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Verande in costruzione e diritto di veduta. Prevale il rapporto di contiguità

Regole da rispettare per la realizzazione di una veranda in condominio.
Ivan Meo 

Una recente sentenza ci permette di approfondire la problematica relativa al diritto di veduta anche per i lavori in corso d'opera.

La realizzazione di veranda, nell'ambito di un edificio condominiale, è una prassi largamente diffusa. Il proprietario dell'immobile può trarre una utilità non solo in termini di spazio, ma anche un maggior confort durante la stagione invernale. Ma, per una corretta installazione, vi sono delle regole da rispettare.

Le vedute e le vedute: un limite invalicabile

Il concetto delle distanze e delle vedute trova ampia applicazione nei rapporti condominiali. Infatti, il proprietario di ciascuna unità immobiliare ha diritto a non essere pregiudicato dalla costruzione di un altro condomino, nella possibilità di esercitare il proprio diritto di vedute in appiombo alla base dell'edificio (Cass. n. 1261/1997).

Per tali motivi non sono consentite le opere che precludono ai condomini dei piani superiori l'inspectio e la prospectio verso l'interno dell'appartamento sottostante (Cass. n. 13012/2000).

Determinati in questo contesto appaiono le dimensioni della costruzione, in quanto i manufatti non devono essere tali da ledere i diritti altrui.

Infatti la C assazione precisa che il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda, elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, no n è soggetto, rispetto a questa, all'osservanza delle distanze prescritte dall'art. 907 c.c. nel caso in cui la veranda insista esattamente nell'area del balcone, senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del proprietario del balcone sovrastante, giacché l'art. 907 citato non attribuisce a quest'ultimo la possibilità di esercitare dalla soletta o dal parapetto del suo balcone una inspectio o prospectio obliqua verso il basso e contemporaneamente verso l'interno della sottostante proprietà (Cass., 16 marzo 1993, n. 3109; Cass., 18 marzo 1991, n. 2873).

Impossibiltà veduta in appiombo In caso di progettazione di una verande, nell'ambito di un edificio condominiale, è opportuno precisare che si è comunque al rispetto delle distanze, in quanto se al piano sovrastante sono presenti una o più finestre e non un altro balcone in quanto, in tal caso, è possibile ancorare la struttura alla soletta (di proprietà comune ad entrambi i proprietari).

È opportuno comunque non superare il perimetro del balcone sovrastante per evitare di pregiudicarle vedute in appiombo (Fig. 1).

Il diritto di veduta va sempre tutelato. Quella siepe va potata.

Rilevanti sono quindi le dimensioni della costruzione, che non devono essere tali da ledere i diritti altrui. Infatti il condomino che abbia trasformato il proprio balcone in veranda, elevandola sino alla soglia del balcone sovrastante, non è soggetto, rispetto a questa, all'osservanza delle distanze prescritte dall'art. 907 c.c. nel caso in cui la veranda insista esattamente nell'area del balcone, senza debordare dal suo perimetro, in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del proprietario del balcone sovrastante, giacché l'art. 907 citato non attribuisce a quest'ultimo la possibilità di esercitare, dalla soletta o dal parapetto del suo balcone, una inspectio o prospectio obliqua verso il basso e contemporaneamente verso l'interno della sottostante proprietà (Fig. 2).

Esercizio della prospectio ed inspectioChi prima arriva…meglio alloggia.

Nel caso in cui vi sia già una finestra preesistente, il proprietario può imporre al suo vicino di non costruire a meno di 3 metri. Tale distanza si calcola non solo in linea diritta od obliqua, ma anche a piombo.

Quindi se due balconi sono uno sovrastante l'altro, il vicino del piano di sotto può chiudere il suo con una veranda solo se non si spinge oltre il perimetro del balcone sovrastante.

Tuttavia, se la "veduta" è solo obliqua, il distacco non dovrà superare i 75 cm (Cass. n. 724/1995).

Verande work in progress

Veranda in costruzioneIl caso esaminato dalla Corte di Cassazione (ordinanza n° 16714 del 4 luglio 2013) riguarda invece un manufatto ancora in fase di ultimazione. Infatti, al momento dalla consegna dall'appartamento da parte del costruttore-venditore, vi era una preesistente struttura in legno, ancora in fase di costruzione.

L'originaria struttura, appoggiato al balcone con il rivestimento in tegole faceva ovviamente presupporre la realizzazione di un manufatto: nel caso di specie di una veranda. Inoltre in tutto il comprensorio vi erano delle veranda al piano terra.

A conferma di tutto ciò vi era anche un altro elemento: al momento in cui gli acquirenti degli immobili perfezionavano l'atto di compravendita vi erano già elementi strutturali stabilmente infissi nel muretto della balconata di pertinenza del piano di sopra, che faceva presupporre l'ultimazione del manufatto.

