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Distanza tra edifici. Si deve calcolare anche il balcone?

Distanza tra le pareti degli edifici: bisogna tenere conto anche dei balconi?
Avv. Gian Luca Ballabio 

La sentenza in commento è caratterizzata da una attenta e puntuale analisi della giurisprudenza relativa alle distanze previste dal D.M. 1444 del 1968.

La fattispecie riguarda l'appello proposto dal proprietario contro la sentenza di primo grado che non aveva annullato un permesso di costruire relativo ad un nuovo edificio residenziale sull'area residenziale a quella dell'appellante.

Quest'ultimo, infatti, sosteneva che vi fosse stata violazione dell'art. 9 del D.M. 1444/1968 in quanto la distanza tra le pareti degli edifici, tenendo conto dei balconi, sarebbe stata inferiore a quella di 10 metri prescritta dalla norma.

Nel grado di giudizio precedente, il TAR aveva dichiarato tali censure infondate poiché la misura addotta dal ricorrente "era relativa ad una parete non finestrata, emergendo con evidenza che la parete finestrata dell'edificio in costruzione era più interna.

Poiché per "pareti finestrate", ai sensi dell'art. 9 del DM. 2 aprile 1968 n. 1444 dovevano intendersi le pareti munite di "vedute" e in generale di aperture di qualsiasi genere verso l'esterno, non era stata provata dal ricorrente la violazione della distanza tra le pareti finestrate, avendo preso come riferimento una parete non finestrata".

L'art. 9, numero 2, del D.M. 1444 del 1968. La disposizione posta a base della decisione in esame prevede, per quanto qui interessa, che: "Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: (?) 2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti (?)". Per costante giurisprudenza "la norma dell'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, in materia di distanze fra fabbricati - che, siccome emanata in attuazione dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, non può essere derogata dalle disposizioni regolamentari locali - va interpretata nel senso che la distanza minima di dieci metri è richiesta anche nel caso che una sola delle pareti fronteggiantisi sia finestrata e che è indifferente se tale parete sia quella del nuovo edificio o quella dell'edificio preesistente, essendo sufficiente, per l'applicazione di tale distanza, che le finestre esistano in qualsiasi zona della parete contrapposta ad altro edificio, ancorché solo una parte di essa si trovi a distanza minore da quella prescritta; ne consegue, pertanto, che il rispetto della distanza minima è dovuto anche per i tratti di parete che sono in parte privi di finestre"(Cass. Civ, sez. II, sent. 20 giugno 2011, n. 13547).

La disposizione in esame, inoltre, va applicata tenendo in considerazione che essa è posta a tutela dell'interesse generale e non del singolo privato poiché "è finalizzata a stabilire un'idonea intercapedine tra edifici nell'interesse pubblico, non a salvaguardare l'interesse privato del frontista alla riservatezza- che al giudice non è lasciato alcun margine di discrezionalità nell'applicazione della disciplina in materia di distanze e comunque non possano dispiegare alcun effetto distintivo la circostanza che si tratti di corpi di uno stesso edificio ovvero di edifici distinti oppure assumere ruolo interpretazioni intorno alle caratteristiche dello spazio interno, quantunque chiostrina o cortile o pozzo luce, specie in zona sismica nella quale occorre in ogni caso garantire l'intervallo di sicurezza" (Cons. Stato, Sez. IV, sent. 9 maggio 2011, n. 2749).

Nozione di pareti finestrate. Per pareti finestrate "devono intendersi, non (soltanto) le pareti munite di "vedute", ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l'esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce)" (Corte d'Appello Catania, 22 novembre 2003) e considerato altresì che basta che sia finestrata anche una sola delle due pareti (T.A.R. Toscana, Sez. III, 4 dicembre 2001, n. 1734)" (TAR Piemonte, sez. I, sent. 10 ottobre 2008, n. 2565; TAR Lombardia, sez. IV, sent. 19 maggio 2011, n. 1282 ).

(Se i balconi sono troppo "invadenti" si blocca la costruzione del palazzo)

I balconi aggettanti.
In tema di distanze fra edifici "mentre rientrano nella categoria degli sporti, non computabili ai fini delle distanze, soltanto quegli elementi con funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria, come le mensole, le lesene, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili, costituiscono corpi di fabbrica, computabili nelle distanze fra costruzioni, le sporgenze di particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza" (Cass. Civ., sez. II, sent. 17242, n. 2010; ivi, sez. II, sent. Del 26 gennaio 2005, n. 1556)

La sentenza in commento. Nel caso esame il giudice di appello ha dichiarato che: "la distanza di dieci metri, che deve sussistere tra edifici antistanti si riferisce a tutte le pareti finestrate, indipendentemente dalla circostanza che una sola delle pareti fronteggiantesi sia finestrata e che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell'edificio preesistente, o della progettata sopraelevazione, ovvero ancora che si trovi alla medesima o a diversa altezza rispetto all'altra.

Si rammenta in particolare, a tale proposito che la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall'art. 9, D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela.

Gli sporti, cioè le sporgenze da non computare ai fini delle distanze perché non attinenti alle caratteristiche del corpo di fabbrica che racchiude il volume che si vuol distanziare, sono i manufatti come le mensole, le lesene, i risalti verticali delle parti con funzione decorativa, gli elementi in oggetto di ridotte dimensioni, le canalizzazioni di gronde e i loro sostegni, non invece le sporgenze, anche dei generi ora indicati, ma di particolari dimensioni, che siano quindi destinate anche a estendere e ampliare per l'intero fronte dell'edificio la parte utilizzabile per l'uso abitativo (Cons. di Stato, sez. IV, 5 dicembre 2005, n. 6909)".

(Il Decreto "del Fare" e il nuovo regime delle distanze. Analisi di alcune applicazioni pratiche.)

Conclusioni.
Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello poiché ha ritenuto che per l'applicazione della disposizione dell'art. 9, numero 2, del D.M. 1444/1968 è sufficiente una parete finestrata e che il calcolo delle distanze si effettua con riferimento ad ogni punto dei fabbricati, computando anche i balconi aggettanti.

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