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E' lecito realizzare opere sul terrazzo di proprietà esclusiva, se esse non recano danno alle parti comuni?

E' possibile realizzare opere sul terrazzo di proprietà senza recare danno funzionale alle parti comuni dell'edificio?
Avv. Alessandro Gallucci 

L'anno 2014 inizia con una sentenza di conferma, ennesima e sempre utile, dell'orientamento giurisprudenziale in materia di limiti alle opere su parti di proprietà esclusiva con specifico riferimento al decoro dell'edificio.

Norma di riferimento è l'art. 1122 c.c.: la Cassazione, nella pronuncia di cui ci occuperemo, specifica che si tratta di una causa cui va applicata la norma vigente prima dell'entrata in vigore della riforma del condominio: il nuovo art. 1122 c.c., tuttavia, altro non fa che uniformarsi all'orientamento giurisprudenziale maggioritario.

Insomma la Cassazione risolve un caso su norme non più in vigore ma afferma principi sulla cui attualità non si può dubitare.

Entriamo nel dettaglio.

Il titolo dell'articolo rappresenta, nella sostanza, la domanda che due condomini hanno rivolto alla Corte di Cassazione, nel tentativo di ottenere il ribaltamento dell'esito della sentenza da loro impugnata.

Nel caso di specie, i giudici di merito, nello specifico la Corte di appello, la cui pronuncia veniva contestata, avevamo considerato illegittima, in quanto lesiva del decoro architettonico dell'edificio, la realizzazione di due piccoli manufatti posti su di un terrazzo di proprietà esclusiva. (E' lecito il gazebo sul terrazzo nel rispetto del regolamento condominiale)

I condomini inizialmente citati in giudizio dal condominio, ossia coloro che avevano realizzato tali opere, non ci stavano e, tra gli altri, ponevano alla Corte il seguente quesito: "In applicazione dell'art. 1122 cc. è legittima la realizzazione di due piccoli manufatti sul terrazzo di proprietà esclusiva, che non recano danno materiale e/o funzionale alle parti comuni dell'edificio?"

Gli ermellini, con la sentenza n. 53 del 3 gennaio 2014, hanno risposto negativamente o meglio: per la Cassazione nella valutazione del concetto di danno rilevante in materia di opere su parti di proprietà esclusiva ex art. 1122 c.c. non si deve tenere conto solamente del danno materiale o funzionale, ma anche della eventuale alterazione del decoro architettonico dell'edificio.

Si legge in sentenza: "Non v'e dubbio che il concetto di danno, cui la norma fa riferimento, non va limitato esclusivamente al danno materiale, inteso come modificazione della conformazione esterna o della intrinseca natura della cosa comune, ma esteso anche al danno conseguente alle opere che elidono o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili della cosa comune, anche se di ordine edonistico od estetico (v. Cass. 27.4.1989, n. 1947), per cui ricadono nel divieto tutte quelle modifiche che costituiscono un peggioramento del decoro architettonico del fabbricato.

Decoro da correlarsi non soltanto all'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata armonia, ma anche all'aspetto di singoli elementi o di singole parti dell'edificio che abbiano una sostanziale e formale autonomia o siano comunque suscettibili per sé di considerazione autonoma (v. Cass. 24.3. 2004, n. 5899)".

Tirando le file del ragionamento "la voce di danno di cui all'art. 1122 e fa riferimento, non solo al pregiudizio per la sicurezza e la stabilità del fabbricato, deterioramento di parti comuni causato dai lavori (es. infiltrazioni), ma anche all'alterazione del decoro architettonico.

Con l'ulteriore specificazione che il condomino, nell'eseguire opere su parti di sua proprietà, altera il decoro architettonico dello stabile se, tenendo conto delle caratteristiche dello stabile al momento dell'opera, reca un pregiudizio tale da comportare un deprezzamento dell'intero fabbricato e delle unità immobiliari in esso comprese" (Cass. 3 gennaio 2014 n. 53).

In considerazione di ciò, con specifico riferimento al caso sottoposto alla sua attenzione, la Corte ha ritenuto legittima la sentenza impugnata perché questa, nel giudicare illegittime le opere dei condomini convenuti in giudizio (e ricorrenti in Cassazione), aveva fatto corretta applicazione di questi principi.

Nella premessa a questo ragionamento si specifica che si tratta dell'orientamento giurisprudenziale consolidato "che, per altro, la legge n. 220 del 2012, cc.dd. riforma del condominio, ha condiviso e tradotto in norma".

Come dire: anche in futuro le cose andranno come sono andate fin'ora. D'altra parte, è bene ricordarlo, l'attuale art. 1122, primo comma, c.c. recita:

"Nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio". (Perchè non si può trasformare il tetto in un terrazzo ad uso della mansarda)

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