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Revoca giudiziale dell'amministratore di condominio: ripartizione dell'onere della prova e condanna alle spese processuali

Revoca giudiziale dell'amministratore e condanna alle spese processuali.
Avv. Alessandro Gallucci 

L’amministratore di condominio è il mandatario dei comproprietari che lo nominano e revocano in sede assembleare. Per la validità di questi due atti è necessario il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresenti la metà del valore dell’edificio.

La nomina ha durata annuale ma l’assise ha il potere di sciogliere il rapporto giuridico con il proprio legale rappresentante in qualsiasi momento.

La legge e più nello specifico l’art. 1129 del codice civile prevede la possibilità di agire giudizialmente per ottenere la suddetta revoca. Si tratta di un’ipotesi percorribile al ricorrere di tre circostanze:

a) che l’amministratore non abbia presentato il conto della propria gestione per almeno due anni consecutivi;

b) che il mandatario non abbia comunicato all’assemblea provvedimento amministrativi e giudiziari esorbitanti le proprie competenze;

c) che vi siano fondati sospetti di gravi irregolarità nella gestione della compagine.

Quanto a quest’ultima evenienza, la giurisprudenza afferma costantemente che la richiesta di revoca è da ritenersi legittima solamente “ quando sussistano elementi precisi e concordanti che facciano prevedere come del tutto verosimile un danno imminente e irreparabile per il condominio; tale non essendo per definizione l'affare sul quale all'assemblea sia comunque consentito di adottare le iniziative opportune, nel corso delle sue periodiche convocazioni” (Trib. Salerno 3 maggio 2011).

Quando si versa in una delle succitate situazioni, ogni condomino, senza preventivo ricorso all’assemblea, potrà agire per vedere revocato l’amministratore in carica.

Che cosa dovrà provare in giudizio?

Avrà diritto al rimborso delle spese sostenute?

Una risposta ai due quesiti è stata fornita dal Tribunale di Salerno. Si legge nel provvedimento del Collegio giudicante che “ strutturandosi invero il procedimento di revoca dell'amministratore di condominio, su istanza di uno o di alcuni soltanto dei condomini, come un giudizio di risoluzione anticipata e definitiva del rapporto di mandato esistente tra tutti i condomini e l'amministratore, vale, in tema di prova, il principio generale operante in materia di inadempimento di una obbligazione, sicchè il condomino che agisca per la risoluzione del mandato intercorrente con l'amministratore deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto a conseguire dall'amministratore l'adempimento dell'obbligo gestorio, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre l'amministratore convenuto rimane gravato dell'onere della prova del fatto estintivo della pretesa di revoca, costituito dall'avvenuto adempimento ai suoi obblighi di gestione (onere qui del tutto inevaso dal T).

Trattandosi di procedimento camerale caratterizzato da una chiara contrapposizione di interessi in conflitto, e di provvedimento che, nel risolvere le contrapposte pretese, definisce il procedimento, trova applicazione l'art. 91 c.p.c. ai fini della condanna alle spese giudiziali dei soccombenti” (Trib. Salerno 12 aprile 2011).

Una interessante specificazione visto e considerato che molto spesso è proprio la spesa per ricorrere in giudizio che fa desistere i condomini dall’agire. E’ bene comunque evidenziare che qualora non si addivenisse alla condanna alle spese processuali e se non vi fossero gli estremi per contestare questa parte della decisione, il ricorrente sarebbe comunque tenuto a pagare la parcella del proprio legale.

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