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Usa la bacheca condominiale per vendetta e viene condannato

Utilizzo improprio della bacheca condominiale. Ecco cosi si rischia.
Samantha Mendicino Avvocato del Foro di Cosenza 

Con la giustizia non si scherza. Usare i dati personali in modo improprio può costare caro. E si finisce per passare dalla parte della ragione a quella del torto.

La vicenda. Inizialmente vi era il ‘diverbio'. Ed il diverbio si tramutava in una vicenda di violenza che portava un condomino a denunciare per lesioni il portiere dello stabile in cui viveva.

Ma il contenzioso si aggravava allorquando il medesimo condomino, odierno imputato, affissava nella bacheca dello stabile, posta vicino all'ascensore condominiale, un avviso nel quale era esposto a chiare lettere che il portiere si era allontanato dalla portineria per recarsi presso la locale Procura della Repubblica ove pendeva un procedimento avviato nei suoi confronti a seguito della predetta denuncia per lesioni gravissime.

Inevitabile la reazione giudiziaria del portiere il quale querelava il condomino lamentando di aver subìto, a causa di tale comunicazione, un concreto pregiudizio, atteso che le proprie reputazione e professionalità sul luogo di lavoro erano state screditate.

Quando la condotta dell'amministratore può essere considerata gravemente irregolare

In cosa consiste l'illecito. Il trattamento illecito di dati è disciplinato dall'art. 167 del D. Lgs. n. 196/2003, più noto come Codice della Privacy, che punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, al comma 2, la condotta di colui il quale, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli artt. 17, 20, 21, 22, commi 8 e 11, 25, 26, 27 e 45, sempre che dal fatto derivi un nocumento.

Dunque, la condotta presuppone la mancanza di un consenso espresso dell'interessato (nel caso di specie, il portiere).

Ma non solo. Dalla condotta deve discendere anche un nocumento.

A tal proposito la giurisprudenza è granitica nel considerare che il concetto di ‘nocumento' è ben più ampio di quello di ‘danno' poiché involge qualsiasi effetto pregiudizievole che derivi dalla condotta invasiva del terzo.

Normalmente si escludono dalla sfera del penalmente rilevante solo quei comportamento che, sebbene invasive della sfera di privacy altrui, siano rimaste irrilevanti nelle loro conseguenze (Cass. Pen., sent. n. 40356/2015).

Dunque, perché si abbia trattamento illecito di dati è necessario che il trattamento:

  • si realizzi in spregio alle disposizioni indicate nell'art. 167 del Codice Privacy (tra cui vi è l'assenza del consenso dell'interessato);
  • avvenga per trarre per sé un profitto o causare ad altri un danno;
  • abbia determinato un nocumento.

Il decisum. Gli Ermellini hanno adeguatamente spiegato come la propalazione delle informazioni relative alla ‘pregiudiziale' penale del portiere ne aveva screditato la reputazione e la professionalità nello stesso luogo di lavoro, determinando, nei suoi confronti, un nocumento concreto e tangibile e non certo di minima rilevanza.

Con la affissione in pubblico dell'avviso era evidente che l'agente (il condomino) volesse ledere la reputazione del portiere.

Il foglio, infatti, rimaneva in bacheca per alcune ore ed aveva, comunque, consentito la divulgazione della notizia anche a terzi estranei al Condominio.

Era evidente, altresì, che attraverso la diffusione delle informazioni non divulgabili la finalità dell'uomo era quella di rappresentare negativamente il portiere, la sua reputazione e la professionalità sul luogo di lavoro.

Niente rendiconto o avvisi di mora affissi alla bacheca

Precedenti. Innanzitutto, occorre rammentare che il reato di trattamento illecito di dati personali non è integrato se l'utilizzo dei dati avvenga per fini esclusivamente personali, ovvero senza una loro diffusione od una loro destinazione ad una comunicazione sistematica (Cass. Pen., sent. n. 29071/2013; Cass. Pen., sent. n. 46454/2008).

Ed ancora: pur in presenza di trattamento illecito di dati personali, si ritiene non doversi condannare al risarcimento colui che non abbia determinato (o siano rimasti da parte danneggiata non dimostrati) pregiudizi all'immagine, all'onore e alla reputazione (Cass. Civ., sent. n. 18812/2014).

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, sez. III Penale, 28 marzo 2017, n. 15221
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