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Parcheggio selvaggio in condominio. Le conseguenze possono essere molto gravi.

Chi parcheggia l'auto in maniera da ostruire l'ingresso al garage condominiale, rifiutandosi di rimuoverla, commette reato di violenza privata.
Avv. Raffaele Trisciuzzi 

Chi parcheggia l'auto in maniera da ostruire l'ingresso al garage condominiale, rifiutandosi di rimuoverla, commette reato di violenza privata. Le Sezioni Unite confermano il già consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui l'ostruzione dell'ingresso all'altrui garage è passibile di denuncia per il reato di Violenza Privata (Art. 610 c.p.), e conseguente condanna alla reclusione e risarcimento.

A volte comportamenti consuetudinari e sovente percepiti come meramente "fastidiosi" nella quotidianità condominiale, possono approdare a calvari giudiziari in sede penale con addirittura conseguenze gravi come la condanna alla pena della reclusione.

Numerose sono le fattispecie penali ravvisabili nel "microcosmo" condominiale, e ricomprendono l'intera summa di reati contro la persona, contro la sua libertà morale, la sua riservatezza e in taluni casi anche contro la sua incolumità.

La sentenza che ci occupa attiene ad un'ipotesi ricorrente ed abituale per chi vive e conosce il condominio, il quale può ritrovarsi spesso bloccato con la sua automobile a causa della scarsa educazione/attenzione di un condomino "cieco e sordo" dinanzi alla presenza di un passo carrabile.

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La norma.
È il caso della ripetuta ostruzione dell'ingresso all'altrui garage, la quale impedisca pertanto la libertà morale protetta dall'art.610 c.p., al quale occorre doveroso richiamo: "Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni."

È chiaro il senso della norma, la quale intende proteggere la libertà morale del soggetto, il quale nell'ambito della sua proprietà privata ha pieno diritto di espressione e godimento e non può essere limitato dal comportamento altrui.

I precedenti.
La Cassazione a Sezione Unite, con sentenza n.28487/13 del 12.3.13, ha ribadito un indirizzo che già si riteneva consolidato dalle precedenti n. 21779/06 e n.603/11, le quali marcavano che "integra il reato di violenza privata, di cui all'art.610 c.p., la condotta di colui che, avendo parcheggiato l'auto in maniera da ostruire l'ingresso al garage condominiale, si rifiuti di rimuoverla nonostante la richiesta della persona offesa".

Il caso specifico.
In questo caso, la Suprema Corte, confermando in toto la sentenza della Corte d'Appello di Catanzaro, la quale ribaltava l'assoluzione concessa all'imputato dal Tribunale di Lamezia Terme, va anche oltre il principio già ribadito, considerando il caso di un piccolo trattore che l'imputato solitamente parcheggiava in area opposta a quella ove insisteva un passo carrabile, ma che, visto l'ingombro del mezzo, ostruiva l'utilizzo dell'altrui garage.

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La sentenza, la quale all'apparenza può sembrare discutibile, pone l'accento sul requisito della "violenza", il quale è elemento oggettivo necessario (in alternativa alla "minaccia"), per la configurazione del reato, in quanto nella "(…) la condotta di colui che parcheggia la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio impedendo alla parte lesa di muoversi (…) il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione ed azione".

Come comportarsi in questi casi? Sotto tale prospettiva, è doveroso sottolineare che chi ostruisce il libero passaggio altrui, deve essere pienamente consapevole dell'antigiuridicità del suo comportamento (a tal fine è importante che non sia un fatto episodico e che la persona offesa abbia già segnalato tale abuso), quindi per facilitare la prova sarebbe necessario documentare mediante foto, comunicazioni e testimoni l'avvenuta fattispecie.

Importante è anche rilevare che, vista la gravità del reato, questo risulta procedibile d'ufficio, pertanto una volta denunciato il "condomino maleducato", anche se "rimessa" la querela, questi subirà comunque il processo.

Tale circostanza rende particolarmente ostica la risoluzione bonaria della querelle, in quanto il denunciato non potrà più sottrarsi al processo (ed alle spese che ne derivano) anche se lo stesso denunciante perde interesse nella sua prosecuzione.

Di certo non gioverà all'offeso la condanna alla reclusione del condomino incivile, ma l'aver innescato il procedimento penale molto probabilmente gli frutterà il diritto ad avere un risarcimento del danno e, ciò che è più importante, la non ripresentazione del medesimo problema.

Conclusioni.
Questa sentenza della Cassazione, rende un esempio lampante di come nella anche comportamenti avvertiti come frutto di inciviltà e maleducazione, siano in realtà puniti dal Codice Penale con forte incisività, a testimonianza che il Diritto Penale non si limita a sanzionare fatti di gravità conclamata e di violenza in senso stretto, ma anche fatti umani che a causa della loro quasi consuetudinarietà, vengo perlopiù tollerati, ed al massimo diventano oggetto di copiose riunioni condominiali.

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