Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

Il condominio nega la canna fumaria sul muro comune? Scatta il risarcimento del danno

Se l'immobile resta sfitto al proprietario va il lucro cessante per il mancato introito del canone pattuito.
Avv. Biarella Laura - Avvocato del Foro di Perugia 

La massima (non ufficiale). L'ente condominiale è tenuto a risarcire il proprietario della singola unità qualora la delibera assembleare, dichiarata in seguito illegittima, ha determinato la risoluzione del contratto di locazione con l'inquilino.

L'Assemblea dei condomini aveva infatti negato l'installazione di una canna fumaria sul muro comune dell'edificio, determinando in via consequenziale la risoluzione del preliminare di locazione condizionato all'installazione della canna.

Quindi rifusione del danno da lucro cessante, parametrato sul mancato incasso del canone pattuito per il primo anno di affitto, per l'intero periodo in cui l'immobile è rimasto libero.

La vicenda. Una società citò in giudizio il condominio di un edificio, chiedendo l'annullamento della delibera assembleare con cui era stata negata l'autorizzazione, ad essa, all'installazione, sul muro comune, di una canna fumarla a servizio dei locali di esclusiva proprietà, ed il risarcimento dei danni che aveva subito, ed in specie quelli conseguenti alla mancata esecuzione del contratto preliminare di locazione che aveva stipulato con un terzo, condizionandone l'efficacia, per l'appunto, all'installazione della canna fumaria.

Il Tribunale annullò la delibera assembleare impugnata, mentre rigettò la domanda risarcitoria formulata dalla società attrice.

La Corte d'appello, confermando tale decisione, affermò che la società non era tenuta a chiedere l'autorizzazione al condominio per esercitare il suo diritto di installare la canna fumaria sul muro comune, che non aveva quindi interesse ad ottenerla e, inoltre, che era stato "improvvido" il condizionamento dell'efficacia del contratto preliminare.

Casa in condominio non abitata: perché il proprietario deve partecipare alle spese condominiali?

La prima pronuncia di legittimità

L. a II Sezione civile della Corte di cassazione, nel 2005, accoglieva parzialmente il ricorso formulato dalla società, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa ad altra sezione della Corte d'appello.

Più in particolare, la società aveva censurato la pronuncia per aver rigettato la domanda risarcitoria, denunziando violazione di legge (art. 2043 c.c. e art. 116 del codice di rito) e vizi di motivazione, a suo dire inadeguata e contraddittoria.

La Corte di cassazione ha giudicato fondata la censura: "La obiettiva esistenza di un diritto non esclude affatto l'interesse ad ottenerne un espresso riconoscimento, finalizzato alla certezza del rapporto intercorrente tra il suo titolare e colui nei cui confronti tali diritto può essere esercitato, in particolare quando il titolare intende cedere a terzi a titolo oneroso facoltà che sono espressione del suo diritto, e intenda nella circostanza precisarne la dimensione e la consistenza, per conseguire maggior profitto da tale cessione.

È dunque errata, sotto il profilo logico e giuridico, sia la affermata inesistenza dell'interesse della società a chiedere al condominio l'assenso alla installazione della canna fumaria sul muro condominiale, sia l'affermata inopportunità di condizionare nel termine innanzi indicato il contratto preliminare di locazione.

Parimenti incongruente, sotto il profilo logico-giuridico, è la terza considerazione svolta dalla Corte d'appello […] relativa al tempo in cui la società chiese la denegata autorizzazione.

Il fatto che tale autorizzazione fu chiesta dopo la stipulazione del contratto preliminare di locazione è circostanza del tutto irrilevante, attesa la natura per l'appunto preliminare del contratto; e parimenti irrilevante è la circostanza che tale richiesta fu formulata dalla società dopo la scadenza del termine stabilito per stipulare il contratto definitivo, perché tale scadenza, che attiene comunque al rapporto instaurato con il contratto, e che ben può essere dagli stipulanti di quest'ultimo prorogato, non esclude comunque l'obbligo di adempiere, anche tardivamente"

Il conduttore può pretendere quanto versato in più solo se richiama il canone contrattualizzato.

Il merito post annullamento

Riassunto il giudizio, e pronunciando in sede di rinvio, la Corte d'appello ha condannato il Condominio a pagare, in favore della società, la somma di euro 54.893,00, oltre interessi legali dalla data della sentenza, unitamente alle spese dei giudizi.

La Corte territoriale ha rilevato che l'illegittimità della delibera assembleare integra, nella fattispecie, una condotta inquadrabile nell'alveo normativo di cui all'art. 2043 c.c., con conseguente diritto dell'appellante a conseguire il risarcimento dei danni, e ha ritenuto che il diniego del condominio all'installazione della canna fumaria ha determinato la risoluzione del contratto preliminare di locazione.

Esclusa la risarcibilità del danno emergente derivante dall'acquisto della canna fumaria, in quanto evitabile con l'ordinaria diligenza, la Corte ha invece ritenuto che compete alla società il danno da lucro cessante per i mesi successivi alla delibera assembleare e per tutto il periodo in cui l'immobile rimase sfitto, mentre ha negato la risarcibilità della minore convenienza del contratto successivo.

Il secondo giudizio di legittimità

Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello la società ha proposto, nuovamente, ricorso.

Nel rigettarlo, la II Sezione civile ha rilevato che risultano risarcibili (soltanto) i danni che rappresentano conseguenza immediata e diretta del fatto lesivo.

Di questa regola, discendente dall'art. 2056 c.c. e dalla disposizione dell'art. 1223 cod. civ. in esso richiamata, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione.

Questa ha infatti liquidato il danno da lucro cessante per i mesi successivi alla delibera assembleare, costituente il fatto produttivo del danno, considerando le mensilità dalla data alla quale era stata differita la vigenza del contratto di locazione stipulato col terzo, e per tutto il periodo in cui l'immobile rimase sfitto, per un importo mensile di lire 18.000.000, tale essendo la misura del canone fissata per il primo anno.

La Corte di merito ha invece escluso che possa costituire danno risarcibile, parametrabile all'intera durata del rapporto, la minore convenienza del contratto successivamente stipulato, con altro conduttore, con un canone inferiore di lire 3.000.000 al mese.

Ma tali valutazioni attengono al merito, che non compete alla Suprema Corte di Cassazione.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 21 febbraio 2017, n. 4435
  1. in evidenza

Dello stesso argomento