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La durata della locazione è di sei anni anche se il locale è utilizzato come pertinenza di un'attività commerciale

Locazione di un'unità immobiliare usata da una compagnia telefonica per l'installazione di una stazione radio.
Avv. Alessandro Gallucci 

La legge n. 392/78, così detta legge sull’equo canone, contiene norme finalizzate a disciplinare le locazioni diverse da quelle ad uso abitativo ed in particolare le locazioni a carattere commerciale. Secondo quanto disposto dall’art. 27 di quella legge:

La durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attività appresso indicate industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili.

La disposizione di cui al comma precedente si applica anche ai contratti relativi ad immobili adibiti all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo.

La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l’immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all'esercizio di imprese assimilate ai sensi dell'articolo 1786 del codice civile o all'esercizio di attività teatrali.

Se è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, la locazione si intende pattuita per la durata rispettivamente prevista nei commi precedenti.

Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l'attività esercitata o da esercitare nell'immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio.

Se la locazione ha carattere stagionale, il locatore è obbligato a locare l'immobile, per la medesima stagione dell'anno successivo, allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. L'obbligo del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera.

È in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione.

Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata”.

Che cosa succede se l’immobile non è locato per svolgervi direttamente un’attività commerciale o industriale ma è utilizzato in via strumentale rispetto ad attività esercitata altrove?

Questa domanda, sostanzialmente, è quella che un hotel ha posto alla Corte d’appello di Firenze impugnando una sentenza del Tribunale secondo la quale doveva considerarsi sottoposta alla disciplina appena citata la locazione di un’unità immobiliare usata da una compagnia telefonica per l’installazione di una stazione radio.

La Corte toscana ha confermato la sentenza di primo grado specificando che doveva essere considerato giusto quanto statuito in quella sede in quanto si osservava “ un principio già fatto proprio dalla Cassazione, seconda la quale “l’applicabilità della disciplina di cui agli artt. 27 e seg. della legge medesima deve essere affermata quando, pur in difetto di un rapporto pertinenziale (in senso proprio), risulti un collegamento funzionale di detto immobile con una delle attività contemplate dal citato art. 27, svolta in altro locale di cui il conduttore abbia la disponibilità a qualsiasi titolo” (Cass. 13.11.2009 n. 24035: nella specie, oggetto della locazione era un luogo di deposito a servizio di una trattoria).

Tale principio giurisprudenziale, nonché la stessa sentenza della Corte Suprema ora citata, risultano del tutto ignorati dall’atto di appello, inutilmente diffusosi sui concetti d’impresa e di attività industriale e commerciale.

D’altra parte, se la locuzione di “immobili nei quali si esercitano le attività” previste dai primi due commi dell’art. 27 della legge n. 392/78 dovesse essere restrittivamente intesa come il luogo in cui effettivamente si svolge un’attività dinamica manuale o intellettiva dell’operatore industriale, commerciale o professionale, risulterebbero incomprensibilmente esclusi dalla normativa vincolistica non soltanto tutti gli immobili di supporto, quali i magazzini, le rimesse, gli archivi ecc., ma, in uno stesso immobile, le parti non direttamente interessate all’attività produttiva, a cominciare, appunto, dall’autorimessa a servizio dello studio professionale, per finire alle sale di attesa, agli ambienti di mera rappresentanza, ai locali di deposito, ai locali destinati ai servizi di portierato e custodia (si pensi alle banche) e perfino a quelli di mero segretariato.

Perciò, non ha nessun rilievo il fatto che l’antenna, installata nell’immobile per cui è causa, non esiga, solitamente, la presenza dell’operatore umano, dato che, per essere un’antenna, lavora da sé.

Ma se l’esercizio delle antenne non dovesse rientrare nella “attività” della Telecom, alla Telecom che cosa resterebbe da fare,a parte il riscuotere le bollette?” (Corte di Appello di Firenze 19 gennaio 2012 n. 1661):

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