note) ma piuttosto della reazione che una qualunque persona, me compreso, avrebbe nel leggere le sentenze che si succedono continuamente in materia di legittimazione passiva dell’amministratore di condominio. Cerchiamo di comprendere il perché di queste considerazioni.

Per lungo tempo l’orientamento giurisprudenziale dominante affermava che “ la legittimazione passiva dell'amministratore del Condominio a resistere in giudizio ai sensi dell'art. 1131 cod. civ., comma 2, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale” (così Cass. 9 dicembre 2009 n. 25766).

Un filone minoritario dissentiva criticando quanto appena riportato “ in quanto basato su una interpretazione dell'art. 1131, secondo comma, cod. civ. che non tiene conto della ratio ispiratrice di tale norma, la quale è diretta a favorire il terzo il quale voglia iniziare un giudizio nei confronti del condominio, consentendogli, invece di citare tutti i condomini, di notificare la citazione all'amministratore.

Nulla, invece, nella norma in questione giustifica la conclusione secondo la quale l'amministratore sarebbe anche autorizzato a resistere in giudizio senza essere a tanto autorizzato dall'assemblea” (così Cass. 24 novembre 2004 n. 22294).

Il contrasto è sfociato in un intervento delle Sezioni Unite datato agosto 2010 nel quale si disse che al di fuori delle ipotesi in cui l’amministratore può stare resistere in giudizio (fattispecie che corrispondono specularmente a quelle individuate dagli artt. 1130-1131 per i casi di legittimazione attiva, " l'amministratore di condominio, in base al disposto dell'art. 1131 c.c., comma 2 e 3, può anche costituirsi in giudizio e impugnare al sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall'assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione" (Cass. SS.UU. 6 agosto 2010 n. 18331).

Come dire: serve l’autorizzazione ma nei casi in cui non è possibile ottenerla prima il condominio può ratificare successivamente l’operato del mandatario. Se così non fosse l’amministratore sarebbe carente di legittimazione a stare in giudizio.

Tutto risolto? Macché!

Nemmeno sei mesi dopo questa pronuncia sempre la Cassazione riprendeva ad affermare quanto detto nella sentenza n. 25766 del 2009. Poi qualche sentenza conforme a quella delle Sezioni Unite e poi, sul finire dell’anno, riprende il vecchio adagio: la legittimazione passiva dell’amministratore di condominio non incontra limiti nemmeno per ciò che concerne le azioni reali (cfr. Cass. 27 dicembre 2011 n. 28942). Per quanto tempo ancora dovremo rispondere boh?

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