Per cui la Cassazione precisa che:

  • la situazione autorizza a ritenere che chi abita al piano di sopra non è sin dall'origine titolare di un diritto di veduta a piombo sul giardino sottostante la tettoia del proprietario del piano terra;
  • il condomino del piano di sopra, in quanto vi è un rapporto di contiguità necessaria fra la struttura preesistente e la sopravvenuta copertura a veranda non può pretendere del manufatto.

Diverso è invece il caso analizzato da una precedente sentenza (Corte di Cassazione

n.1132/1985) secondo cui "il proprietario di un appartamento sito in un edificio condominiale non può eseguire nella sua proprietà esclusiva opere che, in contrasto con quanto stabilito dalla norma dell'art. 1122 c.c., rechino danno alle parti comuni dell'edificio stesso, nè, a maggior ragione, opere che, attraverso l'utilizzazione delle cose comuni, danneggino le parti di una unità immobiliare di proprietà esclusiva di un altro condomino".

Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito con cui si è ritenuto che al proprietario di un appartamento non sia consentito costruire sul suo balcone una veranda in appoggio al muro comune dell'edificio condominiale la quale raggiunga l'altezza del piano superiore diminuendo il godimento dell'aria e della luce al proprietario del piano contiguo.

Il "nuovo" articolo 1122 del codice civile

Secondo l'art. 1122 c.c., novellato dalla riforma della disciplina condominiale, ciascun condomino, nell'unità immobiliare di sua proprietà o nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio.

Il legislatore ha sostanzialmente lasciato invariato nella sostanza il contenuto della norma, modificandone però il titolo.

Inoltre, è stata ampliata, da un lato, la portata applicativa della disposizione anche a quelle parti comuni che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, dall'altro, la casistica dei divieti imposti a ciascun condomino, gli stessi previsti dall'art. 1120 c.c. in materia di innovazioni sulle parti comuni.

In sostanza, con il divieto contenuto nella disposizione in esame il legislatore ha inteso stabilire che non può recarsi pregiudizio alle parti comuni, appartenenti pro indiviso a tutti i condomini, nemmeno ove si operi sulle proprie unità immobiliari ovvero, alla luce della novella, su parti normalmente destinate all'uso comune, ma che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale.

La rimozione di una veranda, installata su un balcone, che rovina l'estetica dell'edificio

Le regole per una corretta installazione della veranda in condominio

il condomino che intenda realizzare una struttura-veranda dovrà sempre munirsi di concessione edilizia;
invece, se si tratta di una struttura precaria, destinata a far fronte a sue esigenze momentanee e a essere rimossa dopo l'uso temporaneo; oppure è diretta al recupero del patrimonio edilizio già esistente, o viene realizzata al solo scopo di protezione dagli agenti atmosferici esterni nei limiti della funzionalità dell'immobile, non è necessaria la concessione edilizia;
il condomino che realizzi una veranda senza il permesso di costruire si renderebbe fautore di abusi edilizi, con conseguente addebito di responsabilità amministrative e penali;
la chiusura di una veranda senza concessione rientra tra gli interventi abusivi di ristrutturazione edilizia la cui repressione comporta l'ingiunzione alla spontanea rimozione dell'abuso: allo scadere del termine all'uopo fissato, è prevista la demolizione d'ufficio, a spese del responsabile, o, se il ripristino non sia possibile, l'irrogazione di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento di valore dell'immobile conseguente alla realizzazione dell'opera, da determinarsi con riguardo alla data di ultimazione dei lavori;
l'autorizzazione assembleare risulta necessaria qualora la realizzazione del manufatto possa arrecare pregiudizio ad alcuni condomini (cfr. Cass., sent. n. 10704 del 24 dicembre 1994 e sent. n. 5652 del 21 ottobre 1980), o perché non vengano rispettate le distanze legali fra le due proprietà (Cass., sent. n. 5652 del 21 ottobre 1980).

In questa seconda ipotesi è opportuno che l'autorizzazione venga formalizzata con atto notarile e successiva trascrizione presso dei registri immobiliari.

Tale formalità consentirà di cautelarsi da eventuali azioni che potrebbero essere intentate dall'acquirente in caso di vendita dell'appartamento da parte del confinante;

è opportuno in sede assembleare che il condomino sottoponga il relativo progetto corredato da tutte le informazioni inerenti il materiale e le modalità di costruzione del manufatto.

Ma anche in caso di delibera favorevole, adottata a maggioranza, non potrà evitare eventuali azioni legali da parte di singoli condomini (cfr. Cass., sent. n. 3510 del 28 maggio 1980) che dovesse invocare per esempio l'alterazione del decoro architettonico o l'alterazione del profilo igienico (Cass.n. 2543/76).

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