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Dal 1° gennaio riscaldarsi costerà di più. L'aumento dell'Iva sul pellet inciderà sulle tasche degli italiani

Aumenta l'iva sul pellett ... caldaia pellet.
Dott.ssa Giada D’Amato 

I tecnici le chiamato “micro- norme”, disposizioni minori che vengono infilate all'ultimo momento con il consenso del Governo, ma in realtà sono delle mance, come quella del rincaro dell'Iva dal 4 al 22% sui pellet (comma 711) per alimentare le stufe domestiche, che favorirà le multiutility che distribuiscono gas e che rischia di uccidere un settore in forte sviluppo.

Cos a sono? Le stufe a pallet sono impianti sicuri, che rispettano l'ambiente, consumano poca elettricità e hanno un buon rendimento termico. Questi sistemi utilizzano come combustibile solido il pellet, un prodotto ecologico ottenuto da trucioli e segatura, ossia dagli scarti della lavorazione del legno che vengono essiccati e pressati in forma cilindrica.

La capacità legante della lignina inoltre, una particolare sostanza contenuta nel legno, permette di ottenere un prodotto compatto senza aggiungere additivi o altre sostanze chimiche.

Un mercato in forte ascesa. Negli ultimi anni il mercato delle stufe a pellet ha visto una crescita costante che, tuttavia, rischia una brusca frenata anche a causa di un emendamento presentato dal Governo al testo della Legge di Stabilità 2015.

La nuova misura, in vigore dal 1° gennaio 2015, prevede infatti un aumento dal 10 al 22 percento dell'IVA applicabile alle cessioni del pellet. Il consumo delle stufe a pellet

Il riferimento è, in particolare, al punto 710 del maxiemendamento (articolo unico) alla manovra approvato dal Senato, che così recita ““Al n. 98) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo le parole: «compresa la segatura» sono inserite le seguenti: «, esclusi i pellet».”

La norma richiamata dalla Legge di Stabilità è il decreto n. 633/1972 di istituzione e disciplina dell'Imposta sul Valore aggiunto che, alla Tabella A, specifica le materie e i beni che sono soggetti all'aliquota minima. La nuova disposizione distingue la segatura, che rimane soggetta ad Iva al 4%, e i pellet, che invece passano all'aliquota ordinaria del 22%.

L'Italia, con i suoi 3,3 milioni di tonnellate di pellet bruciati all'anno, rappresenta il primo consumatore in Europa. In pochi anni sono stati installate circa due milioni di termostufe, usate sia per il riscaldamento degli ambienti che per avere a disposizione acqua calda.

L'ira dei consumatori. Federconsumatori ha definito “intollerabile” tale aumento, che porterà ad un aggravio di cica 50 Euro a famiglia, per non parlare delle conseguenze che si avranno sull'ambiente allontanando i consumatori da una fonte meno inquinante dei tradizionali combustibili”.

In Italia dunque, oltre due milioni di famiglie usano il pellet per il riscaldamento e uno studio Istat pubblicato sul sito di qualenergia.it avrebbe recentemente dimostrato che i maggiori consumatori sono i ceti meno abbienti. Tale ricerca avrebbe inoltre registrato il consumo maggiore nei comuni di montagna fino a 50.000 abitanti.

L'intervento penalizzerà quindi proprio il ceto medio, nonché quello più colpito dalla crisi economica, e in particolare i residente nelle zone di montagna, ovvero quelli che più di tutti ricorre al legno e ai suoi derivati per il riscaldamento.

Si pensi a tutte quelle zone in cui il pellet è largamente usato, come nella Pedemontana trevigiana o anche del Bellunese, dove il pellet è largamente impiegato, specie nei posti non facilmente raggiungibili dalle rete a gas.

A seguito dell'aumento dell'Iva, i piani di ammortamento stilati per la sostituzione della caldaia tradizionale con una a pellet dovranno necessariamente essere rivisti. La competitività dei tradizionali impianti di riscaldamento potrebbe allontanare sempre più dall' intenzione di scegliere una stufa a pellet come fonte di riscaldamento.

I consumi di pellet potrebbero registrare una forte diminuzione e l'intenzione del governo di incamerare 96 milioni di euro andrà così a fallire.

Il possibile calo del consumo di pellet potrebbe avere conseguenze anche sul mercato di prodotti “made in Italy” che il Paese si stava profilando. Le aziende produttrici italiane di stufe e macchinari alimentati con il pellet registra ad oggi un'esportazione pari al 35% della loro produzione in Europa e nell'America del Nord.

L'intervento del Governo appare poco giustificabile anche con riguardo alla necessità di equiparare l'Iva ai livelli europei. Il presidente del Coordinamento Free, Fonti rinnovabili efficienza energetica, Gianni Silvestrini spiega che “In Europa, per quanto riguarda l'Iva sul pellet la situazione è molto diversificata.

Qualche esempio: in Germania è al 7%, in Inghilterra al 5% come in Francia, in Austria al 10%”.

Il riscaldamento a pellet, come gli altri consumi di legna, rientra nell'ipotesi di rilancio dei boschi nazionali.

Pochi sanno che “la superficie boschiva italiana è quasi raddoppiata, passando da 5,5 a 10,4 milioni di ettari mentre il prelievo di legname si è quasi dimezzato, calando da 14 a 8 milioni di metri cubi annui”.

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