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Affitti concordati: cosa sono e perchè potrebbero non convenire

Contratto di locazione: l'affitto concordato non sempre conviene.
Roberto Rais 

L'affitto concordato è un contratto di locazione con una durata standard di 3 + 2, con canone massimo stabilito in virtù di accordi sanciti tra i sindacati dei proprietari e quelli degli inquilini, in ambito territoriale.

La convenienza nel ricorrere agli affitti concordati è duplice: per quanto concerne gli inquilini, si consegue la possibilità di fruire di canoni di locazione generalmente più contenuti; per i proprietari, invece, vi è la possibilità di ottenere uno sconto in sede Irpef del canone imponibile sulla dichiarazione dei redditi pari al 40,5%, oltre a un ulteriore sconto del 30% dell'imposta di registrazione del contratto (in alternativa si può fruire della cedolare secca al 19%, rinunciando però alle agevolazioni Irpef).

Il ricorso agli affitti concordati potrebbe tuttavia divenire una rarità per amatori. Con la flessione della deduzione forfettaria dall'Irpef dal 15% al 5%, infatti, è stata innalzata la base imponibile sulla quale calcolare lo sconto previsto per questa particolare natura di contratto locativo.

Affitti in nero, tempi duri per i conduttori che hanno denunciato il proprietario

A parlarne è stato, recentemente, il quotidiano Il Sole 24 Ore, evidentemente preoccupato di calcolare quale sia il gap negativo in capo alle parti. Di fatti, sottolineava il giornale, su un canone di 100 euro d'affitto, la base imponibile dei canoni concordati era rappresentata dal 59,5%, con conseguente e sostanziale sconto sull'affitto del 20% senza alcuna perdita per il proprietario.

Con le novità, tuttavia, la base imponibile Irpef è salita a 66,5 euro per 100 euro e - proseguiva Il Sole - considerando un'aliquota Irpef marginale del 38 per cento (cioè quella che viene applicata per i redditi tra i 28 mila euro e i 55 mila euro) e un canone di locazione mensile di 1.000 euro, la spesa fiscale sarà pari a 319 euro.

Insomma, in altri termini il ricorso all'affitto concordato potrebbe non convenire più. O, meglio, potrebbe convenire ancor meno di quanto "testato" con l'introduzione della cedolare secca, che imponeva un'aliquota del 21% per gli affitti con canoni di mercato, e del 19% per gli affitti a canoni concordato.

Una differenza minima, pari a soli 2 punti percentuali, non certo in grado di indurre in tentazione le parti in causa.

Vale il canone registrato o quello concordato privatamente dalle parti?

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